Tag: Galleria PACK

10
Mar

Debora Hirsch | donotclickthru

18 marzo – 2 giugno 2016
Inaugurazione 17 marzo, ore 18.30
Galleria PACK – SPAZIO 22
Viale Sabotino, 22 – Milano

Galleria Pack di Milano è lieta di annunciare la propria collaborazione con l’artista brasiliana, ormai di stanza a Milano, Debora Hirsch. La mostra, intitolata donotclickthru inaugurerà il 17 Marzo e continuerà fino al 2 Giugno. La produzione artistica di Debora Hirsch può essere definita sia concettuale che ‘assimilativa’: l’artista raccoglie, seleziona e fonde stimoli visuali derivanti sia da immagini che da testi. Le immagini, provenienti da una ampia varietà di differenti media, sono utilizzate in una prospettiva personale, ricreate e riproposte con il mezzo del disegno, del dipinto, del video o con altre variegate forme di espressione artistica scelte dall’artista.
I suoi lavori presenti in mostra presso Galleria PACK non hanno un carattere politico o emotivo. Le opere proposte affrontano il tema dell’influsso sulla cultura e sulla società contemporanea esercitato dai mezzi di comunicazione e dalle tecnologie della contemporaneità. Uno dei suoi disegni pone apertamente il quesito Se tutto è al di fuori di noi, che cosa ci resta dentro? “If everything is out there, what is left within you?.” Hirsch indaga sulla condizione umana, le vulnerabilità e le contraddizioni connaturate nell’uomo, senza lasciare mai lo spazio a pregiudizi, assiomi e cliché. L’uso della forma imperativa donotclickthru, con cui è intitolata la personale, è utilizzato anche come url del sito dedicato a questo lavoro: www.donotclickthru.com. In ultima analisi, lo scopo del sito web è quello di ottenere ‘zero clicks’, ‘nessuna navigazione’. Il lavoro presenta una successione di immagini, disegni e testi, che simulano il formato tipico della comunicazione web nello stile. Il sito può essere inteso come una trappola per gli esseri umani i quali, ridotti alla condizione di topi, inseguono e sono attratti come da un’esca di formaggio invisibile, immateriale e assolutamente inodore. Lo spettatore è chiamato a confrontarsi con la dimensione effimera di Internet, che altro non è se non una trappola in grado di trasformare una possibilità in una sicurezza assoluta, un dubbio in una certezza, un gruppo in minoranza in una maggioranza di individui. Tutto può essere trasformato in una lista, e non importa il quanto irrilevante o fittizia. La nostra curiosità di osservatori è attivata, innescata e ci sentiamo in dovere di colmare il divario di conoscenza. Cliccare sul mouse incarna il prototipo perfetto di un perfetto piacere: e’ squisito e lascia insoddisfatti. Più si è delusi dal contenuto materiale, più insoddisfatte e disattese risultano le nostre aspettative, maggiormente ci si ritroverà ad osservare nuovamente lo stesso contenuto: quello che circola, ritorna.Continue Reading..

20
Gen

Simone Bergantini. IT’S FUNNY

Simone Bergantini.IT’S FUNNY “Don’t ever tell anybody anything. If you do, you start missing everybody”

14 Gennaio -11 Marzo, 2016
Inaugurazione 13 Gennaio, ore 18.30
Galleria PACK – SPAZIO 22
Viale Sabotino, 22 – Milano

Catchers
L’artista cerca continuamente di afferrare qualcosa. Così la mano impaziente immortalata nell’immagine anonima restituisce la vibrante tensione del gesto. Simone Bergantini è come “l’acchiappatore” di J. D. Salinger. Ma cosa può prendere? Forse immagini condivise. Probabilmente soltanto la sensazione che queste possano esistere soltanto lì. Può darsi si tratti di un ambiente in cui siamo talmente immersi da non avere ancora acquisito gli strumenti per governarlo. Al contrario possiamo pensare che il controllo tanto caro a chi ci ha preceduto sia ormai una categoria in disuso. È plausibile che l’apertura all’indefinito e il mancato tentativo di delinearne i confini sia un nuovo scenario a cui dobbiamo abituarci. Certo, è difficile. Eppure all’artista spetta l’ingrato compito di acchiappare qualcosa del proprio tempo. Facebook, Twitter e gli smartphones rappresentano oggi la realtà in cui muoversi. Un ambiente fatto di schermi, superfici piatte, immagini retroilluminate, notizie che corrono su tablets e laptops, pronti a essere estratti dalle loro custodie per aumentare le informazioni su ciò che ci sta di fronte, oppure per evadere completamente da quella realtà prontamente sostituita da qualcosa di fluido. I contenitori sono diventati più importanti dei contenuti. Sono su Instagram!
Non importa cosa carico sul mio profilo. Ho l’iPhone! Non mi interessa quali fotografie potrò veicolare con quel mezzo. Lo schermo di un telefono, anche se rotto, è più potente del suo contenuto. Stiamo parlando di superfici: monocromatiche, piatte, prive di sfondamento prospettico, anti-narrative, ammiccanti alla grafica. Qualcosa dunque l’artista sta afferrando. Forse una probabile estetica del domani? La produzione di immagini così orgogliosamente bidimensionali non ha precedenti nella storia. Sembra finito il tempo in cui si rincorreva con frustrazione la plasticità tipica della scultura. Oggi le immagini sono prodotte da dispositivi ultrapiatti che non modellano la realtà, piuttosto la registrano in modo altrettanto lineare, la sommano ad altri livelli di realtà basandosi su un principio additivo. Dunque il racconto subisce una mutazione, spariscono personaggi e luoghi, lasciando il posto a oggetti e superfici lisce. Viviamo in un’epoca caratterizzata dall’eccesso d’informazioni che atrofizzano le nostre capacità cognitive, invece di potenziarle. L’arte quindi non deve contribuire a generare questo affaticamento informativo, per questo sta cambiando registro, prendendo gradualmente le distanze dal tessuto narrativo che porta all’atrofia del pensiero. La strada verso cui si sta indirizzando l’arte predilige la citazione del reale alla realtà stessa. Una parte a discapito del tutto. Questa frammentazione favorisce l’apertura, permette di ridisegnare i confini dell’autorialità, consente di percepire nella ricerca artistica i cambiamenti strutturali rispetto ai modelli di vita che tutti stiamo adottando. Continue Reading..