Category: visionart

31
Gen

SUBSTRATUM G A L L E R I A, spazio relazionale tra design e arte contemporanea

SUBSTRATUM G A L L E R I A, spazio relazionale tra design e arte contemporanea

☾Alla Luna

omaggio alla luce riflessa

il design incontra le opere di Virginia Carbonelli

Si ispira alla Luna il primo tema del format quadrimestrale che SUBSTRATUM, studio di architettura nel rione Monti di Roma, propone per presentare G A L L E R I A, spazio relazionale tra design, arte e pratiche contemporanee, visitabile fino al 29 aprile 2023. Un progetto che nasce dall’idea di ricreare un ambiente ‘interiore’ e familiare in cui il progetto di arredo interno si armonizzi con le opere di artisti contemporanei che, di volta in volta, interagiranno con lo spazio. Condurre i visitatori in un altrove dimenticato, un sotto che riemerga sopra, immersi in un’atmosfera raffinata e intima in cui ritrovarsi e ritrovare insieme, a ogni appuntamento, il senso di una cultura e umanità perduta attraverso pratiche artistiche che intervalleranno il periodo espositivo.

Perché la luna? Perché qui vengono raccolte tutte le cose perse dagli uomini sulla Terra, beni materiali ma soprattutto morali.

Come Astolfo nell’Orlando Furioso vogliamo intraprendere il nostro viaggio verso il regno della Luna per recuperare il senno e…il senso delle cose che siamo e facciamo. In questo omaggio al corpo celeste che da sempre ha ispirato artisti, poeti e scrittori, c’è il filo della poesia che attraversa SUBSTRATUM G A L L E R I A: le opere di Virginia Carbonelli, artista romana specializzata in calcografia e tecniche di stampa tradizionale e sperimentale, disegnano un unicum spaziale che evoca e celebra il disco lunare. Dal cerchio Universi ci si sposta con eleganza verso Fase Lunare, per poi convergere centralmente accolti dalla luce della grande Moon di Davide Groppi che dolcemente ci invita ad accomodarci sulle intriganti sedute di Kartell; così predisposti raccogliamo le parole di Luna, piccoli segni celesti incisi su carta, la stessa che ritroviamo nella impalpabile installazione della Carbonelli che ci riporta alla sospensione. Siamo nello spazio e sulle Nuvole…ed è forse in questa dimensione visionaria e onirica che tutto può accadere, ma solo se davvero lo desideriamo.

Virginia Carbonelli nasce nel 1980 a Roma dove vive e lavora nel suo studio in via di San Martino ai Monti. Nel 1999 si diploma al Liceo Artistico, avvicinandosi per la prima volta alle tecniche grafiche. Nel 2000 frequenta un corso di disegno e pittura alla Scuola di Arti Ornamentali S. Giacomo di Roma. Dal 2001 al 2003 segue vari corsi di calcografia presso Associazioni culturali e laboratori privati romani specializzandosi nell’arte della stampa e nell’incisione artistica. Nel 2004 ad Urbino frequenta un Corso di specializzazione in Tecniche Calcografiche presso il Centro Internazionale per la Grafica Artistica – Kaus. Nel 2005 si laurea in Lettere indirizzo Storia dell’Arte discutendo la tesi in Storia sociale dell’Arte. Nel 2007 si avvicina alla fotografia e nel 2008 al restauro e alla rilegatura di libri. Nello stesso anno apre a Roma la_lineaartecontemporanea, un’Associazione culturale dedicata alla stampa e all’incisione artistica in cui tiene corsi di incisione ed organizza workshop sulla stampa sperimentale e tradizionale. Nel 2011 si diploma all’Istituto di Stato per la Cinematografia e Tv “Roberto Rossellini”, l’anno successivo segue un seminario teorico e pratico sul segno inciso, all’Accademia Nazionale di San Luca a Roma. Dal 2016 al 2019 ha collaborato con HD Edizioni piccola private press che produce Libri d’artista a Roma. Dal 2018 al 2020 ha insegnato alla Asl di Roma 2 a Cinecittà nel Centro Diurno reparto igiene mentale, tecniche di incisione e stampa.

Substratum è uno studio di architettura con sede a Roma dal 2017, costituito da Giorgia Castellani e Giovanni Tamburro. Il principale oggetto di interesse dello studio è la materia storica, antica o più recente, che si traduce in lavori di restauro di beni storico-artistici, ristrutturazioni di edifici residenziali, disegno di arredi e allestimenti. Si relazionano con l’esistente urbano anche attraverso la progettazione di nuovi edifici. In un senso arcaico Substratum è ciò che sta sotto, talora nascosto, ma pur sempre ciò che tiene, materia fatta di relazioni solide, connessioni costanti, collegamenti persistenti. Esige uno sguardo acuto, dinamico, capace di leggere dal basso verso l’alto e ritorno, di lato e di traverso, fuori e dentro. Un’indagine attenta non solo alle luci ma soprattutto alle ombre, perché sono queste a dare spessore e sostanza, capace di rintracciare segni e disegni, di ricostruire tessuti e trame, di connettere idee ad altre idee, colori a forme, gesti a corpi, sensi a sogni, suoni a forme, forme a idee, e da capo. La filosofia di SUBSTRATUM può essere sintetizzata nelle loro parole: osserviamo il basso per guardare l’alto, ricuciamo il sotto per tessere un sopra.

SUBSTRATUM G A L L E R I A

Alla Luna | Omaggio alla luce riflessa

il design incontra le opere di Virginia Carbonelli

Inaugurazione sabato 28 gennaio 2023 ore 18.00

Visite su appuntamento lun-ven 10-19

Tel. 3384038423

fino al 29 aprile 2023

SUBSTRATUM Via in Selci, 84b. 00184 – Roma

T. 064823658 www.substratum.it g.tamburro@substratum.itg.castellani@substratum.it

Communication Manager Amalia Di Lanno info@amaliadilanno.com

Si ringrazia Mobilia Scatena s.n.c. di Battaglini Gabriele & c. Via Montello, 17 – 06024 Gubbio (PG)

22
Ago

UNKNOWN UNKNOWS, quello che non sappiamo di non sapere

La mostra tematica, a cura di Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, è il centro nevralgico della 23ª Esposizione Internazionale, concepita come uno spazio di dibattito e confronto aperto e plurale, dove possano convergere esperienze, culture e prospettive differenti. Unknown Unknowns cerca di rispondere ad una serie di domande su quello che ancora “non sappiamo di non sapere” in diversi ambiti: dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Un’esperienza profonda, che coinvolgendo designer, architetti, artisti, drammaturghi e musicisti, dà la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo. 

Un percorso dai contorni sfumati e permeabili che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali che si confrontano con l’ignoto.

Unknown Unknowns affronta una serie di tematiche tra cui la gravità, considerata “il più grande designer”, un artigiano che modella instancabilmente l’universo cui apparteniamo; le mappe, sistemi attraverso cui orientare traiettorie e percorsi; le nuove sfide della architettura, che si apre a prospettive inedite come quella di abitare lo spazio extraterrestre; fino ai misteri legati allo spazio profondo.

La mostra tematica comprende quattro special commission che Triennale ha affidato all’artista giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi SOM, e all’artista turco-americano Refik Anadol. Oltre alle opere commissionate, la mostra include una serie di installazioni site specific, tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Tomás Saraceno, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas e Marie Velardi. 

Lungo il percorso espositivo sono inoltre presenti quattro Listening Chambers, spazi in cui il suono si fa parola e il visitatore può abbandonarsi alle narrazioni di grandi personalità del mondo scientifico. E così il neuroscienziato Antonio Damasio affronta il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli quello del tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani riflette sull’origine della vita, la fisica teorica Lisa Randall sul mistero di ciò che sta al di là dei nostri sensi.

Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica – progettato da Space Caviar e realizzato da WASP – è interamente creato attraverso la stampa 3D. È stato prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, sviluppate per questa specifica applicazione architettonica, utilizzando solo materiali di origine naturale, e in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare.

 

Antonio Fiorentino, Dominium Melancholiae, 2014
Courtesy of Antonio Fiorentino e Villa Arson, Nice (France)
Photo: Jean Brasille

Gaia’s stellar motion for the next 400-thousand years
Copyright: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO. Acknowledgement: A. Brown, S. Jordan, T. Roegiers, X. Luria, E. Masana, T. Prusti and A. Moitinho

 

Curatrice:
Ersilia Vaudo

Exhibition project:
Space Caviar, Wasp

Unknown Unknowns
15 luglio – 11 dicembre 2022
Triennale di Milano

Cover Image:The complex terrains of Saturn’s icy-moon Enceladus Credit; NASA/JPL-Caltech

28
Lug

Olafur Eliasson | Nel tuo tempo

Dal 22 settembre 2022 la Fondazione Palazzo Strozzi presenta la grande mostra dedicata a Olafur Eliasson, la cui poliedrica produzione mette al centro il visitatore in una riflessione sull’idea di esperienza condivisa e relazionale della realtà.

Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è il risultato del lavoro diretto di Olafur Eliasson sugli spazi di Palazzo Strozzi. L’artista lavora su tutti gli ambienti rinascimentali, dal cortile al Piano Nobile alla Strozzina, creando un percorso coinvolgente tra nuove installazioni e opere storiche che utilizzano elementi come il colore, l’acqua e la luce per creare un’interazione con nostri sensi e lo spazio rinascimentale. Il contesto architettonico, storico e simbolico del palazzo viene così ripensato esaltando il ruolo del pubblico come parte integrante delle opere.

L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea che il 3 novembre apre al pubblico una mostra dell’artista nei propri spazi.

La mostra è ideata da Olafur Eliasson e promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Studio Olafur Eliasson. Main Supporter: Fondazione CR Firenze. Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo. Con il sostegno di Fondazione Hillary Merkus Recordati, Maria Manetti Shrem, Città Metropolitana di Firenze.

Olafur Eliasson

Olafur Eliasson, 2020. Photo: Lars Borges

L’artista islandese-danese Olafur Eliasson (1967) lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i video, le installazioni e i media digitali. La sua arte è guidata dal suo interesse per la percezione, il movimento, l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità. La sua pratica non si limita ai confini dei musei e delle gallerie e coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale.

Dal 1997 le sue mostre personali di ampio respiro sono state ospitate nei principali musei di tutto il mondo. Ha rappresentato la Danimarca alla 50ª Biennale di Venezia nel 2003; nello stesso anno ha presentato The weather project, installazione site specific per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, visitata da più di due milioni di persone. Nel 2014 la mostra Contact ha inaugurato la Fondation Louis Vuitton a Parigi. La mostra del 2015 Verklighetsmaskiner (Reality machines) è divenuta l’esposizione di un artista vivente più visitata di sempre del Moderna Museet di Stoccolma. Nel 2016 Olafur Eliasson ha realizzato una serie di interventi per la reggia e i giardini di Versailles e ha allestito due grandi mostre al Long Museum di Shanghai e al Leeum, Samsung Museum of Art di Seul. Reality projector, installazione site-specific per la Marciano Foundation di Los Angeles, è stata inaugurata nel marzo 2018, lo stesso mese di The unspeakable openness of things, mostra personale al Red Brick Art Museum di Pechino. Nel 2019 si è tenuta presso la Tate Modern In ​​real life, ampia retrospettiva sulla pratica artistica di Eliasson negli ultimi venticinque anni, che nel 2020 ha viaggiato al Guggenheim di Bilbao. Nel 2020 si sono tenute Olafur Eliasson: Symbiotic Seeing alla Kunsthaus Zürich e Sometimes the river is the bridge al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo. Per la mostra Life del 2021, Olafur Eliasson ha rimosso la facciata in vetro della Fondation Beyeler a Basilea e ha creato un’installazione dove l’acqua verde brillante di uno stagno è stata deviata all’interno delle gallerie del museo, insieme a una miriade di piante, anatre e ragni.

Situato a Berlino, lo Studio Olafur Eliasson riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati.

In copertina: Olafur Eliasson, Firefly double-polyhedron sphere experiment, 2020. Photo: Jens Ziehe. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York. © 2020 Olafur Eliasson

29
Giu

Claudia Losi | Being There. Oltre il giardino

Being There. Oltre il giardino, mostra conclusiva del progetto biennale dell’artista Claudia Losi, a cura di Leonardo Regano, promosso dalla Rocca Roveresca di Senigallia, istituto della Direzione Regionale Musei delle Marche in collaborazione con NTU – Centre for Contemporary Art – Singapore, Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme, Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento e Rovereto, Accademia di Belle Arti di Urbino e Collezione Maramotti di Reggio Emilia, e realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Con Being There. Oltre il giardino, Claudia Losi prosegue la sua indagine sulla complessa relazione tra l’essere umano, l’ambiente in cui vive e la lingua con la quale comunica. L’artista lavora sull’ambiguità del concetto di paesaggio, sulla percezione dell’ambiente intorno a noi e sul labile confine tra contesto naturale e antropizzato. Una ricerca avviata durante una serie di viaggi nel nord della Scozia e in particolare sull’isola di St Kilda nelle Ebridi Esterne, e poi sviluppata nel 2016 in occasione della personale How do I imagine being there presso la Collezione Maramotti di Reggio Emilia.

Being There. Oltre il giardino ha preso il via nel febbraio 2021 con un workshop online sull’interpretazione del concetto di “luogo naturale” organizzato dal NTU-Centre for Contemporary Art di Singapore. Tra novembre e dicembre 2021, il centro culturale Hansen House di Gerusalemme ha ospitato – oltre a un workshop organizzato dalla Bezalel Academy of Arts and Design – una selezione di lavori dell’artista e una performance che ha visto la realizzazione di piccoli amuleti di terra cruda dalle sembianze metà umane e metà animali, disseminati nel giardino esterno. Nel mese di dicembre 2021 si è svolto anche un workshop rivolto agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Urbino. Nel febbraio 2022 l’artista è stata ospitata presso il CIMeC–Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento e Rovereto, dove ha potuto presentare il progetto e aprire un dialogo con i ricercatori dell’istituto.

Nel corso di questi due anni, Losi ha messo in relazione realtà e contesti molto diversi tra loro dal punto di vista culturale, linguistico e paesaggistico, interrogandosi su cosa possa essere inteso come “naturale” e cosa considerato “luogo”, e osservando come tutti i punti di vista alimentino macro narrazioni d’inesauribile complessità: Singapore, città-isola vicino all’Equatore, è votata a un’idea di futuro, in cui il rapporto con l’ambiente naturale è tema centrale e controverso; Israele è terra in cui i concetti di luogo naturale e territorio assumono particolari connotati sociopolitici e filosofici; e infine l’Italia che detiene una forte e stratificata tradizione paesaggistica e articolate dinamiche antropiche.

I contributi visivi e narrativi raccolti nel corso di questa esperienza di ricerca sono stati rielaborati per la realizzazione di una nuova opera: Oltre il giardino, prodotta per la Rocca Roveresca di Senigallia, è un grande tessuto jacquard di 15 metri realizzato in collaborazione con il centro di ricerca sul tessile Lottozero di Prato in collaborazione con l’azienda Aròmata di Pistoia, che su di sé mostra la trasposizione grafica dei contributi ricevuti dall’artista durante i diversi step del progetto. L’opera si configura, quindi, come un grande diario visuale che narra Being There. Oltre il giardino nella sua interezza e complessità. Una moltitudine di riflessioni corali ed eterogenee – per media espressivi, linguaggi, autorialità – sulla percezione del luogo naturale sono state tradotte da Losi in suggestioni capaci di creare un racconto coerente e inedito della sua esperienza di ricerca. Le grandi sale al piano terra degli appartamenti ducali dell’antica Rocca Roveresca si trasformano in un percorso esperienzale unico che porta allo svelamento di Oltre il Giardino ripercorrendo alcuni dei momenti più importanti dell’intero progetto Being There: il visitatore è condotto in una visione immersiva dell’intera opera grazie a un allestimento site-specific progettato da Claudia Losi per avvolgere la visione in un flusso unico e continuo, in cui immagini e parole si sovrappongono e alternano liberamente.

Completano la mostra tre grandi lavori della serie Ossi (2019), metafora di un riparo fragile che pare costruito a partire dalle costole di un grande animale marino, una fotografia in biacno/nero su tela (Marmagne3, 1999) e una serie di oggetti in alluminio e cartapesta dal titolo Cose che sono cose (2015).

Luigi Gallo, Direttore della Direzione Regionale Musei Marche, ha dichiarato: “Arrivato nelle Marche per assumere l’incarico di Direttore della Direzione Regionale Musei Marche, sono stato accolto da una piacevole sorpresa: la vittoria del progetto Being There. Oltre il Giardino dell’artista Claudia Losi, alla nona edizione dell’Italian Council. L’importanza di promuovere la produzione, la conoscenza e la diffusione della creazione contemporanea italiana nel campo delle arti visive promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea, anche grazie  al progetto Italian Council nato nel 2017, si accorda perfettamente alla mission della Rocca Roveresca come contenitore di esposizioni d’arte contemporanea e che accoglierà in maniera permanente, l’opera che l’artista ha realizzato per la Rocca stessa”.

Nel 2019, quando assunsi l’incarico di dirigere la Rocca, decisi di promuoverla non solo come monumento di rappresentanza politica del Rinascimento ma anche come teatro per l’arte e la cultura contemporanea. – ha commentato l’Arch. Lian Pellicanò, ex Direttrice della Rocca Roveresca di Senigallia e Curatrice del Patrimonio architettonico della Galleria delle Statue e delle Pitture e del Corridoio Vasariano delle Gallerie degli Uffizi – Nel 2020, per la IX edizione dell’Italian Council, insieme al curatore Leonardo Regano, abbiamo proposto un progetto che valorizzasse il contrasto fra una quinta fortificata e le opere delicate e lievi della bravissima Claudia Losi. Oggi, con la nuova Direttrice Alessandra Pacheco, diamo l’avvio a una mostra che lascerà un segno permanente a Senigallia.

La Rocca Roveresca di Senigallia, fortezza nata per ospitare e proteggere la famiglia ducale e diventata sede museale agli inizi degli anni Settanta, ospita da anni esposizioni di arte contemporanea, con particolare inclinazione al medium fotografico, in sintonia con la tradizionale vocazione della città che ha fatto eleggere Senigallia città della Fotografia.” – dichiara Alessandra Pacheco, neo Direttrice della Rocca Roveresca – “Siamo felici di ospitare in occasione di questa mostra, l’opera di Claudia Losi, da sempre impegnata nell’analisi del paesaggio come strumento per indagare l’uomo e l’azione umana, affrontando spesso tematiche legate al luogo naturale e al territorio, utilizzando una varietà di mezzi espressivi che abbracciano installazioni, sculture, video e lavori su tessuto e carta”.

I Servizi Educativi della Rocca Roveresca, in collaborazione con l’artista, propongono per tutta la durata della mostra un laboratorio creativo: i visitatori avranno a disposizione una postazione per descrivere, con segni o parole, la loro idea di spazio naturale, vero, immaginario, sperato, vissuto. Gli elaborati verranno raccolti e assemblati da coloro che li hanno realizzati, creando un’opera collettiva sincrona all’arazzo esposto.

In occasione della residenza di Claudia Losi presso Lottozero sono stati realizzati tre libri opera in tessuto e ricamo, di cui uno verrà presentato alla Collezione Maramotti il prossimo novembre insieme a un libro d’artista edito da Viaindustriae, in cui sarà tracciata una riflessione poetico-teorica intorno a questo viaggio reale e immaginario.

Il progetto Being There. Oltre il giardino, è stato raccontato passo dopo passo attraverso il blog www.beingthereoltreilgiardino.com con il progetto grafico di Giulia Ripa.

Claudia Losi opera con diversi media come installazioni site-specific e performance, scultura, fotografia, opere tessili e su carta. Negli ultimi anni espone presso La Centrale (Bruxelles), Fondazione del Monte di Bologna, AssabOne (Milano), Hansen House (Gerusalemme), Galleria Monica de Cardenas (Milano-Zuoz), IKON Gallery (Birmingham), MAMbo – Museo d’Arte Moderna (Bologna), Collezione Maramotti (Reggio Emilia), Museo Carlo Zauli (Faenza). Nel 2016 pubblica How do I imagine being there?, Humboldt books e nel 2021 The Whale Theory. Un immaginario animale, Johan&Levi e Voce a vento, Kunstverein Milano. Nel 2020 vince la IX edizione dell’Italian Council.

Claudia Losi
Being There. Oltre il giardino
A cura di Leonardo Regano
Rocca Roveresca Piazza del Duca 2, Senigallia
4 giugno – 25 settembre 2022

Realizzato grazie al sostegno di
Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

Soggetto Proponente
Rocca Roveresca di Senigallia – Direzione Regionale Musei delle Marche

Museo Beneficiario
Rocca Roveresca di Senigallia

In collaborazione con
CIMeC–Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento e Rovereto
Collezione Maramotti, Reggio Emilia
NTU – Centre for Contemporary Art – Singapore
Bezalel Academy of Arts and Design, Gerusalemme
Accademia di Belle Arti di Urbino

Ufficio stampa
Irene Guzman
email irenegzm@gmail.com; tel. +39 349 1250956

30
Mag

Roberto Ghezzi | The Greenland Project, lo scioglimento dei ghiacci tra arte, scienza e sostenibilità

Il paesaggio naturale è da sempre il campo di ricerca artistico di Roberto Ghezzi. Dapprima indagato attraverso la pura pittura, negli ultimi anni l’artista toscano, affascinato dagli ambienti e dalle loro specifiche peculiarità, inizia ad operare sempre più immergendosi in essi e tentando di restituirne le specificità e l’essenza. Nascono così agli inizi del Duemila le Naturografie, tele letteralmente scritte dalla natura che l’artista lascia in terra o acqua e ritira nel momento in cui ritiene i sedimenti qui trasferitesi ne restituiscano in qualche modo il sembiante e il DNA. Si tratta di lavori che richiedono a Ghezzi lunghi tempi di realizzazione e portano l’artista a praticare e vivere l’ambiente naturale per lunghi periodi, sondandone caratteristiche, morfologie e divenendone empiricamente un ottimo conoscitore. A questa ricerca, a matrice pittorico/estetica, si affianca quindi, sempre più, anche un interesse scientifico tale da indurre l’artista a collaborare sovente con biologi e studiosi ed enti che si occupano di rilevare l’impatto che l’uomo ha sulla natura stessa.

In due decenni Ghezzi ha realizzato installazioni e ricerche in molti luoghi nazionali e internazionali, legando il suo lavoro a studi sull’ecosistema e sulla biologia in parchi e riserve naturali di tutti i continenti (Alaska, Islanda, Sud Africa, Tunisia, Norvegia, Patagonia, Croazia). In Italia ha realizzato numerosi progetti di ricerca in ogni regione e tipologia di ambiente (Toscana, Emilia Romagna, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Umbria).

Nel caso della Groenlandia, la residenza – della durata di circa un mese presso la Red House di Tasiilaq – sarà funzionale a Ghezzi per tentare di restituire, in chiave artistica, il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. A tal fine, questa volta, per trascrivere artisticamente su supporto tale fenomeno, Ghezzi ipotizza di usare la cianotipia, una particolare tecnica che prevede l’uso di carte fotosensibilizzate per rilevare il rapido mutamento dello spessore del ghiaccio.

Da ciò seguirà un interessante dialogo, sia preliminare, che successivo alla spedizione, tra l’artista e i ricercatori dell’Istituto di Scienze Polari del CNR. Artista e studiosi, infatti, intrecciando i reciproci sguardi e approcci, offriranno inedite chiavi di lettura dei fenomeni naturali contribuendo alla divulgazione e conoscenza, attraverso questa proficua collaborazione multidisciplinare, di suggestioni e rivelazioni su uno dei più problematici fenomeni naturali della nostra epoca.

The Greenland project di Ghezzi sarà incentrato pertanto sull’utilizzo della cianotipia a contatto che non utilizzerà tessuti ma una speciale carta fatta a mano secondo un antico procedimento, per accogliere i segni dello scioglimento del ghiaccio. L’artista, dopo un’accurata analisi dei luoghi più idonei – effettuata preventivamente sulle mappe e successivamente in loco – grazie al supporto di Red House, realizzerà delle cianotipie del ghiaccio in scioglimento nella zona di Tasiilaq sulla costa orientale della Groenlandia. La cianotipia è un’antica tecnica fotografica sviluppata dal fotografo e chimico inglese, John Herschel tra il 1839 e il 1842, che sfrutta la reazione di alcuni sali alla luce ultravioletta. Inserendo la carta fotosensibilizzata mediante sali al di sotto del ghiaccio, in una zona di confine dove il ghiaccio è in scioglimento nel mese di giugno, l’artista otterrà delle istantanee del fenomeno del suddetto cambiamento di stato.

L’obiettivo del progetto è quello di lavorare nello stesso punto per circa 25 giorni, realizzando cianotipie della stessa zona al fine di “fotografare” il fenomeno della liquefazione  e, quindi. dell’arretramento del ghiaccio -giorno per giorno- in un determinato luogo.

In tal modo, l’artista ipotizza di produrre un’immagine emblematica del fenomeno del ghiacciaio in arretramento (e della velocità con cui tale processo avviene), con quell’estetica che connota da anni la sua “pittura di paesaggio”. A tale lavoro,  per completezza e nell’intento di fornire alla ricerca artistica un supporto scientifico secondo la consueta logica che alimenta il lavoro di Ghezzi, sarà accompagnato un testo del Dott. Biagio Di Mauro del CNR – ISP sullo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia (ad es. sulla velocità dello stesso, sul cambiamento negli anni del fenomeno,  sulle possibili cause e conseguenze, ecc..).

All’esito della residenza artistica le creazioni e il testo scientifico (se del caso, accompagnato anche da visualizzazioni grafiche), saranno raccontate, pubblicate ed esposte attraverso i social, i media sia digitali che cartacei, la televisione e una mostra finale che raccoglierà tutta l’esperienza.

L’intera residenza artistica di Roberto Ghezzi sarà ad impatto neutro grazie al contributo di Phoresta Onlus che calcolerà e poi compenserà mediante la piantumazione di alberi tutte le emissioni di CO2 del progetto.

The Greenland Project 

lo scioglimento dei ghiacci tra arte, scienza e sostenibilità

Un progetto dell’artista Roberto Ghezzi

a cura di Mara Predicatori

in collaborazione con Biagio Di Mauro del CNR – ISP (Istituto di Scienze Polari)

con il supporto di The Red House di Robert Peroni e Phoresta Onlus e il contributo di Cartiera Enrico Magnani Pescia

Dal 15 giugno al 10 luglio 2022

Comunicazione e media relations
Amalia Di Lanno +39 3337820768 – info@amaliadilanno.com

Immagine in evidenza: Installazione per NATUROGRAFIE, Isole Lofoten, Norway, 2019. Courtesy the artist

10
Mag

Last Whispers di Lena Herzog

Last Whispers: Immersive Oratorio for Vanishing Voices, Collapsing Universes and a Falling Tree di Lena Herzog, fotografa e artista americana, è un progetto incentrato sulla tematica dell’estinzione di massa delle lingue.

L’iniziativa, promossa dall’UNESCO, è a cura di Silvia Burini, Maria Gatti Racah, Giulia Gelmi, Anastasia Kozachenko-Stravinsky (Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali – DFBC).

Ogni due settimane il mondo perde una lingua. A una velocità inedita, maggiore di quella dell’estinzione di alcune specie, la nostra diversità linguistica – forse il mezzo più importante della conoscenza di sé – si sta erodendo.

Ad oggi, delle 7.000 lingue superstiti sulla Terra, solo 30 sono usate dalla maggioranza della popolazione. Si stima che almeno la metà delle lingue attualmente parlate sarà estinta entro la fine del secolo. Altre fonti prevedono tempi di sparizione ancor più rapidi. 

Nel tentativo di sensibilizzare in ordine a questo problema, l’Assemblea Generale dell’ONU e l’UNESCO hanno dichiarato il 2022-2032 “Decennio Internazionale delle Lingue Indigene”.

Last Whispers è una composizione sonora spazializzata che unisce discorsi, canzoni, incantesimi e canti rituali con suoni e immagini della natura e frequenze provenienti dallo spazio. Il risultato è un lavoro corale, profondamente moderno e tradizionale al contempo, dedicato al tema dell’estinzione delle lingue su scala globale.

Quest’estinzione è, per definizione, silenziosa, perché è proprio il silenzio la forma che essa assume. Last Whispers dà voce a ciò che è stato ridotto al silenzio: mentre affoghiamo nel rumore delle nostre voci – espressione dei sistemi culturali e linguistici dominanti – siamo circondati da uno sconfinato oceano di silenzio.

Il panorama immersivo di Last Whispers è un’invocazione alle lingue estinte e un incantesimo per quelle a rischio.

Con il generoso sostegno della Jim & Marilyn Simons Foundation, Herzog ha selezionato registrazioni provenienti dall’Endangered Languages Documentation Programme della SOAS University di Londra (ora conservate alla Berlin-Brandenburg Academy of Sciences and Humanities), dalla Smithsonian Institution, dal progetto “Rosetta” e da oltre una dozzina tra i più grandi archivi linguistici del mondo. 

Lena Herzog è una fotografa e un’artista americana, multidisciplinare e concettuale, di origini russe che vive a Los Angeles. Il suo lavoro, riconosciuto a livello internazionale, affronta i temi della ritualità e del gesto, della perdita e della dislocazione. Il suo approccio nasce dall’intersezione tra arte e scienza, intese sia come oggetto di studio che come processo. Nei lavori a stampa Herzog utilizza tecniche fotografiche tradizionali, contemporanee e sperimentali, mentre per i progetti multimediali l’artista impiega tecnologie all’avanguardia nel suono, nell’installazione immersiva e nella realtà virtuale.

La sensibilità artistica di Herzog nell’affrontare le tematiche connesse alla sostenibilità globale, nonché la sua minuziosa e strutturata ricerca documentaria, rendono particolarmente significativa la presentazione del progetto Last Whispers al pubblico veneziano e internazionale.

Last Whispers sarà presentato all’Università Ca’ Foscari Venezia da aprile a settembre 2022, in tre momenti distinti:

  • Una versione immersiva in realtà virtuale potrà essere fruita individualmente, con visori e cuffie, dal 21 aprile al 30 luglio nella Tesa 1 di Ca’ Foscari Zattere – CFZ. Ogni visitatore sarà dotato di un set, che verrà sanificato dopo ogni uso.
  • Un’installazione site-specific di immagini tratte dal progetto sarà esposta nel cortile principale di Ca’ Foscari e aperta al pubblico dal 21 aprile al 30 settembre.
  • Una proiezione audiovisiva del lavoro, su grande schermo, sarà presentata nel cortile centrale di Ca’ Foscari come evento principale dell’edizione di Art Night 2022, che si terrà il 18 giugno.

 

ART NIGHT: LAST WHISPERS – PROIEZIONE AV
18 giugno 2022
apertura ore 18:00 / proiezione ore 21:00
Cortile centrale di Ca’ Foscari
Palazzo Ca’ Giustinian
Dorsoduro 3246

FG COMUNICAZIONE – Venezia 
Davide Federici 
——————————–
info@fg-comunicazione.it
+39 331 5265149
www.fg-comunicazione.it

Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo
Area Comunicazione e Promozione Istituzionale e Culturale
Università Ca’ Foscari Venezia
T 041 234 8368
comunica@unive.it

26
Gen

PALADINO

Tutta la storia artistica di Mimmo Paladino si nutre della cultura, della terra e della luce mediterranee. E non solo. Altri fantasmi la abitano. Mentre i pittori della sua generazione fanno ricorso alla memoria e alla citazione con effetti puramente stilistici, i riferimenti poetici di Paladino sondano le profondità del mito da cui riemergono frantumati, come schegge di figurazioni arcane, indecifrabili e tuttavia familiari per chi ha confidenza con il mondo oscuro della cultura arcaica campana. Memoria e citazione non sono tuttavia attività libere e giocose, ma pratiche quotidiane di lavoro e di confronto con la materia dell’arte, che non è solo colore, pietra, legno, bronzo. Fondamentale in Paladino resta la formazione concettuale e analitica che è divenuta nel tempo dato inalienabile del lavoro pittorico, permettendogli di spaziare fra le istanze della tradizione e quelle dell’avanguardia, di rielaborare la cultura figurativa del Novecento, in particolare l’espressionismo, l’informale e la popart, di attingere da culture arcaiche ed extraeuropee, sapendo scegliere chi e che cosa guardare: gli affreschi e le miniature medievali, le alchimie del manierismo, i chiaroscuri del Seicento. I soggetti della sua pittura non sono infatti mai semplicemente figurativi, perché quanto si dà come pittoricamente visibile è il risultato di un linguaggio formale assai consapevole che incamera e restituisce il fantasma o i fantasmi attraverso tutto quanto in astratto e in concreto può diventare o essere pittura e figura. Spesso l’immagine scaturisce dalla proliferazione o stratificazione di segni e materie. La superficie viene coperta con strati successivi di colore o gesso, si creano grovigli e frammenti di segni e simboli che a volte dichiarano un significato, a volte alludono, a volte nascondono. Se è vero che Mimmo Paladino, silenzioso si ritira a dipingere già nel 1977, troncando la sua prima ispirazione concettuale e anticipando la svolta culturale della generazione transavanguardista, nondimeno è evidente dal disegno al quadro, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla scenografia, che l’arte per Paladino sia un processo ricostruttivo di ordine e di senso, avulso da ogni tentazione regressiva o restaurativa. L’arte come creazione di una cosmogonia, fondazione di un universo senza tempo, in cui tornino a circolare storie e leggende che rendano abitabile e affascinante la vicenda umana. Ecco allora che le forme paladiniane, depurate dalle tensioni della contingenza, raggiungono l’essenza primitiva, iconica, di immagini essenziali come ombre che non si cancellano e sempre ritornano, mescolandosi all’infinito. Questo è il tratto decisivo dell’opera di Mimmo Paladino: l’affermazione di un linguaggio figurativo non illustrativo, non narrativo; di un’arte che genera pensiero e conoscenza e dunque speranza di un mondo nuovo.

PALADINO
CASAMADRE
Piazza dei Martiri 58, Palazzo Partanna – Napoli – Campania
dal 22 gennaio 2022  al 9 aprile 2022

Immagine in evidenza: Mimmo Paladino, senza titolo, 2020

14
Gen

Ugo Rondinone | nude in the landscape

Landscapes, suns, nudes, and still lifes—Ugo Rondinone‘s visual worlds transport the viewer into an unfamiliar reality. For his first solo exhibition in a museum in Austria, the multimedia conceptual and installation artist has devised a polyphonic, immersive cosmos.

Ugo Rondinone has been crossing boundaries between media and disciplines for more than 30 years. Works by the New York–based Swiss artist are often inspired by everyday issues and subjects that take on a poetic dimension through isolation, amplification, or specific material treatment. Ideas of Romanticism, the sublime, and transience resonate, as do the leitmotifs that define Rondinone’s work: figuration and abstraction, humans and nature, day and night, space and time. In highly artificial installations that cite art history and popular culture, the artist creates haunting moods that capture our modern-day attitude toward life.

nude in the landscape is Rondinone’s first solo show in an Austrian museum. With the genres “nude” and “landscape” cited in the title, the artist opens up a broad artistic and art historical space of signification that extends through different eras to our present day. As viewers step into a calm, almost meditative setting, a “landscape tableau” made up of several elements unfolds before them.

At the center of the exhibition is a monumental statement: two standing landscapes with sunrise and sunset (2021), the title of Rondinone’s oversized two-part work created specifically for this show. Standing over four meters tall, these “walls” are 16 and 18 meters wide respectively and weigh several tons; they can be read both as picturess and as sculptures. The two circular sections placed at different heights denote a sunrise and sunset. Juxtaposed against the landscapes are 14 life-size nudes (2010/11), wax casts of dancers, captured in a moment of contemplation and indifferent repose. Each figure consists of up to twenty segments, with earth pigments from different continents mixed into the material to produce a variety of color gradations. Also part of this atmospheric setting are the series poems (2003–2021), the work winter cloud (2019) and a series of clocks without hands: red clock(2016), blue clock (2016) and yellow clock (2016). A transparent gray foil work on the glass façade of the Belvedere 21, titled when the sun goes down and the moon comes up (2021), blurs the boundaries between day and night, interior and exterior, art and nature. The romantic longing to capture a particular fleeting moment, or rather to suspend time by artistic means, permeates the entire exhibition.

Curated by Axel Köhne

Ugo Rondinone
nude in the landscape
December 12, 2021–May 1, 2022

Belvedere 21
Arsenalstrasse 1
1030 Vienna
Austria
Hours: Tuesday–Sunday 11am–6pm

T +43 1 795570
info@belvedere.at

www.belvedere.at

Image: View of Ugo Rondinone: nude in the landscape, Belvedere 21, Vienna, 2022. Photo: Stefan Altenburger, Courtesy studio rondinone

Catalogue
Ugo Rondinone. Akt in der Landschaft / nude in the landscape
Editors: Stella Rollig, Axel Köhne
Authors: Laura Hoptman, Axel Köhne, Stella Rollig
Graphics: Willi Schmid
Verlag Buchhandlung Walther & Franz König
Approx. 112 pages, 150 illustrations
Format: 31 × 24 cm
Hardcover
German & English in one volume
ISBN 978-3-903114-99-9
Price: 29.80 EUR
Available from February 2022

Press contact: Irene Jäger, presse@belvedere.at / T +43 1 79 557-185

16
Set

Mustafa Sabbagh. Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi

Dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022, La Galleria Estense di Modena e il Palazzo Ducale di Sassuolo ospitano il progetto Spazio disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi,a firma dell’artista contemporaneo Mustafa Sabbagh.

A cura di Federico Fischetti e Fabiola Triolo, il progetto nasce come reazione a una delle fasi più buie vissute dal settore dei musei e della cultura, costretto al silenzio nel pieno dell’emergenza Covid-19. Una cesura lunga e dolorosa, che ha indotto al ripensamento di alcuni specifici aspetti di educazione e di stimolo propri delle istituzioni museali di arte antica nei confronti della società contemporanea. Il desiderio di apertura, condivisione e circolazione di idee ha così abbracciato la strada del dialogo con un artista contemporaneo, alla ricerca di un comune approccio al patrimonio antico. Un approccio obliquo rispetto alle forme tradizionali, fondamentalmente basate sulla filologia, per riossigenare il rapporto tra il museo e il suo territorio – un percorso che le Gallerie Estensi hanno già avuto occasione di sperimentare con successo nel passato, con l’installazione corale Monochromatic Light (Lawrence Carroll, Phil Sims, Ettore Spalletti, David Simpson, Winston Roeth, Timothy Litzmann, Anne Appleby, 2004), divenuta permanente grazie alla donazione Panza di Biumo e oggi parte integrante degli apparati decorativi del Palazzo Ducale di Sassuolo.

Da fertili conversazioni con Mustafa Sabbagh ha dunque preso forma il presente progetto inedito, che si articolerà in due sedi: nel Palazzo Ducale di Sassuolo e nella Galleria Estense di Modena. La doppia sede riflette una duplice posizione, liberamente incoerente, con cui Mustafa Sabbagh intende sollecitarci sul tema del rapporto col nostro patrimonio. A Sassuolo il linguaggio sarà quello proprio dei prodotti di consumo, confezionati e offerti in vendita per un utilizzo indotto e non consapevole, esito difficilmente eliminabile dalla retorica della valorizzazione del turismo culturale. Tre interventi ubicati nel Cortile d’Onore, nell’Appartamento Stuccato e nella Camera dell’Amore riproporranno frammenti di opere d’arte e pitture murali già presenti nella Reggia Estense e risemantizzati dall’artista attraverso fotografia, video e installazioni, offrendosi come medicinali da assumere secondo una specifica posologia, descritta in un apposito bugiardino. A Modena l’approccio è completamente diverso, per riflettere sul valore estetico autonomo delle opere d’arte, rifiutando la passiva semplificazione delle formule di consumo che riconducono tutto a logo, a brand. Anche qui, tre interventi si articoleranno in altrettante sale del museo attraverso i linguaggi della fotografia, del video-mapping, della scultura e dell’installazione prendendo le mosse da alcuni dipinti scelti, da Garofalo a Guercino, e da una scultura barocca della Collezione Estense. Il filo conduttore sarà quello di un erotismo indefinito, vagamente voyeuristico, che attraverso particolari anatomici decontestualizzati dal soggetto e dal suo genere suggerirà di liberare l’istinto e lasciarsi andare a personali ricerche nel mondo figurativo e nelle qualità formali dell’arte antica.

Mustafa Sabbagh nasce ad Amman (Giordania, 1961, vive e lavora in Italia). Italo-palestinese, allevato tra l’Europa ed il Medio Oriente, l’imprinting è cosmopolita, l’attitudine è nomade. Già assistente di Richard Avedon e docente al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, dopo una brillante carriera come fotografo di moda riconosciuta dai magazines più prestigiosi del mondo, a partire dal 2012 Sabbagh concentra la sua ricerca nell’arte contemporanea per mezzo della fotografia e della video-arte, attraverso una sorta di contro-canone estetico dove il punctum è la pelle – diario dell’unicità individuale. Armonia dell’imperfezione, indagine psicologica e studio antropologico attraverso la costruzione dell’immagine e dell’installazione ambientale sono gli stilemi che Sabbagh trasferisce dalle pagine patinate, agli spazi dei musei e delle gallerie più famosi del mondo – tra cui il Musée de l’Élysée di Losanna, considerato tempio internazionale della fotografia.

Spesso protagonista di interviste e documentari che indagano nelle sue visioni, nel 2013 Sky Arte HD, attraverso la serie Fotografi, lo ha eletto tra gli 8 artisti più significativi del panorama nazionale contemporaneo, e nel 2017 Rai5l’ha indicato come il cantore privilegiato del lato oscuro della Bellezzaattraverso il documentario di produzione internazionale The Sense of Beauty. Ad oggi Mustafa Sabbagh è stato riconosciuto, da uno storico dell’arte e della fotografia quale Peter Weiermair, come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo, ed uno dei 40 ritrattisti di nudo – unico italiano – tra i più rilevanti su scala internazionale. Mustafa Sabbagh è stato chiamato a risemantizzare, a dimostrazione che l’arte è un continuum, l’Ebedi Canova (Musei San Domenico, Forlì, 2017), la Venere Pudicadi Botticelli (Palazzo dei Diamanti, Ferrara e Musei Reali, Torino, 2017), la Venere dei Portidi Sironi (Casa Museo Boschi Di Stefano, Milano, 2015) – opere tutte entrate a far parte della collezione d’arte delle suddette istituzioni museali. In seguito alla sua prima mostra antologica XI comandamento: non dimenticare, il Sindaco Leoluca Orlando ha conferito a Sabbagh la cittadinanza onoraria del Comune di Palermo.

Suoi lavori sono presenti in numerose monografie (tra cui About Skin, ed. Damiani, acquisita all’interno della biblioteca di libri d’arte della Tate Gallery, Londra, e XI comandamento: non dimenticare, nelle biblioteche dei più importanti poli museali italiani), in pubblicazioni accreditate internazionalmente (tra cui Faces – the 70 most beautiful photography portraits of all time, a cura di Peter Weiermair), e in molteplici collezioni permanenti, in Italia e all’estero – incluse le storiche Collezione Arte Farnesina, la collezione della Fondazione Orestiadi, la collezione di arte contemporanea del MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo.

Federico Fischetti (Roma, 1977) dopo il dottorato di ricerca in Storia dell’arte è entrato in servizio nel Ministero della Cultura e lavora come curatore alle Gallerie Estensi, dove si occupa delle collezioni d’arte del Sei e Settecento.

Fabiola Triolo (Firenze, 1977) è critica d’arte e cultura, curatrice e responsabile della comunicazione per selezionati artisti. Colonnista dal 2008 per testate di settore, dal 2017 è curatrice editoriale della pubblicazione culturale Ossigeno – Elements of Life.

Le Gallerie Estensi sono un museo diffuso che, seguendo il filo rosso della storia dinastica e collezionistica degli Este, racchiude al suo interno diversi istituti culturali tra le provincie di Modena e Ferrara. Questa caratteristica rende le Gallerie Estensi un modello museale innovativo: una rete di musei sempre in movimento ma allo stesso tempo un “luogo dell’incanto” che offre ai suoi visitatori un itinerario culturale unico.

La Galleria Estense espone la straordinaria collezione d’arte dei duchi d’Este, fra cui opere di pittura, scultura, arte applicata. La Biblioteca è un moderno istituto di rilievo nazionale che unisce la preziosa collezione libraria estense alla ricca Biblioteca Universitaria. Il Museo Lapidario racconta la storia di Modena dalla fondazione romana fino alla modernità, con una vasta collezione monumenti e reperti archeologici. La Pinacoteca Nazionale propone un percorso alla scoperta della pittura ferrarese, nella cornice di Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

Il Palazzo Ducale di Sassuolo è una delle più importanti residenze barocche dell’Italia settentrionale. Il suo aspetto attuale prende forma per volere del duca Francesco I d’Este, che nel 1634 incarica l’architetto Bartolomeo Avanzini di trasformare l’antico castello di famiglia in una moderna dimora extraurbana per la corte. Pitture murali, decorazioni a stucco, sculture e fontane ancora oggi trasmettono il senso dello splendore della corte estense.

Mustafa Sabbagh
Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi
a cura di Federico Fischetti, Fabiola Triolo
dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022
vernice: giovedì 16 settembre, h. 10:00, c/o Galleria Estense
Galleria Estense– Largo Porta Sant’Agostino 337, Modena
Palazzo Ducale– Piazzale della Rosa 10, Sassuolo
GIORNI E ORARI DI venerdì 17 settembre e sabato 18 settembre: ore 09.00 – 23.00
APERTURA PER IL domenica 19 settembre: ore 09.00 – 21.00
FESTIVAL FILOSOFIA: ingresso libero e contingentato
GIORNI E ORARI Galleria Estense: dal martedì al sabato, ore 08.30 – 19.30 |
DI APERTURA: domenica ore 10.00 – 18.00 | chiuso il lunedì
Palazzo Ducale: dal venerdì alla domenica, ore 10.00 – 19.00
CONTATTI: Gallerie Estensi tel. +39 059 4395711 – fax +39 059 230196
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26
Lug

La forma dell’oro

BUILDINGBOX presenta dal 3 luglio al 30 luglio 2021 un’opera di Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972), settima artista de La forma dell’oro, progetto espositivo annuale a cura di Melania Rossi, che indaga l’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea attraverso le opere di dodici artisti invitati a misurarsi con il tema prescelto. Le installazioni sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dalla vetrina di via Monte di Pietà 23 a Milano.

Concepita dall’artista site specific, la scultura vuole innescare un gioco sottile tra ciò che è immediatamente visibile e ciò che è assente, tra materiale e immateriale, mandando in cortocircuito il meccanismo automatico con cui interpretiamo un oggetto in uno spazio. La pratica artistica di Delphine Valli ricerca da sempre le tensioni, i confini e le relazioni inaspettate tra l’opera e il luogo in cui si trova, mettendo in dialogo elementi architettonici, parti scultoree, geometrie dipinte e il vuoto come dimensione poetica di osservazione. L’artista crea forme ambigue e instabili, che seppur con un’estetica pulita e minimale, pongono l’osservatore nella “scomoda” posizione di ricercare punti di vista diversi, instaurando un rapporto inedito con la realtà conosciuta. Il concetto di “non definito” è centrale nei lavori di Delphine Valli, il potenziale insito nelle forme aperte favorisce letture e significati multipli che l’artista ricerca senza mai provocare o forzare, ma piuttosto minando, delicatamente, la solidità delle cose. Le installazioni sono spesso accompagnate da testi scritti dall’artista, che ci invitano ad uscire da interpretazioni prestabilite.

Nel caso di Cosmic Attraction, la geometria scultorea sospesa nello spazio della vetrina manca di alcune parti che l’occhio dell’osservatore tende a completare in maniera automatica. Nel notare questo meccanismo della visione, passiamo dall’attenzione al dettaglio alla visione d’insieme e viceversa, cercando strategie percettive per raggiungere un nuovo punto di equilibrio. Il colore oro emerge tra le ossidazioni dell’ottone, ottenute dall’artista usando acidi, fuoco e acqua piovana; le reazioni del metallo possono essere controllate solo in parte e proprio in questa casualità guidata sono sottese la poetica e l’estetica del lavoro. L’oro stesso, che riesce a raggiungere la superficie della Terra dalle regioni più profonde del pianeta, sarebbe stato originato da uno scontro cosmico non ancora del tutto spiegato. Interrogandoci sulla sua natura alchemica, siamo inevitabilmente portati a chiederci da dove veniamo, dove stiamo andando. Il testo Dark Matter – che accompagna l’opera fisica ed è leggibile di seguito e attraverso il QR code stampato sulla vetrina – descrive il nostro camminare nella realtà quotidiana e allo stesso tempo ci invita ad elevare la nostra visione dalla strada fino alle stelle.

Nel lavoro di Delphine Valli l’oro non è mai “vero”, che sia vernice spray, ottone o bronzo, è usato dall’artista per evocare il mistero del cosmo e dell’esistenza.

Niente è meno certo dell’improbabile, meno ovvio dell’imprevisto e a volte tutto è arido, camminiamo per le strade, sui marciapiedi, concepiamo muri, cartelli, semafori, negozi, taxi, ombrelli, ruote, fiori, agende, borse, occhiali, targhe, ecc. non concepiamo nient’altro al di là di questo orizzonte solido e fattuale, sta tutto lì, nel mondo comune – finito, definito, determinato, ineluttabile. Rimaniamo materialisti, per carità, ma per guadagnare un po’ di altezza, ci ricordiamo che siamo su un pianeta, in una galassia, che ci sono cento miliardi di pianeti nella nostra galassia, che ci sono forse due trilioni di galassie nell’universo, lune, comete e stelle a bizzeffe… ma non cambia nulla. Siamo tanto stupidi quanto un martello senza chiodi o un pozzo senza fondo. Delphine Valli

   

BUILDINGBOX dedica la stagione 2021 al progetto La forma dell’oro, un’esposizione in dodici appuntamenti con cadenza mensile, a cura di Melania Rossi. La mostra vuole dare una panoramica sull’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea, attraverso dodici installazioni di artisti che alludono al “re dei metalli” con modalità e pratiche diverse. Definito “carne degli dei” dagli antichi egizi, oggetto simbolo della discordia nel mito greco, l’oro diviene nell’interpretazione cristiana sia emblema della manifestazione divina, sia incarnazione della vanità terrena e dei vizi umani. Un fatto è certo: nel corso dei secoli, questo elemento naturale ha conservato un alto valore espressivo tanto nella sfera del sacro, quanto in quella del profano. Nella tradizione rappresentativa, l’oro è definito da una polifonia di metafore che vanno dal divino al demoniaco, dallo spirituale al materiale, dalla perfezione alla corruzione. Lo spettro della sua potenza simbolica è tale da arrivare persino ad alludere all’assenza, alla negazione dello spazio-tempo e della gravità. I pittori d’epoca medievale e del primo Rinascimento se ne servivano per rappresentare ciò che eccede la realtà materiale e supera l’uomo. L’aura mistica propria di tecniche antiche quali il fondo oro, il lustro e la doratura rappresentano l’imprescindibile punto di partenza per tutti gli artisti che ancora oggi scelgono di inserire quest’elemento nella loro prassi artistica. Che tipo di fascino esercita l’oro nel mondo odierno? A quali scopi se ne serve l’arte contemporanea? Tutti lucenti nella loro doratura, le opere e i lavori site specific degli artisti selezionati da Melania Rossi (in oro vero o falso, oppure in bronzo, ottone, plastica, ceramica, vetro, carta) richiamano inevitabilmente la tradizione storico-artistica, portando al contempo la personale ricerca di ogni autore. Ciascun artista offre infatti un punto di vista diverso sul metallo nobile, osservato con seduzione alchemica o volontà dissacratoria. Alcuni, considerandolo un colore, ne hanno studiato le proprietà pittoriche; altri, considerandolo un materiale plastico, ne hanno indagato le potenzialità scultoree. Altri artisti, invece, hanno operato dei ribaltamenti di senso rispetto ai significati mitici, filosofici e letterari assunti dall’oro lungo le epoche. La forma dell’oro è dunque una mostra fatta di eccezioni: qui, è tutto oro quel che luccica. La mostra si compone di un’installazione al mese per dodici mesi, visibile 7 giorni su 7, 24 ore su 24, nella vetrina BUILDINGBOX. Un confronto senza pause tra diversi ed eccellenti modi di intendere l’aurum, metallo nobile, eterno e incorruttibile nella sua natura più pura.

Cenni biografici
Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972) vive e lavora a Roma dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti in Scultura nel 2002.
La sua ricerca artistica ha origine dalla fascinazione provata nell’osservare l’ambiente circostante; sollecita l’apparente immutabilità delle cose. Esplora le tensioni che si creano tra l’intervento artistico e lo spazio, coinvolgendolo come elemento plastico. Ha esposto il suo lavoro in gallerie e spazi privati, pubblici e istituzionali tra i quali: MANIFESTA13, Maison R&C, Marsiglia; a Roma, AlbumArte, Institut Français, MAXXI, Accademia Nazionale di San Luca, Ex Elettrofonica; Seminaria Sogninterra, Festival Biennale di Arte Ambientale, Maranola (FM); Jade Carving Art Museum, Suzhou, Cina; Digital District, Paris; Ex Convento Domenicano, Muro Leccese; CIAC, Genazzano; Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia; Festival Euromediterraneo, Altomonte; Ninni Esposito arte contemporanea, Bari; MuseoLaboratorio, Città Sant’Angelo.
Insegna Tecniche Performative per le Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Roma.

BUILDING
via Monte di Pietà 23, Milano www.building-gallery.com

La forma dell’oro
a cura di Melania Rossi
da gennaio 2021, 12 artisti in 12 mesi

BUILDINGBOX
via Monte di Pietà 23, 20121 Milano

Visibile 24/7
3 luglio 2021 – 30 luglio 2021

Delphine Valli
Cosmic Attraction, 2021
ottone, argento, acido, fuoco, pioggia 299 x 35 x 35 cm

Ufficio stampa
ddlArts | T +39 02 8905.2365
Alessandra de Antonellis | E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net | T +39 339 3637.388 Ilaria Bolognesi | E-mail: ilaria.bolognesi@ddlstudio.net | T +39 339 1287.840
Elisa Fusi | E-mail: elisa.fusi@ddlstudio.net | T + 39 347 8086.566

Immagine in apertura: Cosmic Attraction Delphine Valli 2021_credito foto Luis Do Rosario