Tag: Silvia Celeste Calcagno

28
Giu

Silvia Celeste Calcagno. La plasticità del sé – Room 60

Continua la collaborazione del Museo Carlo Zauli con AICC Associazione Italiana Città delle Ceramiche su progetti formativi contemporanei ed inediti pensati per i ceramisti, in particolare rivolti ai residenti delle Città della Ceramica. I laboratori che furono di Carlo Zauli, dal 2002 sono teatro di sperimentazioni ceramiche promosse dal museo a lui intitolato attraverso residenze con artisti contemporanei internazionali e workshop con maestri della ceramica e rappresentano il luogo ideale e naturale sul territorio per creare incontri ed esperienze, generare idee innovative, approfondire temi attuali legati al mestiere del ceramista. Per questo progetto formativo l’invito del museo va a  Silvia Celeste Calcagno, che conduce i partecipanti del workshop di tre giorni in un viaggio alla scoperta della propria identità, acquisendo gli strumenti tecnici legati alla stampa su ceramica.  Dopo il lavoro in laboratorio, il workshop apre al pubblico, per restituire a tutti i risultati del lavoro, all’interno del calendario MCZ Padiglione Estate 2018, in concomitanza con l’opening dell’installazione di Silvia Celeste Calcagno, visitabile fino al 25 luglio 2018.

«È lei! È proprio lei! Finalmente l’ho trovata!», esultava Roland Barthes quando, nel suo celebre saggio “La camera chiara”, racconta di avere rinvenuto in uno scatolone, durante una giornata di novembre, il “Giardino d’inverno”, la fotografia che ritrae sua madre bambina. L’unica, fra tante, a restituire in modo autentico la sensazione sicura del ricordo della donna da lui tanto amata. Quel “reale che non si può più toccare”, la fotografia, che è anche “agente della Morte, l’alibi che nega lo smarrimento del vivente”.
Il fulcro del workshop sarà l’ampio e complesso tema dell’identità e il senso del doppio, da sempre affrontati nel percorso dell’artista. Tra “Uno, nessuno, centomila” di Luigi Pirandello e la stereotipata moda del selfie, indagheremo con complessa solennità il tema dell’autoritratto fotografico allo specchio, il senso del doppio e le innate potenzialità della materia, forti della consapevolezza di non essere né fotografi e né necessariamente ceramisti. Attraverso queste due negazioni, proveremo ad affermare e codificare un nostro personale alfabeto mediante un preciso metodo.

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Le parole di Lavoisier sembrano rievocarsi come un mantra illuminista davanti alle immagini proposte per il Solo Show dedicato da Silvia Celeste Calcagno alla Plasticità del sé. È un’indagine scientifica dell’anima, quella operata dall’artista utilizzando video in sequenza e immagini in dissolvenza, un percorso evocativo che invita ciascuno ad oltrepassare la soglia di ciò che crede di conoscere per giungere alle profondità insondabili della propria coscienza, da cui rinascere mutato. Room 60, elaborato per questa specifica occasione, si presenta come un progetto volto a porre chi guarda in relazione con le sensazioni suscitate dall’ineluttabilità dell’esistere in rapporto al non esistere: un’installazione spiazzante in cui la ciclicità e la fissità guidano attraverso un’interiorità specchiante. All’interno degli spazi emotivi il cambiamento resta, perno paradossalmente saldo, unica garanzia di continuo equilibrio.Continue Reading..

26
Set

Silvia Celeste Calcagno. Il pasto bianco (mosaico di me)

In un rincorrersi di rimandi e citazioni, da The Naked Lunch (il pasto nudo), capolavoro letterario di William Burroughs alla libera e omonima versione cinematografica firmata da David Cronenberg, Silvia Celeste Calcagno mette a punto un nuovo importante progetto realizzato per la personale a cura di Davide Caroli negli spazi della Biblioteca Classense di Ravenna, nell’ambito della Biennale di mosaico. La mostra nasce in collaborazione con il MIC Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza.

L’artista utilizza ancora una volta la ceramica, linguaggio con il quale ha da tempo trovato la sua cifra distintiva e originale ponendolo in dialogo con performance, installazione e fotografia. In questo caso l’indagine si arricchisce di un ulteriore elemento che chiama in causa il mosaico. Silvia Celeste Calcagno, che nel 2015 ha vinto il 59 Premio Faenza con Interno 8 La fleur coupée, composta da infinite tessere, aveva già intuito la potenzialità di questa espressione frammentaria, quasi un cut and up per riprendere ancora il riferimento a Burroughs e al suo modo sperimentale di utilizzare la scrittura. Mosaico come frammento, particolare infinitesimo, dove unendo le tessere si ricompone alla fine l’immagine, ma non la narrazione e neppure l’identità. E SCC lavora, da una parte con il consueto atteggiamento introspettivo, dall’altra con visceralità talora dura e spietata, sulla sua identità di donna, alle prese con l’eterna contraddizione tra corpo, oggetto costringente, limitato, e l’aspirazione a liberarsi dal peso, evadere dal limite, farsi altro. Corpo che è innanzitutto materia, e come tale viene trattato, eppure sfugge dalla tentazione descrittiva, a cominciare dalla rinuncia al colore. L’universo del “mosaico di me” è bianco, acromatico, inessenziale e sfuggente. Ogni volta che tenta l’ascesa verso l’alto, qualcosa di fisico lo riporta a terra. Ne intravvediamo solo i frammenti, altro non è dato. Da qui, dunque, il pasto bianco, installazione che ricompone tessere di corpo, un corpo che si pone innanzitutto come cibo, un banchetto cui chiunque potrà sedersi e mangiare, come nelle tavole imbandite dal maestro del cinema surreale Luis Bunuel. Dice SCC, “bianco come il colore della mia carne, privo del peso specifico di un corpo senza volto -che dunque perde l’identità dell’io per trasformarsi in archetipo- a pezzi, senza un luogo, perso nel vuoto, a volte protetto a volte sporcato dalla manipolazione e dal lavoro sul materiale”. Il pasto bianco, installazione site specific, copre come una pelle parte dello spazio attraverso lastre in gres di vari formati che sviluppano una tecnica che vede la fusione tra fotografia e materia. Altra installazione in mostra Una storia privata, ulteriore riflessione sul rapporto tra noi e gli altri, con segni ancor più sfuggenti e minimi, di un corpo destinato a lasciare la propria fisicità.Continue Reading..

04
Set

IF (but I can explain), project room di Silvia Celeste Calcagno a Milano

La Nuova Galleria Morone presenta, nello spazio della project room “IF (but I can explain)”, mostra personale di Silvia Celeste Calcagno, che ripropone in forma leggermente ridotta il progetto site-specific curato da Alessandra Gagliano Candela, esposto fra gennaio e marzo 2017 nella Project Room del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova.

“If (but I can explain)” è la formula finale, non definitiva, di una ricerca che Silvia Celeste Calcagno ha condotto nell’ultimo anno, registrando gradualmente il variare della sua condizione esistenziale e reificandola in una stanza, interiore ancor prima che esteriore, alla cui composizione hanno contribuito media diversi in dialogo continuo tra loro. E’ una situazione di sospensione,  evocata dall’installazione “Just lily”, in origine composta da oltre mille lastre in grès disposte sulle pareti della Project Room del Museo, in un continuum che unisce foto, oggetti d’uso, frammenti della quotidianità, tracce di un passato anche recente, brani di pareti, ritratti precisamente o solo evocati, dai contorni nitidi o sfumati. Un catalogo minuzioso di situazioni che ripropongono la sua vita in un luogo che presto dovrà abbandonare, momenti consueti che diventano unici. In sottofondo, l’installazione sonora “Could you please stop talking?” ispirata ad un libro di Raymond Carver, come in un mantra enumera brani di quotidianità e invita al silenzio l’altra persona che condivide lo spazio della vita. Il video, “Air fermé” registra lo scorrere impercettibile del tempo in un paesaggio urbano, segnato dal variare delle luci. La trama della tenda attraverso la quale avviene la ripresa offusca come un velo i contorni del mondo, agendo come un filtro sulla percezione.

Accompagnata dal catalogo edito da Silvana Editoriale che documenta il progetto realizzato a Villa Croce, con un’intervista di Ilaria Bonacossa all’artista, testi critici di Alessandra Gagliano Candela ed Angela Madesani, la mostra rimarrà aperta fino al 10 Novembre.

Silvia Celeste Calcagno è nata a Genova nel 1974, vive e lavora ad Albissola.Si diploma all’ Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Nel 2015 vince, prima donna italiana, la 59° edizione del Premio Faenza. Nel 2017 al Museo d’arte contemporanea Villa Croce, Genova, presenta IF (but I can explain) a cura di Alessandra Gagliano Candela. Nel mese di Aprile dello stesso anno, espone in Corea, In the Earth Time Italian Guest Pavilion Gyeonggi Ceramic Biennale Yeoju Dojasesang . La sua ricerca si basa spesso sul mappare determinate condizioni del vivere: la reiterazione è lo sviluppo primo che  permette di “fotografare” ogni sezione di esistenza, scansionarne ogni frammento. Nascono storie a “basso voltaggio”, situazioni in cui non accade nulla di eclatante, ma nelle quali si percepisce ,tuttavia, una sottile anomalia. Questo processo quasi alchemico distilla la realtà e dunque le emozioni ad essa legate, sublimandosi in un puzzle e rendendo finalmente completa la campionatura di un pezzo di “tessuto vita”.

IF (but I can explain) Silvia Celeste Calcagno
Nuova Galleria Morone, Via Nerino 3, Milano
21 Settembre | 10 Novembre 2017
Inaugurazione:21 Settembre 2017, ore 18
Orari: lun – ven: ore 11 – 19 | sabato: 15 – 19

Amalia Di Lanno, responsabile comunicazione per SCC

Immagine: Silvia Celeste Calcagno, IF, Installazione Fireprinting, 2017

25
Mag

59° Premio Faenza. Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea

Officine Saffi ospita

Il 59° Premio Faenza
Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea

Milano, 8 giugno – 15 luglio 2016
Milano, 8 Giugno 2016. Officine Saffi prosegue la collaborazione con il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza presentando nei propri spazi milanesi la selezione delle opere premiate alla 59° edizione del Premio Faenza.

Dall’8 giugno al 15 luglio, alle Officine Saffi di Milano saranno esposti 15 artisti del 59° Premio Faenza tra cui i vincitori dei premi principali, Silvia Celeste Calcagno (Genova, Italia,1974) per la sezione over 40, con l’opera Interno 8 – La fleur coupée – la cui serie di opere è già stata presentata in anteprima alle Officine Saffi in concomitanza dell’aggiudicazione del premio -.
Helene Kirchmair (Hall in Tirol, Austria,1981) vincitrice ex aequo con Thomas Stollar (Claysville, Pennsylvania, Stati Uniti, 1980) per la categoria under 40 rispettivamente con le opere Bobbles e 1900 steps #2. E Nicholas Lees, (Winchester, Regno Unito, 1967) a cui è stato assegnato il Premio Cersaie per l’opera Four Leaning Vessels.

A questi si accompagnano i lavori degli artisti che hanno ricevuto le altre menzioni in palio, Yves Malfliet Kathy Ruttenberg, Ann Van Hoey, Chiara Lecca, Zsolt Jozsef Simon, Marie-Laure Gobat-Bouchat, Monika Jeannette Schoedel-Mueller e Werner Bernhard Nowka, Omur Tokgoz, Giulio Mannino, Irina Razumovskaya, ed Erna Aaltonen.

“Le opere selezionate stanno a dimostrare una varia complessa realtà, frutto di ricerche, formazioni e percorsi diversi, tutti, nel loro personalissimo equilibrio, di altissimo livello. – commenta Claudia Casali direttrice del Museo.

Officine Saffi nella sua mission di realtà promotrice della cultura ceramica rinnova la collaborazione con il MIC volendo rafforzare e sostenere il medium ceramico come mezzo espressivo contemporaneo che oggi più che mai sta vivendo soprattutto in Italia un momento di grande attenzione nel sistema dell’arte.

A questo scopo, a latere della mostra nel corso dell’anno verranno ospitati nei laboratori delle Officine Saffi le residenze d’artista dei vincitori dei premi principali, che rappresenteranno un momento importante di scambio e osmosi a livello internazionale.
Premio Faenza
Il Premio Faenza, istituito nel 1938, negli anni ha visto la partecipazione di artisti come Lucio Fontana, Angelo Biancini, Guido Gambone, Leoncillo Leonardi, Pietro Melandri, Carlo Zauli – e stranieri – come Eduard Chapallaz, Sueharu Fukami – che hanno fatto, non solo la storia della ceramica del XX secolo, ma anche quella della scultura e della pittura del Novecento.Continue Reading..

11
Apr

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi

La sfida di Aracne – Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi
a cura di Angela Madesani
NUOVA GALLERIA MORONE, Via Nerino 3, Milano
31 marzo | 13 maggio 2016
Inaugurazione: 31 marzo, ore 18
Orari: martedì – sabato, ore 11 – 19

Artisti: Mariella Bettineschi, Louise Bourgeois, Silvia Celeste Calcagno, Daniela Comani, Bruna Esposito, Inés Fontenla, Nan Goldin, Meri Gorni, Rebecca Horn, Julia Krahn, Maria Lai, Chiara Lecca, Annette Messager, Shirin Neshat, Gina Pane, Cindy Sherman, Chiharu Shiota, Fausta Squatriti

Nuova Galleria Morone presenta La sfida di Aracne Riflessioni sul femminile dagli anni ’70 a oggi, curata da Angela Madesani. Da sempre, le donne sono state considerate le fedeli rappresentanti della Terra, nostra Madre Natura e origine feconda. Intuitivamente percepiamo questa analogia come vera, come qualcosa che incarna una realtà evidente e ci parla direttamente dell’Essenza del Femminile… Un’esposizione complessa, che indaga i diversi linguaggi della contemporaneità artistica attraverso il lavoro di 18 artiste. La rassegna, che prende in esame oltre quarant’anni di storia dell’arte, non deve essere intesa come una collettiva con i lavori di sole donne, ma come una riflessione sul lavoro di artiste che hanno indagato approfonditamente il tema in oggetto. Dai lavori di Body Art di Gina Pane a Louise Bourgeois, che ha fatto, nel corso degli anni, di questo tema il fulcro della sua ricerca. In mostra saranno i lavori di alcune delle più importanti protagoniste dell’arte internazionale da Annette Messager a Rebecca Horn, da Cindy Sherman, Shirin Neshat, Nan Goldin a Bruna Esposito, che ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1999. Una particolare attenzione sarà riservata a Maria Lai, una delle più intense artiste italiane della seconda parte del XX secolo, rappresentata dalla galleria, come pure Daniela Comani, che da oltre venticinque anni vive e lavora a Berlino e che si occupa di tematiche legate alla cultura di genere. Sono presenti opere di artiste di diverse generazioni, che hanno posto la loro attenzione su questo tema da Fausta Squatriti a Mariella Bettineschi ( con l’opera La vestizione dell’angelo del 1996), all’argentina Inès Fontenla, a Meri Gorni, il cui lavoro si pone a cavallo fra arte figurativa e letteratura, alle più giovani Chiara Lecca,Chiharu Shiota, Julia Krahn e Silvia Celeste Calcagno, vincitrice del Premio Faenza nel 2015. Il progetto deve essere inteso come dialogo tra i vari linguaggi espressivi della contemporaneità. Il titolo della mostra presenta un chiaro riferimento di natura mitologica, ad Aracne, abile tessitrice e ricamatrice che, conscia della sua bravura, ebbe l’ardire di sfidare la dea Atena in una pubblica gara. Un’ambiziosa e vittoriosa sfida, simile a quella proposta dalle artiste del mondo occidentale dal dopoguerra in poi, desiderose di conquistarsi un loro ruolo, ben al di là dei coercitivi limiti a loro attribuiti dalla società e dal mondo dell’arte sino a quel momento.

NUOVA GALLERIA MORONE
via Nerino n°3, 20123
Milano – Italy
T. 02 72001994
F. 02 72002163
info@nuovagalleriamorone.com

Reportage by amaliadilanno

 

14
Mar

OFFICINE SAFFI. Artista in residenza: Silvia Celeste Calcagno

Officine Saffi presenta la seconda edizione di Artista in Residenza proponendosi come centro di diffusione e promozione culturale e di produzione artistica. Anche quest’anno il progetto di Artista in Residenza nasce dalla collaborazione con il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. Verranno ospitati gli artisti vincitori della 59ma edizione del Premio Faenza, ed in particolare Silvia Celeste Calcagno, vincitrice per la sezione over 40, Helene Kirchmair e Thomas Stollar vincitori ex aequo per la sezione under 40 e Nicholas Lees a cui è stato assegnato il Premio Cersaie.

Artista in Residenza si svolge negli spazi delle Officine Saffi, che comprendono la galleria d’arte, il Laboratorio, l’alloggio della residenza. È un’opportunità di scambio di saperi che coinvolge gli artisti ospiti e l’intera comunità. L’esito di questa osmosi è il progetto finale che verrà esposto alla fine del programma di residenze presso gli spazi della galleria Officine Saffi, nella mostra dedicata. Attraverso la residenza, l’artista ospite ha l’opportunità di entrare a far parte dell’ambiente circostante e della cultura locale, interpretando e incorporando questi nuovi stimoli attraverso il medium di elezione di Officine Saffi, la ceramica.

Il primo degli artisti a dare il via al programma è Silvia Celeste Calcagno che sarà presente alle Officine Saffi fino a metà marzo. Innocent, L’ultima cena è il titolo del progetto che la Calcagno ha scelto di sviluppare durante la sua permanenza a Milano.

“L’installazione Innocent è un lavoro concettuale, la sua incubazione coincide con l’invito in residenza. La notizia divide in due momenti l’esistenza dell’artista: il prima e il dopo. L’esistenza prima di ricevere l’invito e l’esistenza successiva alla notizia. Per questo, il concetto stesso di Residenza d’artista viene stravolto: l’opera porta in sé non solo l’esperienza vissuta in loco, ma anche le fasi antecedenti, che sono parte stessa del progetto. Il concept di Innocent è, ancora una volta, una registrazione meticolosa, puntuale, addirittura esasperata delle emozioni e dello stato d’essere dell’artista. Quando l’artista riceve l’annuncio, si trova nella propria casa, l’appartamento che è stato lo sfondo di numerose opere. Le cose, però, sono cambiate e l’ambiente, percepito un tempo come luogo ospitale, è divenuto estraneo. Il luogo non “è” in se stesso, ma esiste in base alle emozioni e allo sguardo dell’artista, il luogo “è” attraverso l’occhio di chi osserva. Il dolore per il mutamento di un ambiente violato, un tempo amato, viene sintetizzato attraverso un oggetto simbolo della vita quotidiana: il freezer. Una serie di constatazioni fotografiche, tradotte in ceramica secondo la tecnica sperimentale della fotoceramica ad alte temperature, inquadra l’interno di un freezer vuoto, le cui pareti sono divorate dal ghiaccio. Un’immagine, ripetuta in modo costante, attraverso scatti differenti l’uno dall’altro, pur se per particolari impercettibili, che simboleggia un dolore glaciale. I sentimenti lasciano posto a una morsa: un freezer trascurato, che nessuno sbrina da tempo; una casa vuota. Sino a un richiamo macabro: le celle dell’obitorio. La vita dell’artista è sospesa, come i fiori incastonati nel ghiaccio o nella resina. Tanto belli e integri, quando pietrificati. Il desiderio dell’arte, prima ancora dell’arte stessa, restituisce la vita. Un tepore salvifico può sciogliere il ghiaccio. Accade, così, un nuovo passaggio puramente concettuale: il corpo rinasce e diviene sacrificio nel senso etimologico del termine: “si fa sacro”. Al punto da offrirsi agli altri come un dono eucaristico. Allo stesso modo in cui le uova, che riportavano l’impronta di Piero Manzoni, venivano distribuite dall’artista, nelle sue performance, perché il pubblico se ne cibasse, mangiando la carne di Manzoni. La seconda fase di “Innocent” è la narrazione del sacrificio. È una sorta di “Ultima cena” laica quella narrata, dove la rinascita passa dal dono del proprio corpo: fotografie dedicate a parti intime del corpo – pelle, seni, capezzoli, pube, cosce – sono donate agli altri. Sono il risveglio della carne, divenuta sacra nella benedizione dell’arte, e offerta in un dono-sacrificio agli altri. Il soggiorno in Residenza costituisce la terza e ultima fase dell’installazione: la Resurrezione. Dopo la morte apparente del freezer, l’offerta eucaristica di sé, l’artista registra, ora, il ritorno alla vita. Il riappropriarsi del proprio corpo e dell’anima, alla ricerca di una unità fisico-spirituale, leit motiv del percorso artistico negli anni. Il “genius loci” – la vita in Residenza- è il momento concettuale dell’elaborazione di questo terzo momento. La constatazione del ritorno alla vita. Un video, un audio, forse nuove immagini.”Continue Reading..