Category: pittura

09
Ago

straperetana 2021 | The New Abnormal

L’edizione 2021 di straperetana, la quinta, avrà luogo come sempre nel borgo di Pereto, in provincia de L’Aquila. Appuntamento consolidato del programma culturale estivo, il progetto vede la partecipazione di 24 artisti, le cui opere troveranno spazio in diversi luoghi di Pereto; gli interventi artistici creeranno un percorso che– attraversando edifici storici, strade, case dismesse – abbraccerà l’intero borgo, per un’esperienza atipica, legata sia alla fruizione delle opere sia all’esplorazione di Pereto.

The New Abnormal è il titolo scelto per questa quinta edizione. Direttamente ispirato all’ultimo disco della band statunitense The Strokes, uscito nei primi mesi del 2020 nel pieno della diffusione del virus, l’espressione trova una coincidenza con lo “strano” momento che stiamo attraversando, quasi a voler sancire l’avvento di qualcosa di inedito e insieme non conforme, diverso da ciò che conoscevamo. E proprio il concetto di “strano” è una delle categorie che la mostra intende toccare. Punto di partenza è il saggio di Mark Fisher The Weird and the Eerie(2016), nel quale il pensatore britannico cerca di delineare le nozioni di strano (“weird”) e inquietante (“eerie”) nel mondo contemporaneo attraverso una sterminata serie di esempi legati alla produzione culturale (dalla narrativa di H. P. Lovecraft al cinema di David Lynch, passando per autori come Stanley Kubrick, Philip K. Dick, Margaret Atwood).

Fisher identifica con il termine “weird” ciò che è fuori posto, inappropriato, che suscita insieme attrazione e respingimento; ma anche commistioni tra umano e animale, le soglie tra mondi diversi, l’accostamento di termini contrastanti e, in generale, il sorprendente e l’inatteso. L’“eerie” invece si manifesta “quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa”, per usare le parole di Fisher; è un’esperienza diretta di ciò che è ignoto, capace di generare interrogativi le cui risposte oltrepassano i limiti della conoscenza.

In generale, “weird” e “eerie” hanno a che fare con ciò che risulta non conforme alla realtà, irrompendo al suo interno sotto forma di qualcosa di sconosciuto e apparentemente inclassificabile. Fisher trova una forte corrispondenza tra queste manifestazioni e la realtà contemporanea: il perenne senso di crisi e le ombre di un collasso imminente hanno portato in particolar modo negli ultimi anni all’elaborazione di un immaginario grazie al quale tentare possibili via di fuga da un reale percepito sempre meno sostenibile e desiderabile – un sentimento latente, accelerato ma non certo generato dalla pandemia.

In linea con questa visione, l’edizione 2021 di straperetana intende volgere lo sguardo alle zone d’ombra, al perturbante, allo stupefacente. La mostra sarà popolata di opere legate alle idee di metamorfosi e ibridazione, immagini stranianti e misteriose, forme non immediatamente identificabili, soglie da attraversare. A fianco di autori già affermati la mostra vede la presenza di numerosi emergenti, con un focus particolare sulla scena abruzzese grazie anche al coinvolgimento di Matteo Fato, che ha collaborato con Saverio Verini alla ricerca di artisti attivi sul territorio.

“Siamo davvero felici di annunciare questa nuova puntata di straperetana, a margine di un anno complicato, incerto. E ci fa ancora più piacere che coincida con il traguardo delle cinque edizioni, una soglia simbolica e incoraggiante”, affermano gli ideatori del progetto, Paola Capata e Delfo Durante. “L’organizzazione di straperetanaè sempre estremamente impegnativa: al termine della scorsa edizione ci siamo quasi subito messi al lavoro per la mostra del 2021, che speriamo sia ricca di stimoli per il pubblico, ma anche per gli stessi artisti invitati. Il rapporto con un borgo come Pereto genera sempre cortocircuiti inattesi e“colpi di fulmine” negli artisti, che amano trascorrere del tempo in questo luogo; un sentimento ricambiato dal borgo stesso, visto che l’appuntamento è sempre più sentito nel territorio”.

I 24 artisti invitati di straperetana 2021: Giacomo Alberico (Chieti, 1994), Francesca Banchelli (Montevarchi, 1981), Giuditta Branconi (Teramo, 1998), Enzo Cucchi (Morro d’Alba, 1949), Luca De Angelis (San Benedetto del Tronto, 1980), Andrea Di Cesare (Pescara, 1977), Daniele Di Girolamo (Pescara, 1995), Floating BeautyLuca Francesconi (Mantova, 1979), Oscar Giaconia (Milano, 1978), Francesca Grilli (Bologna, 1978), Sacha Kanah (Milano, 1981), Claudia Losi (Piacenza, 1971), Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991), Edoardo Manzoni (Crema, 1993), Paride Petrei (Pescara, 1978), Giulia Poppi (Modena, 1992), Carol Rama (Torino, 1918 – 2015), Andrea Respino (Mondovì, 1976), Moira Ricci (Orbetello, 1977), Giuliano Sale (Cagliari, 1977), Andrea Salvino (Roma, 1969), Gabriele Silli (Roma, 1982), Giovanni Termini (Assoro, 1972).

Le visite alla mostra saranno organizzate per gruppi ristretti di persone, nel rispetto delle attuali norme di sicurezza, in diverse fasce orarie. È gradita la prenotazione all’indirizzo: info@straperetana.org

La mostra è prorogata al 22 agosto 2021. Nelle settimane di apertura, le opere saranno liberamente fruibili dal pubblico nel fine settimana (sabato e domenica), dalle 16.00 alle 20.00; negli altri giorni su appuntamento, che deve essere comunicato all’organizzazione con almeno 24 ore di anticipo.

straperetana  arte contemporanea nella porta d’Abruzzo

un progetto ideato da Paola Capata e Delfo Durante

PROROGATA al 22 agosto 2021

Orari di apertura: sabato e domenica dalle 16.00 alle 20.00
Negli altri giorni aperta solo su appuntamento. È richiesto un preavviso di 24 ore

Titolo: straperetana / The New Abnormal

Artisti: Giacomo Alberico, Francesca Banchelli, Giuditta Branconi, Enzo Cucchi, Luca De Angelis, Andrea Di Cesare, Daniele Di Girolamo, Floating Beauty, Luca Francesconi, Oscar Giaconia, Francesca Grilli, Sacha Kanah, Claudia Losi, Giulia Mangoni, Edoardo Manzoni, Paride Petrei, Giulia Poppi, Carol Rama, Andrea Respino, Moira Ricci, Giuliano Sale, Andrea Salvino, Gabriele Silli, Giovanni Termini

A cura di: Saverio Verini, con la collaborazione di Matteo Fato

Organizzazione: Paola Capata e Delfo Durante

Luogo: Pereto (AQ), sedi varie

Gradita prenotazione: info@straperetana.org- + 39 3351049685
Durata: dal 18 luglio al 15 agosto 2021 PROROGATA al 22 agosto 2021
Orari: sabato e domenica 16.00-20.00; gli altri giorni su appuntamento, prenotazione obbligatoria
Contatti: www.straperetana.org  – info@straperetana.org
STRAPERETANA socialFacebook @straperetana– Instagram straperetana

straperetana si avvale del Patrocinio del Comune di Pereto

Immagine in apertura: Enzo Cucchi, Lingue in bocca, 2017. Bronzo, ceramica, 45x45x27cm, esemplare unico. Courtesy l’artista e ZERO…Milano. Ph. Giorgio Benni

 

16
Giu

KIMERE | Vania Elettra Tam

Per aprire la stagione degli eventi 2021 la galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni propone Kimere, la mostra di una delle artiste che meglio rappresentano le scelte culturali della galleria stessa: Vania Elettra Tam.

Sono tanti anni che contribuisco alla diffusione del suo lavoro e ne sono orgogliosa, specie quando sono testimone di tante evoluzioni, sia personali che pittoriche. Gli ultimi lavori di Vania, infatti, parlano di una nuova consapevolezza interiore, una Verità che esplode nelle forme e nei colori delle sue opere, una maturità della donna prima ancora che dell’artista. Questo periodo di lunghe chiusure ha prodotto tanti disastri ma anche tanti gioielli: il cambiamento vero, lì dove possibile, delle nostre menti e delle nostre coscienze verso un futuro migliore, possibile e sostenibile, se solo recuperassimo la nostra consapevolezza sociale… dovremmo imparare dagli animali, e riprendere il nostro posto di uomini integrati nel ciclo della Natura, al fine di collaborare al bene della collettività. È un concetto che Vania esprime in pieno con tutta la sua cifra pittorica e personale, pur senza perdere, anche se espresso in modo più delicato ed elegante, il suo puro umorismo”. Maria Gabriella Damiani

Ecco come Carlo Micheli presenta quest’ultimo ciclo pittorico di Vania Elettra Tam:
Vi sono animali che vivono in società organizzate, dove ogni individuo ha un ruolo prestabilito e lavora per il bene comune: le termiti, le formiche, le api… no, inutile cercare l’uomo nell’elenco, l’uomo non sa ragionare in termini di sacrificio personale, bene comune, crescita collettiva… Tanto meno lo sanno fare i politicanti di mestiere. Vania Elettra Tam ha un dono raro: sa vedere oltre la barriera dei comunicati ufficiali, sa cogliere la realtà del momento, spesso volutamente offuscata e, ancor più, sa intuire ciò che sarà, attraverso l’infallibile sfera di cristallo della sua arte. Così, fluttuando tra lo stato onirico, la razionalità e la creatività, Vania ha immaginato una società matriarcale, sull’esempio del sistema organizzativo proposto dagli insetti sociali, (contrapposti alla dannosità degli inutili parassiti) e in sostituzione del fallimentare modello maschile. Nel ciclo “Kimere”, donne-regine dirigono società ispirate a formiche, termiti, api, a delineare mondi perfetti, vere e proprie utopie sostenibili.Sintesi profonde, espresse con chiarezza e ironia, come nel caso del castoro, costruttore e riutilizzatore, capace di “fare diga” contro le difficoltà. L’ autoritaria figura femminile (coi capelli raccolti a coda di castoro) incarna l’alternativa per una ricostruzione sostenibile, espressa dall’accostamento tra gli igloo di Merz e le tane dei Castori, in una sorta di ribaltamento logico, a suggerire come la realtà debba rifarsi all’arte e non viceversa. Il messaggio si fa più sorridente e giocoso allorché la “cacciatrice di utopie” si trova al cospetto degli uccelli tessitori, mimetizzata con un copricapo a forma di nido, in perfetta armonia con la natura e nel rispetto delle diversità. Un richiamo alla responsabilità di ognuno, alla necessità di ricostruire al meglio, di ripartire nella consapevolezza che “l’arte lo dice prima, l’arte lo dice meglio…”.

KIMERE | Vania Elettra Tam
a cura di Gabriella Damiani
presentazione Carlo Micheli
26 giugno – 10 luglio 2021

Inaugurazione sabato 26 giugno 2021
Orario Visita: tutti i giorni 10-13 e 17-21

GALLERIA ORIZZONTI ARTE CONTEMPORANEA
Piazzetta Cattedrale (centro storico)
72017 Ostuni (Br)
Tel. 0831.335373 – Cell. 348.8032506
info@orizzontiarte.it
www.orizzontiarte.it
F: Orizzontiartecontemporanea

Communication Manager Amalia Di Lanno

www.amaliadilanno.com – info@amaliadilanno.com

 

30
Ott

CHRISTIANE LÖHR

Il lavoro di Christiane Löhr nasce dal contatto diretto con la natura nella quale trova gli elementi e i segni del suo linguaggio espressivo: i semi di diverse piante, come cardi, edera, bardane, diventano i materiali per sculture di piccole dimensioni, oppure i crini di cavallo che utilizza per realizzare la trama dei suoi “disegni” tridimensionali, esili tessiture a tutto tondo, installazioni impalpabili che possono stare nel palmo di una mano o anche occupare grandi ambienti. L’artista è guidata dalla stessa geometria interna dei suoi materiali, così da realizzare architetture fluttuanti, sorprendentemente leggere e fragili, ma al tempo stesso forti e solide, che rivelano il suo interesse sperimentale per lo spazio e insieme un’attenzione costante al mondo intimo e segreto delle cose. Superficie e spazio sono i temi principali dei suoi disegni. Le sue strutture lineari “crescono” da un punto della parte inferiore della pagina al bordo superiore, e sviluppano quello che lei definisce un “flusso in uscita, dall’interno verso l’esterno”. Otticamente sembra che possano crescere all’infinito e conquistare la stanza.

Christiane Löhr è nata nel 1965 a Wiesbaden e vive e lavora tra Colonia e Prato. Ha studiato con Jannis Kounellis alla Kunstakademie di Düsseldorf. Nel 2016 è stata insignita del XIX Premio Pino Pascali e la Kunsthaus Baselland di Basel le ha dedicato un’importante mostra personale. Ha esposto in numerosi spazi pubblici e privati: Jason MacCoy Gallery, New York; Villa e Collezione Panza, Varese; MART Rovereto; Museum of Arts and Design, New York; Museum Wiesbaden; Fundació Pilar i Joan Miró, Palma de Mallorca; Kunsthalle Bern; Kunstmuseum Bonn; Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice; Vangi Sculpture Garden Museum, Shizuoka; Fattoria di Celle, Collezione Gori, Pistoia. Ha partecipato a mostre collettive in importanti gallerie e musei in Italia e all’estero: 49ª Biennale di Venezia (2001); Terre vulnerabili, HangarBicocca, Milano (2010); Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell’arte italiana contemporanea, MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna (2013); The Human Condition, National Centre for Contemporary Arts NCCA, Mosca (2015). Nel 2018, lo scultore Tony Cragg l’ha invitata a realizzare una mostra presso lo Skulpturenpark Waldfrieden da lui fondato a Wuppertal. Nell’estate 2020 la casa editrice Hatje Cantz di Berlino ha pubblicato un’ampia monografia su Christiane Löhr e in ottobre un suo lavoro permanente sarà installato nella chiesa di San Fedele a Milano.

ENG below

Continue Reading..

29
Ott

Katharina Grosse | Separatrix

Il filosofo Leibniz aveva una teoria riguardo la cosiddetta “separatrix”, la struttura intermedia tra due cose che sono in contraddizione tra loro. C’è sempre una linea. Da un lato c’è il blu, dall’altro il rosso. Però nella realtà il rosso coesiste nel blu, e il blu coesiste nel rosso. Leibniz sostiene che il cinquanta per cento di questa linea, di questa struttura intermedia, è ordine, e il restante cinquanta per cento è anarchia.
—Alexander Kluge

Gagosian è lieta di presentare Separatrix, una mostra di nuovi dipinti ed opere su carta di Katharina Grosse. Separatrix, prima personale dell’artista a Roma, coincide con la sua importante installazione It Wasn’t Us, attualmente in mostra all’Hamburger Bahnhof-Museum für Gegenwart di Berlino.

Grosse recepisce gli eventi che accadono mentre dipinge, affidando gli spazi e le superfici al caso. L’artista caratterizza il gesto come un segno propulsivo della propria tecnica personale sia negli imponenti dipinti site-specific – dove usa un aerografo per spruzzare colore puro su oggetti, stanze, edifici e perfino su interi paesaggi – che nelle opere su tela, su carta e nelle sculture.

Grosse trascorre diversi mesi l’anno in una remota zona costiera della Nuova Zelanda settentrionale dove ha costruito, nel luglio 2020, un nuovo studio ad hoc. Lì, isolata nella natura, ha iniziato un nuovo corpus di lavori, applicando la spontaneità e l’immediatezza dei suoi “spray paintings” alla tecnica dell’acquerello.

Immaginando il foglio bianco come un rilievo topografico, l’artista ha sperimentato la tecnica del wet-on-wet (bagnato-su-bagnato) permettendo a pigmenti vivaci di galleggiare e di mescolarsi sulla superficie, lasciando dietro di sé pozze di colore e fioriture iridescenti. Tornata poi a Berlino, ha trasferito quelli che lei chiama gli “effetti” di questi acquerelli in una serie di dipinti di grandi dimensioni, impostando la tela in orizzontale, aggiungendo acrilici diluiti con il pennello e inclinando poi il supporto per produrre gocciolamenti e correnti multidirezionali come gesto secondario.

Prendendo spunto dalla teoria della “separatrix” di Leibniz, Grosse si diletta nell’alternanza di ordine e caos che nasce dai confini visivi – momenti di collisione e di propagazione nel medium, nella materia e nelle tonalità. Il suo approccio è scientifico oltre che pittorico: l’artista analizza in anticipo le proprietà tecniche della pittura, dell’acqua e della tela, utilizzando le loro interazioni alchemiche per realizzare specifici effetti ottici. Campi di colore si osmotizzano l’uno con l’altro e si scontrano come le colture su un vetrino; un’ampia pennellata si trasforma in una matrice di neuroni. Nelle mani di Grosse i dettagli microscopici del suo lavoro emergono con vigore, dando luogo ad eminenti composizioni formali che testimoniano momenti di flusso e di improvvisa chiarezza nel suo processo creativo.

La mostra Is it You?, che comprende un’imponente installazione e un gruppo di dipinti su tela, ha aperto l’1 marzo 2020 al Baltimore Museum of Art e prosegue fino al 3 gennaio 2021. It Wasn’t Us è in mostra alla Hamburger Bahnhof-Museum für Gegenwart, a Berlino, dal 14 giugno 2020 fino al 10 gennaio 2021.

Katharina Grosse | Separatrix
October 31–December 12, 2020
Rome

Ufficio ​stampa

PCM Studio
Federica Farci
federica@paolamanfredi.com
+39 342 05 15 787

Gagosian
pressrome@gagosian.com
+39 06 4208 6498

Image: Katharina Grosse, Untitled, 2019. Ph. Jens Ziehe

ENGContinue Reading..

08
Ott

Giulio Paolini – Qui dove sono

La Galleria Christian Stein presenta un’esposizione personale di Giulio Paolini (Genova, 1940) dal titolo Qui dove sono, riferimento a un’opera in mostra e omaggio alla Galleria Christian Stein, dove Paolini espose per la prima volta oltre cinquant’anni fa, nel 1967, presso la sede di Torino e poi, regolarmente, per tutta la sua carriera, fino all’ultima esposizione nel 2016.

La mostra alla Galleria di Corso Monforte si articola in cinque opere di cui tre realizzate espressamente per l’occasione.

Scultura e fotografia, opportunamente elaborate secondo il linguaggio paoliniano, svolgono un racconto intorno al mito, alla classicità e alla storia; le immagini in mostra sono avvolte in una dimensione temporale assoluta, distante dai dati della realtà corrente.

Nell’opera, collocata a centro sala, In volo (Icaro e Ganimede) (2019-2020), il calco in gesso di Ganimede, copia di una scultura in marmo di Benvenuto Cellini (1500-71), è collocato su una alta base. Il giovane trattiene due ali di cartoncino dorato ad evocare il suo volo verso l’Olimpo, il mito di Ganimede si fonda infatti sulla bellezza del giovane di cui Zeus, il re degli dèi, si invaghì, questi lo rapì camuffandosi da aquila e lo condusse sull’Olimpo dove ne fece il suo amato. Al suolo una lastra quadrata trasparente lascia intravedere frammenti di un’immagine fotografica del cielo unitamente alla riproduzione della figura di Icaro tratta dal dipinto Dedalus et Icarus (1799) del pittore francese Charles Paul Landon (1761-1826), inoltre un antico mappamondo è posato sulla lastra di plexiglas a ridosso della base. Sia Ganimede che Icaro sono figure mitologiche legate all’atto del volo, Ganimede ascende verso l’Olimpo, mentre Icaro precipita in mare per essersi troppo avvicinato al sole che ne fonde la cera delle ali. Paolini dichiara a proposito delle due figure: “Due corpi nudi, l’uno precipitato al suolo, l’altro proteso verso l’alto, sono entrambi sospesi nella vertigine del volo (del vuoto). Sono attori volti a impersonare i destini paralleli di due personaggi: Icaro e Ganimede, fine e principio di una idea di Bellezza, di una stessa figura senza nome”.

Sulla parete di fondo Vis-à-vis (Kore), 2020 è composta da due metà del medesimo calco in gesso di una testa ellenistica femminile, una Kore, collocate una di fronte all’altra su due basi addossate ad una tela di grandi dimensioni che reca un disegno in prospettiva tracciato a matita. La tela funge dunque da “quinta teatrale”, da spazio scenico che ospita lo sguardo muto dei due volti. Eco di un modello assente e di un’immagine distante, mitica, il calco in gesso costituisce per Paolini uno strumento privilegiato, afferma infatti l’artista: “lo sguardo fissato in un quadro o in una scultura non si rivolge né all’autore né ad altri, non ammette né uno né molti punti di vista, riflette in sé la domanda sulla sua stessa presenza”.

La parete di sinistra ospita La casa brucia (1987-2004), l’opera si compone di quarantatre collage divisi in un compatto gruppo centrale di quindici e in un’ampia cornice perimetrale di ventotto elementi. In quelli del primo nucleo, la fotografia di un edificio in fiamme è combinata di volta in volta con particolari lacerati di riproduzioni fotografiche di opere o esposizioni precedenti dell’artista. Negli elementi perimetrali, invece, all’immagine dell’incendio si sovrappongono dei frammenti lacerati di fogli di carta usati abitualmente da Paolini (carta bianca, nera, millimetrata, da lucido ecc.). Nell’insieme, la cornice di “materiali” o strumenti preliminari – che annunciano un’opera ancora a venire – racchiude gli echi delle opere compiute e “già viste”.

Le pareti di destra ospitano una serie di collage dal titolo Qui dove sono (2019) che rimanda al luogo di residenza dell’artista, Piazza Vittorio Veneto a Torino, storica piazza porticata di forma rettangolare. La serie presenta varie prospettive tracciate a matita, sovrapposizioni e mise en abyme di immagini di diversa origine quali una riproduzione fotografica dell’atrio di ingresso dell’abitazione dell’artista, di un’antica stampa della Piazza o ancora una foto notturna dello stesso luogo. Alcuni collage presentano una figura di spalle intenta a osservare la Piazza (controfigura dell’artista stesso?), altre esibiscono una finestra prospettica nel punto di fuga. La Piazza diviene dunque il teatro ideale per inscenare rimandi di sguardi, inganni percettivi non privi di un’aura metafisica debitrice delle Piazze d’Italia di Giorgio de Chirico, non a caso evocato da figure presenti in due dei collage esposti.

Infine, tra la parete e la finestra, è collocata l’opera Passatempo (1992-98): su una base sono disposti innumerevoli frammenti di vetro, un ritratto fotografico dell’artista e alcuni frammenti di riproduzioni a colori di motivi astrali; in corrispondenza degli occhiali nel ritratto è posata una clessidra. In Passatempo l’autore guarda attraverso il tempo nel tentativo di cogliere ciò che il suo sguardo e la sua mano non possono rinunciare a inseguire. Frammenti di tempo (il ritratto del 1971), indizi di una dimensione assoluta (l’iconografia astrale), uniti alla clessidra (immobile), suggeriscono il desiderio dell’artista di trattenere l’istante ideale in cui potrebbe affiorare una visione compiuta.

Il progetto rappresenta uno dei due episodi espositivi che vedono Paolini impegnato a Milano nel corso del 2020; infatti la mostra di Giulio Paolini, Qui dove sono, alla galleria Christian Stein era inizialmente prevista ad aprile 2020, in concomitanza con Giulio Paolini. Il mondo nuovo, ospitata negli spazi milanesi di Palazzo Belgioioso alla galleria Massimo De Carlo. Inoltre, a partire dal 15 ottobre 2020 e fino al 31 gennaio 2021 il Castello di Rivoli ospita mostra di Giulio Paolini, Le chef-d’oeuvre inconnu, in occasione del suo ottantesimo anniversario.

Giulio Paolini, Qui dove sono

fino al 16 gennaio 2021

Tel. +39 0276393301

LUN-VEN | MON-FRI 10-19   SAB | SAT 10-13 | 15-19

Galleria Christian Stein, Corso Monforte 23, Milano

23
Giu

Alan Charlton. Il respiro del limite

La galleria A arte Invernizzi inaugura mercoledì 1 luglio 2020 dalle ore 15 alle ore 20 Alan Charlton. Il respiro del limite il primo appuntamento del ciclo di mostre In Divenire. Idea e immagine nella contemporaneità.

Come possiamo leggere e definire il progetto di un’opera, l’idea di un’immagine, oggi, nella dimensione “aumentata” del nostro agire quotidiano ed operare creativo? Esiste un’autonomia e una significazione del progetto, nell’immersività partecipata e distratta dell’era post-digitale? Come possiamo ripensare e ridefinire questa relazione alla luce delle inedite coordinate di spaziotempo ed esperienza che viviamo nell’oggi? In questa dimensione “espansa” dei sensi e della mente, quale significato assume il “progettare” quelle presenze di scarto, di interrogazione, di soglia su un altrove che sono le opere d’arte? Con queste esposizioni si cercherà di indagare il rapporto tra progetto e opera in chiave inedita e attualizzante: mostrando sia la specificità individuale, storica, contestuale delle scelte dei singoli artisti, sia l’attualità che il loro procedere creativo oggi rappresenta. In divenire appunto, tra ciò che è stato e ciò che sarà: in divenire, tra idea e immagine.
In questa occasione verrà presentata, nella sala al piano superiore, Pyramid Grid Painting (2011) opera emblematica per comprendere la relazione che nel lavoro di Alan Charlton si articola tra idea e immagine: il lavoro, costituito da undici tele monocrome grigie della medesima tonalità e disposte a costituire una piramide rovesciata, è infatti preceduto da un progetto a collage, nel quale proporzionalità e cromie si riconoscono analoghe, ma il cui risultato fenomenico ed esperienziale risulta di natura completamente differente. In una conversazione di alcuni anni fa, proprio a una domanda sul ruolo del progetto nel suo lavoro, Charlton mi rispondeva con la consueta naturalezza densa di pensiero: “Fare il disegno è una cosa, ma poi, quando lo realizzi, diventa un’opera completamente differente”. (Francesca Pola)

In occasione di questa inaugurazione sarà possibile visitare anche la mostra in corso Pino Pinelli. Frammentità a cura di Giorgio Verzotti.

IN DIVENIRE
IDEA E IMMAGINE NELLA CONTEMPORANEITÀ 1

ALAN CHARLTON
IL RESPIRO DEL LIMITE

A CURA DI FRANCESCA POLA

INAUGURAZIONE
MERCOLEDÌ 1 LUGLIO 2020
DALLE 15 ALLE 20

INGRESSO CONTINGENTATO NEL RISPETTO DEI PROTOCOLLI DI SICUREZZA
PER IL CONTRASTO E CONTENIMENTO DEL VIRUS COVID-19

LA MOSTRA SI PUÒ VISITARE
DA LUNEDÌ A VENERDÌ 10 – 13 | 14 – 18

A ARTE INVERNIZZI
VIA DOMENICO SCARLATTI 12  20124  MILANO  ITALY
TEL. FAX +39 02 29402855  info@aarteinvernizzi.it

Continue Reading..

04
Giu

FORNASETTI Theatrum Mundi

Centinaia di creazioni dell’atelier fondato da Piero Fornasetti in dialogo con le collezioni della Pilotta per raccontare la classicità attraverso la lente del design contemporaneo.

Il 3 giugno 2020 inaugura Fornasetti Theatrum Mundi, mostra ospitata all’interno del Complesso Monumentale della Pilotta di Parma. L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 14 febbraio 2021 e si colloca all’interno di “Rivitalizzazioni del Contemporaneo”, bando ideato in occasione di Parma 2020+21, Capitale Italiana della Cultura.

La mostra, inaugurata in concomitanza con la riapertura del Complesso della Pilotta dopo il lungo periodo di sospensione dovuto all’emergenza COVID-19, ha generato in questi mesi una particolare aspettativa da parte del pubblico, della stampa e degli appassionati.

L’esposizione è un vero e proprio viaggio stratificato tra classico e moderno, tra passato e presente, la cui curatela è di Barnaba Fornasetti, Direttore Artistico dell’Atelier milanese, di Valeria Manzi, co-curatrice delle attività culturali e Presidente dell’associazione Fornasetti Cult, e del direttore del Complesso Monumentale della Pilotta Simone Verde, con l’intento di rigenerare il patrimonio classico e classicità dell’istituto museale autonomo parmigiano, attraverso la ripresa intellettuale che ne ha fatto uno dei maestri indiscussi del design contemporaneo.

Fornasetti Theatrum Mundi mette in dialogo le architetture e le opere della Pilotta con l’immaginario di Piero e Barnaba Fornasetti, creando un vero e proprio ‘teatro del mondo’: una rete di rimandi iconografici e suggestioni culturali che rivela lo statuto intellettuale degli oggetti esposti e delle immagini in mostra, rendendone visibile lo spessore e regalando universali ed emozionanti implicazioni. Un vero e proprio “Theatrum” nel significato cinquecentesco, dunque, che declina nell’infinita varietà del mondo l’enciclopedica unitarietà del sapere a cui aspirava il classicismo, sia rinascimentale che settecentesco e, grazie alla chiave ludica di Fornasetti, anche contemporaneo.

Continue Reading..

28
Gen

Mario Schifano. Qualcos’altro

Le forme schematiche di Schifano si andavano
sempre più precisando come campo;
le tele orlate da contorni rettangolari, ad angoli smussati,
somigliavano a uno schermo preparato a ricevere,
o ad un video appena acceso, che stia riscaldandosi;
o se si vuole all’inquadratura di un reflex fotografico,
che debba dettagliare una zona di veduta…

(M. Calvesi, cat. mostra Galleria Odyssia, Roma 1963)

La galleria Gió Marconi ha il piacere di presentare la mostra Mario Schifano. Qualcos’altro dedicata ad un nucleo di monocromi compresi tra il 1960 e il 1962, curata da Alberto Salvadori e in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano.

L’artista comincia a realizzare questi smalti su carta intelata a partire dal 1959, dopo alcune esperienze informali.
Li presenta per la prima volta a Roma, alla galleria la Salita (1960), nella collettiva 5 pittori cui partecipano Giuseppe Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio e Franco Angeli, e successivamente, in una personale alla Tartaruga (1961).
In anticipo rispetto ad altri protagonisti della scena romana, Schifano intende con i suoi monocromi non solo azzerare la superficie del quadro, anche come risposta all’informale, ma attribuirle un altro punto di vista, “inquadrarla”, proporre un nuovo modo di vedere e di fare pittura.
Il primo a capire che la superficie dei monocromi è semplicemente uno schermo sarà Maurizio Calvesi che così scrive nel catalogo della mostra alla Galleria Odyssia (1963): “Erano quadri originalissimi: verniciati con una sola tinta o due, a coprire l’intero rettangolo della superficie o due rettangoli accostati… Un numero o delle lettere (ma solo talvolta) isolati o marcati simmetricamente; qualche gobba della carta, qualche scolatura: il movimento della pittura era tutto lì.”
Comune denominatore di un’intera generazione di artisti da Lucio Fontana a Enrico Castellani, da Piero Manzoni a Yves Klein, il monocromo non è una novità tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta e Schifano ne è perfettamente consapevole.
“Pensavo che dipingere significasse partire da qualcosa di assolutamente primario…”, racconta l’artista, “I primi quadri soltanto gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dir nulla. Andavano di là, o di qua, di qualsiasi intenzione culturale. Volevano essere loro stessi… Fare un quadro giallo era fare un quadro giallo e basta”.
Azzeramento del gesto e del senso, dunque, un semplice pretesto per fare una pittura che riparta da zero, un incipit a qualcosa di diverso.
La grammatica dei monocromi di Schifano è molto semplice: smalti industriali dall’effetto lucido e coprente; colore “grondante” steso in maniera libera e non uniforme sulla ruvida superficie della carta da pacchi. L’intento è dare l’idea di una pittura da cartellone pubblicitario.
La superficie dei quadri, dai colori accesi e privi di sfumature, alla stregua di una lastra fotografica, prelude all’impressione di nuove immagini: è un nuovo spazio da indagare, un campo di germinazione che si dispone a produrre qualcos’altro.
L’emblematico titolo di questa mostra si riferisce a un’opera del 1960 che Schifano realizza appena ventiseienne e a un polittico del 1962 che figura tra le opere esposte.
Con efficace sinteticità da messaggio pubblicitario Qualcos’altro sta forse a indicare che ciò che l’artista intendeva dipingere doveva essere diverso da quanto si vedeva in giro; ma è anche un intento programmatico espresso in due parole: il monocromo, inteso come tabula rasa, è già pronto a trasformarsi in luogo di proiezione, campo fotografico in cui si metteranno a fuoco dettagli, particolari, frazioni di immagini.

Qualcos’altro ha un sapore quasi profetico, se si pensa che questi “schermi” si riempiranno presto dei nuovi segni della vita moderna. È alla luce di tutto questo che la mostra si concentra sui monocromi, a sessant’anni dalla loro nascita, in quanto tappa cruciale del cammino creativo di Mario Schifano e genesi della sua invenzione pittorica.

Alle opere verrà affiancato un nucleo di lavori su carta degli stessi anni e, per l’occasione, sarà pubblicato un giornale della mostra in formato tabloid con contenuti inediti dell’artista e un contributo di Riccardo Venturi e Alberto Salvadori.

ENG below

Continue Reading..

20
Gen

Blanc sur Blanc

Gagosian is pleased to present Blanc sur Blanc, a group exhibition.

A century ago, Kazimir Malevich’s Suprematist paintings heralded a revolutionary new interpretation of white, in which total abstraction suggests the utopian and the infinite. Since then, artists have deployed the achromatism of whiteness in an endless range of formal and symbolic ways, evoking states of emptiness and effacement, and summoning the raw potential of the blank page. Working in different contexts and with different ends in mind, the artists in Blanc sur Blanc find unexpected power and substance in what appears at first to be an absence or lack.

In 1946, Lucio Fontana and his students drafted the Manifesto Blanco, a vision for a fundamentally new method of artistic production that demanded that artists engage with the real-world physicality of their materials instead of treating the canvas as an illusory, self-contained space. It was out of this impulse that Fontana produced Concetto Spaziale, Attese(Spatial Concept, Waiting, 1966), one of his first slashed canvases. For Fontana, the painting’s allover coat of white formed a blank screen and acted as a vehicle for heightened drama, with any connotations of purity or tranquility disrupted by his forceful incisions.

During the last decade of his life, Andy Warhol broke with the visual and conceptual language of Pop art to produce idiosyncratic takes on abstract and gestural painting. Abstract Painting (1982) is one such work. Measuring forty inches square—the same dimensions that Warhol used previously for his notorious Society Portraits—the canvas is veiled in a white wash that permits only tantalizing glimpses of multicolored swirls beneath.

LEAN (2005) exemplifies Rachel Whiteread’s practice of concretizing negative space in order to memorialize it. Here she has cast the interiors of various cardboard boxes in plaster of paris as a somewhat wistful tribute to the banal, quotidian container. The resulting geometric accumulation of minimalist white slabs is propped up casually against the gallery wall, ghostlike yet palpable.

Also on view are three recent pieces by Paris-based artist Sheila Hicks, whose textile works incorporate yarn-based techniques from diverse cultures. While Hicks’s oeuvre is characterized by intense color, she also works with natural undyed fibers. Here she has fashioned spheres, woven rectangular canvases, and tumbling cascades of linen in neutral shades that exude a tactile yet meditative calm.

Blanc sur Blanc includes works by Jean (Hans) Arp, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Edmund de Waal, Lucio Fontana, Theaster Gates, Diego Giacometti, Wade Guyton, Simon Hantaï, Sheila Hicks, Thomas Houseago, Y.Z. Kami, Imi Knoebel, Bertrand Lavier, Sol LeWitt, Sally Mann, John Mason, Olivier Mosset, Giuseppe Penone, Seth Price, Paolo Scheggi, Setsuko, Rudolf Stingel, Cy Twombly, Andy Warhol, Franz West, and Rachel Whiteread, among others.

BLANC SUR BLANC
January 16–March 7, 2020

Gagosian
4 rue de Ponthieu, Paris

Image: Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1966

13
Gen

Dalí & Magritte. Two surrealist icons in dialogue

The Royal Museums of Fine Arts of Belgium dedicate an exceptional exhibition to Salvador Dalí and René Magritte. For the first time ever, the connection and influences between the two greatest icons of the surrealist movement are highlighted.

Dalí and Magritte both aim to challenge reality, question our gaze and shake up our certainties. The Catalan and the Belgian show a fascinating proximity, despite their very different creations and personalities, which would eventually lead them to drift apart.In the spring of 1929, Salvador Dalí and René Magritte meet in Paris, surrounded by the great names of the artistic avant-garde. In August of the same year, at Dalí’s invitation, Magritte travels to Cadaqués, the Spanish painter’s home base. This surrealist summer – which also includes visits by Éluard, Miró and Buñuel – will prove decisive.

The exhibition reveals the personal, philosophical and aesthetic links between these two iconic artists through more than 100 paintings, sculptures, photographs, drawings, films and archival objects.

The “Dalí & Magritte” exhibition is held under the High Patronage of their Majesties the King and Queen and is organized by the RMFAB in collaboration with the Dalí Museum (St. Petersburg, Florida), the Gala-Salvador Dalí Foundation and the Magritte Foundation. More than 40 international museums and private collections have lent their masterpieces for this unique exhibition, which ties in with the festivities organised around the Magritte Museum’s 10th anniversary.
Exhibition curator: Michel Draguet, Director General of the RMFAB.

VIDEO Behind The Scenes at the exhibition DALÍ & MAGRITTE

Dalí & Magritte Two surrealist icons in dialogue

Royal Museums of Fine Arts of Belgium
Rue de la Régence/Regentschapsstraat 3
1000 Brussels
+32 (0)2 508 32 11
info@fine-arts-museum.be

Image: Magritte, The Blood of the World, 1925