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22
Ago

UNKNOWN UNKNOWS, quello che non sappiamo di non sapere

La mostra tematica, a cura di Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, è il centro nevralgico della 23ª Esposizione Internazionale, concepita come uno spazio di dibattito e confronto aperto e plurale, dove possano convergere esperienze, culture e prospettive differenti. Unknown Unknowns cerca di rispondere ad una serie di domande su quello che ancora “non sappiamo di non sapere” in diversi ambiti: dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Un’esperienza profonda, che coinvolgendo designer, architetti, artisti, drammaturghi e musicisti, dà la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo. 

Un percorso dai contorni sfumati e permeabili che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali che si confrontano con l’ignoto.

Unknown Unknowns affronta una serie di tematiche tra cui la gravità, considerata “il più grande designer”, un artigiano che modella instancabilmente l’universo cui apparteniamo; le mappe, sistemi attraverso cui orientare traiettorie e percorsi; le nuove sfide della architettura, che si apre a prospettive inedite come quella di abitare lo spazio extraterrestre; fino ai misteri legati allo spazio profondo.

La mostra tematica comprende quattro special commission che Triennale ha affidato all’artista giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi SOM, e all’artista turco-americano Refik Anadol. Oltre alle opere commissionate, la mostra include una serie di installazioni site specific, tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Tomás Saraceno, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas e Marie Velardi. 

Lungo il percorso espositivo sono inoltre presenti quattro Listening Chambers, spazi in cui il suono si fa parola e il visitatore può abbandonarsi alle narrazioni di grandi personalità del mondo scientifico. E così il neuroscienziato Antonio Damasio affronta il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli quello del tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani riflette sull’origine della vita, la fisica teorica Lisa Randall sul mistero di ciò che sta al di là dei nostri sensi.

Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica – progettato da Space Caviar e realizzato da WASP – è interamente creato attraverso la stampa 3D. È stato prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, sviluppate per questa specifica applicazione architettonica, utilizzando solo materiali di origine naturale, e in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare.

 

Antonio Fiorentino, Dominium Melancholiae, 2014
Courtesy of Antonio Fiorentino e Villa Arson, Nice (France)
Photo: Jean Brasille

Gaia’s stellar motion for the next 400-thousand years
Copyright: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO. Acknowledgement: A. Brown, S. Jordan, T. Roegiers, X. Luria, E. Masana, T. Prusti and A. Moitinho

 

Curatrice:
Ersilia Vaudo

Exhibition project:
Space Caviar, Wasp

Unknown Unknowns
15 luglio – 11 dicembre 2022
Triennale di Milano

Cover Image:The complex terrains of Saturn’s icy-moon Enceladus Credit; NASA/JPL-Caltech

19
Ott

Alfredo Jaar. Lament of the images

La Galleria Lia Rumma è lieta di annunciare la mostra personale dell’artista cileno Alfredo Jaar che inaugura giovedì 18 ottobre 2018, presso la sede di Milano. La mostra è preceduta, il 17 ottobre alle ore 18.00, da una lecture dell’artista alla Fondazione Gian Giacomo Feltrinelli di Milano.
A 10 anni dall’intervento pubblico Domanda, Domanda per le strade di Milano e dalla personale all’Hangar Bicocca It Is Difficult, Alfredo Jaar torna a Milano con una personale rigorosa e poetica che si sviluppa sui tre piani della Galleria. Al piano terra, l’artista presenta una nuova installazione site-specific WHAT NEED IS THERE TO WEEP OVER PARTS OF LIFE? THE WHOLE OF IT CALLS FOR TEARS (Che bisogno c’è di piangere momenti della vita? La vita intera è degna di pianto), una citazione di Seneca tratta dal “De Consolatione ad Marciam”. L’opera, una scritta al neon rosso, le cui lettere sono disposte come una pioggia di lacrime a cui il testo allude, è l’unica fonte di luce nello spazio che si presenta completamente rosso. Il lavoro è un riferimento poetico al progetto pubblico che Jaar sta realizzando per la città di Milano curato da Roberto Pinto: un grande cubo di cemento, attraverso la cui vetrata rossa il visitatore può osservare la città “filtrata” dal colore rosso. Un gesto nostalgico e malinconico e insieme un omaggio, secondo l’artista, alla sinistra italiana che sta scomparendo.
Al primo piano, Lament of the Images, che dà il titolo alla mostra, è composta da due tavoli fotografici luminosi, di solito usati nei laboratori fotografici per guardare i negativi.  Il tavolo superiore, montato al contrario e sospeso al soffitto, lentamente si avvicina a quello inferiore, fino a lasciare solo una sottile linea di luce proveniente dalla fessura tra le due superfici che poi, come per dare inizio a un nuovo ciclo di visioni, si allontanano. Volutamente non è presente nessuna immagine. Dice infatti Jaar: “Credo che abbiamo perso la capacità di vedere ed essere scossi dalle immagini”. La mostra si completa al secondo piano con Shadows che fa parte della trilogia – iniziata con The Sound of Silence, esposta nel 2008 all’Hangar Bicocca di Milano – in cui Jaar indaga il potere e la politica delle immagini iconiche. Entrando in un corridoio buio si incontrano sei piccoli lightbox, una sequenza di immagini del fotoreporter olandese Koen Wessing scattate in Nicaragua nel 1978 che documentano gli eventi che seguono la morte di un contadino ucciso dalla Guardia Nazionale del regime di Somoza nei giorni della guerra civile. Si passa poi in una stanza più grande, anch’essa completamente oscurata, dove è presentata l’immagine di due donne, le figlie del contadino, nel momento in cui vengono a sapere dell’uccisione del padre. Le donne, devastate dal dolore, alzano le braccia al cielo. L’immagine lentamente diventa una luce accecante. Per Jaar quest’immagine è “la più potente espressione del dolore” che abbia mai visto.

Alfredo Jaar è artista, architetto e regista. Vive e lavora a New York. Nato a Santiago del Cile (1956), il lavoro di Jaar è stato esposto in tutto il mondo. Ha partecipato alle Biennali di Venezia (1986, 2007, 2009, 2013), São Paulo (1987, 1989, 2000) e a Documenta a Kassel (1987, 2002). Sue importanti mostre personali includono il New Museum of Contemporary Art, New York; Whitechapel, Londra; il Museum of Contemporary Art, Chicago; il Museo di Arte Contemporanea (MACRO) di Roma e al Moderna Museet di Stoccolma. Un’ampia retrospettiva sul suo lavoro è stata ospitata nell’estate del 2012 in tre spazi istituzionali a Berlino: la Berlinische Galerie, la Neue Gesellschaft fur bildende Kunst e.V. e la Alte Nationalgalerie. Nel 2014 il Museum of Contemporary Art Kiasma di Helsinki gli ha dedicato la più completa restrospettiva della sua carriera. Jaar ha realizzato più di sessanta interventi pubblici nel mondo. Sono state pubblicate oltre cinquanta monografie sul suo lavoro. È diventato Guggenheim Fellow nel 1985 e MacArthur Fellow nel 2000. Il suo lavoro fa parte delle collezioni del MAXXI e del MACRO di Roma, del Museum of Modern Art e del Guggenheim Museum di New York, del MCA di Chicago, del MOCA e del LACMA di Los Angeles, della TATE di Londra, del Centre Georges Pompidou di Parigi, del Centro Reina Sofia di Madrid, del Moderna Museet di Stoccolma, del Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek e in molte altre collezioni pubbliche e private del mondo.

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26
Ott

Giulio Paolini. Del bello ideale

La Fondazione Carriero è lieta di presentare “Giulio Paolini. Del bello ideale”, a cura di Francesco Stocchi, mostra dedicata a uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale, con interventi della scenografa Margherita Palli, organizzata in stretta collaborazione con l’artista. Attraverso una nutrita selezione di lavori, scelti e allestiti dal curatore insieme all’artista torinese, Del bello ideale ripercorre l’intero arco dei suoi 57 anni di carriera, esponendo capisaldi della sua produzione, alcuni dei suoi celebri autoritratti, fino a tre nuove opere appositamente concepite per l’occasione. Paolini ha risposto all’invito della Fondazione Carriero facendosi coinvolgere in prima persona nella realizzazione della mostra e accettando di cimentarsi in un esercizio introspettivo, in un processo di lettura dall’interno, e in alcuni casi di rilettura, della sua produzione. Il dialogo con il curatore Francesco Stocchi ha dato vita a un percorso espositivo non cronologico, scandito da nuclei tematici che si articolano nello spazio entrando in relazione con l’architettura dell’edificio, consentendo al visitatore di mettere a fuoco la poetica di Paolini e di semplificarne la comprensione. Attraverso questo esercizio, la mostra “scompone” l’opera di Paolini in tre nuclei tematici, la seziona adottando lo stesso approccio teorico e formale utilizzato dall’artista nei suoi lavori e nel suo modo di affrontare l’arte.
La scenografa Margherita Palli è stata invitata a entrare in dialogo con il corpus di opere dell’artista, creando degli interventi che “mettano in scena” i nuclei tematici della mostra e che, attingendo alle stesse fonti di Paolini e ad alcune opere della sua collezione privata, offrano ai visitatori la possibilità di entrare nel suo mondo e di partecipare dall’interno a questo viaggio introspettivo.

La mostra è resa possibile grazie alla stretta collaborazione con Giulio Paolini e la Fondazione Giulio e Anna Paolini e a prestiti provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche e importanti collezioni private.

Giulio Paolini. Del bello ideale
fino al 10 febbraio 2019

Fondazione Carriero
via Cino del Duca 4 | 20122 Milano
+39 02 36747039 | info@fondazionecarriero.org
Aperto tutti i giorni con ingresso libero dalle 11:00 alle 18:00 (chiuso lunedì)

16
Lug

BONALUMI 1958 – 2013

Palazzo Reale ospita la mostra Bonalumi 1958 – 2013, prima antologica di Agostino Bonalumi (1935-2013) nella sua città, a pochi anni dalla scomparsa, a ingresso gratuito. Il percorso espositivo si completa con un focus dal titolo Agostino Bonalumi. Spazio, ambiente, progetto allestito al Museo del Novecento e con ingresso incluso nel biglietto di questo museo. La mostra presenta 120 opere dell’artista milanese, in grado di testimoniare tutto il suo percorso creativo, dall’esordio, avvenuto a Milano, con Enrico Castellani e Piero Manzoni attorno al 1959, attraverso gli anni 60′ in contatto con i maggiori gruppi europei, sino alla recentissima riscoperta e rivalutazione internazionale. La mostra, la più completa dedicata a Bonalumi, illustra l’attività poliedrica e rigorosa di uno dei maggiori astrattisti a livello mondiale, mediante una serie di importanti lavori, molti dei quali di grandi dimensioni. La rassegna si inserisce nel palinsesto con il quale Palazzo Reale, per il terzo anno consecutivo, esplora nella programmazione estiva l’arte contemporanea, rafforzando quest’anno la proposta con la collaborazione del Museo del Novecento e presentando così alla città quattro artisti per raccontare la creatività dei nostri tempi: Agostino Bonalumi, Alik Cavaliere e Pino Pinelli a Palazzo Reale, Agostino Ferrari al Museo del Novecento.

un progetto Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale I Museo Novecento I Archivio Bonalumi

sponsor SUBDUED Arte e Moda | BIM Banca Intermobiliare Investimenti e Gestioni

partners AON | RCS – Corriere della Sera

Palazzo Reale Milano
BONALUMI 1958 – 2013
A cura di Marco Meneguzzo
fino al 30 settembre 2018

17
Set

Alan Charlton. Grey Paintings

La galleria A arte Invernizzi inaugura lunedì 17 settembre 2018 alle ore 18.30 una mostra personale dell’artista inglese Alan Charlton, presentata in contemporanea presso Annely Juda Fine Art di Londra.

In questa occasione Charlton ha ideato un progetto che collega idealmente le gallerie pur presentando due percorsi espositivi indipendenti.
Le opere scelte dall’artista in relazione agli spazi della galleria A arte Invernizzi tracciano per punti salienti i diversi momenti della sua ricerca – legata sin dal 1969 all’indagine delle molteplici potenzialità dei monocromi di colore grigio messi in relazione con l’ambiente circostante e con eterogenee modulazioni di luce – sino a giungere ad opere realizzate appositamente per questa mostra.
Nelle sale al piano superiore sono esposte opere significative degli anni Novanta quali 5 Vertical partse 10 Vertical parts (1993); lavori che sondano diverse possibilità geometriche e cromatiche a partire dalla lettura d’insieme di più elementi rettangolari, identici tra loro, presentati in sequenza lungo la parete. L’utilizzo di serie di tele installate a muro porta, durante il primo decennio degli anni Duemila, alla realizzazione dei Pyramid Grid Paintingse dei Triangle Grid Paintings, in cui i diversi elementi concorrono a delineare la forma di un triangolo, e pone le basi per i successivi Triangle Paintings,costituiti da un’unica tela di forma triangolare che, nella loro più recente evoluzione, giungono a suggerire la struttura del triangolo, come forma geometrica parcellizzata, visibile in opere quali Triangle in 5 Parts(2016).
Al piano inferiore si trovano i lavori realizzati appositamente per questa esposizione, che costituiscono un’analisi ulteriore della struttura dell’opera, che qui si presenta tronca nella parte culminante della forma triangolare e origina opere trapezoidali. Come scrive Antonella Soldaini: “per tutta l’opera di Charlton in generale, quello che colpisce è la forte fisicità. L’assoluta mancanza di qualsiasi referenzialità, l’autonomia, la loro coerenza e il modo con cui si impongono all’occhio di chi le osserva, creano un’atmosfera enigmatica, tanto più sfuggente quanto più la si cerchi di catturare. […] Confrontandoci con la dimensione atemporale di queste tele, con il loro esserci qui ed ora, veniamo a contatto, per antitesi, con la nostra finitezza, i nostri limiti e la nostra fragilità”.

In occasione della mostra verrà pubblicata, in collaborazione con la galleria Annely Juda Fine Art, una monografia bilingue con un saggio di Antonella Soldaini, testi di Barry Barker e Emile Charlton e un aggiornato apparato iconografico e bio-bibliografico.

ALAN CHARLTON. GREY PAINTINGS
CATALOGO CON SAGGIO DI: ANTONELLA SOLDAINI
TESTI DI: BARRY BARKER E EMILE CHARLTON

INAUGURAZIONE LUNEDÌ 17 SETTEMBRE 2018  ORE 18.30

A ARTE INVERNIZZI
VIA DOMENICO SCARLATTI 12  20124  MILANO  ITALY
TEL. FAX +39 02 29402855  info@aarteinvernizzi.it

PERIODO ESPOSITIVO:17 SETTEMBRE – 8 NOVEMBRE 2018
ORARI: DA LUNEDÌ A VENERDÌ 10-13  15-19, SABATO SU APPUNTAMENTO

21
Dic

FABIO MAURI. Opere dall’Apocalisse

VIASATERNA ospita in esclusiva uno straordinario progetto espositivo: FABIO MAURI. Opere dall’Apocalisse.

La mostra, a cura di Francesca Alfano Miglietti, raccoglie per la prima volta una collezione di dipinti e disegni su carta provenienti dallo Studio Fabio Mauri: emozioni e visioni dell’artista che ha fatto dell’ideologia un materiale dell’arte.

Il progetto, organizzato in collaborazione con lo Studio Fabio Mauri e Hauser & Wirth, si muove su un registro espositivo che costituisce un itinerario unitario e coerente: un percorso intimo, in una raccolta di disegni, dipinti e fotografie che si presentano come vere e proprie opere su carta, e che comprendono la serie pressoché inedita dell’Apocalisse (degli anni Ottanta), degli Scorticati e alcuni Dramophone, in cui l’immagine del disco come “mondo già inciso” richiama il tema della predestinazione.

Il significato primo di “apocalisse” è “rivelazione”, gettar via ciò che copre, togliere il velo, letteralmente “scoperta” o “disvelamento”, e Mauri, in queste opere, sembra voler rintracciare nel Caos una poeticità che indaga l’apocalisse non come ‘fine’ ma come incontro. Mauri non indietreggia mai, ma si attesta tra le pieghe di una linea che silenziosamente tocca l’interdetto, il proibito.

Fabio Mauri (1926-2009), che ha conosciuto in prima persona abissi, lacerazioni e inganni delle ideologie del Novecento, è considerato un esponente d’indiscusso rilievo delle neo-avanguardie della seconda metà del XX secolo. La sua attività è molto estesa e comprende installazioni, performance, teatro e scrittura. Autore di una personalissima indagine, durata tutta la vita, sull’insidiosa logica dell’arte, dell’ideologia e del totalitarismo, Mauri esplora la Storia filtrandola attraverso la lente del privato.

VIASATERNA
Via Leopardi, 32
20123 Milano
Italia

T. +39 02 36725378
E. info@viasaterna.com

Orari di apertura:
Lunedì – Venerdì
12.00 – 19.00
Su appuntamento

Dal 17 dicembre 2021 all’1 aprile 2022
Dal lunedì al venerdì dalle ore 12 alle 19

Chiusa dal 24 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022 e il 6 gennaio 2022

Immagine in evidenza: Fabio Mauri, The End, 1960, acrilico su carta, 50×70

16
Nov

DOMENICO GNOLI, la retrospettiva alla Fondazione Prada di Milano

Mi servo sempre di elementi dati e semplici, non voglio aggiungere o sottrarre nulla. Non ho neppure avuto mai voglia di deformare: io isolo e rappresento.
Domenico Gnoli

La mostra si presenta come una retrospettiva che riunisce più di 100 opere realizzate da Domenico Gnoli (Roma, 1933 – New York, 1970) dal 1949 al 1969 e altrettanti disegni. Una sezione cronologica e documentaria con materiali storici, fotografie e altre testimonianze contribuisce a ricostruire il percorso biografico e artistico di Gnoli a più di cinquant’anni dalla sua scomparsa. La ricerca alla base del progetto concepito da Germano Celant è stata sviluppata in collaborazione con gli archivi dell’artista a Roma e Maiorca, custodi della storia personale e professionale di Gnoli.

Questa retrospettiva si inserisce in una sequenza di mostre di ricerca che Fondazione Prada ha dedicato a figure di outsider come Edward Kienholz, Leon Golub e William Copley, difficilmente assimilabili alle principali correnti artistiche della seconda metà del Novecento. L’obiettivo è esplorare la pratica di Gnoli e leggere la sua attività come un discorso unitario e libero da etichette, documentando connessioni con la scena culturale internazionale del suo tempo e suggerendo risonanze con la ricerca visiva contemporanea. “Domenico Gnoli” sviluppa inoltre le intuizioni di chi, in passato, ha interpretato l’artista dal punto di vista storico e critico in modo originale, riconoscendo l’ispirazione che Gnoli ha trovato nel Rinascimento ed evidenziando il valore narrativo delle sue opere.

L’allestimento progettato dallo studio 2×4 di New York per i due piani del Podium evoca la disposizione e le caratteristiche di ambienti museali novecenteschi tracciando prospettive lineari che dividono lo spazio espositivo in una sequenza di nuclei monografici. Le opere dell’artista sono raggruppate in serie tematiche, grazie alle quali è possibile riconoscere come ogni opera abbia generato altri suoi lavori in una coerente direzione espressiva. I dettagli carichi di significato dipinti da Gnoli suggeriscono nella mostra enigmatiche biografie degli oggetti rappresentati e testimoniano la convinzione dell’artista nel perseguire la propria ricerca in una radicale rilettura della rappresentazione classica.

Fondazione Prada
LARGO ISARCO, 2
20139 MILANO
T. +39 02 5666 2611
INFO@FONDAZIONEPRADA.ORG

DOMENICO GNOLI
28 Ott 2021 – 27 Feb 2022

Immagine in evidenza: Domenico Gnoli, Fondazione Prada Milano, 2021. Ph. Amalia Di Lanno

02
Set

ASSONANZE CROMATICHE

In occasione della Milano Design Week 2021, Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili propone un focus sulle recenti realizzazioni di Simone Negri, un progetto espositivo pensato e costruito per esperire un dialogo ravvicinato tra la ceramica contemporanea e gli antichi paraventi giapponesi presenti nella collezione della galleria.
Dal 6 settembre verrà proposta, presso gli spazi espositivi di via Marsala, una selezione di nuove opere dell’artista. La produzione si concentra sulla ricerca di una sintesi tra forma e colore ed è caratterizzata dall’esordio di una palette di pigmenti che, dal nero e dal ruggine precedenti, vira ad una gamma sofisticata di blu.

La mostra sarà visitabile fino al 2 ottobre con i consueti orari di apertura e nel rispetto delle disposizioni ministeriali sulla salute dovute all’emergenza epidemiologica.

Simone Negri nei mesi di settembre ed ottobre, parallelamente ad ASSONANZE CROMATICHE, partecipa a FITTILE: una mostra a cura di Ugo La Pietra, realizzata grazie alla collaborazione tra Triennale Milano e Fondazione Cologni, finalizzata a presentare negli spazi della stessa Triennale una panoramica odierna della realtà ceramica artistico-artigianale presente sul territorio nazionale.

ASSONANZE CROMATICHE
Focus sulla nuova produzione di Simone Negri in dialogo con antichi paraventi giapponesi

Periodo: 6 Settembre – 2 Ottobre 2021
Orari: lunedì 15.30 – 18.30 | da martedì a sabato 11.00 – 18.30

Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili
+ 39 02 655 1681
via Marsala, 4 – Milano

30
Ago

Spazi sensibili

La galleria A arte Invernizzi inaugura mercoledì 15 settembre 2021 dalle ore 17 alle ore 20.30 la mostra Spazi sensibili a cura di Francesca Pola.

La relazione complessa tra spazio e sensorio è il fulcro di questa mostra che presenta insieme Philippe Decrauzat, Riccardo De Marchi, Martina Klein, Arcangelo Sassolino.

Tra le opere di questi quattro autori si possono riconoscere alcuni elementi di analogia: sono caratterizzate da un’essenzialità formale che intende annullare qualsiasi aspetto di espressività in chiave sentimentale ed emotiva e con essa da una radicale e fondante nitidezza materiale ed esecutiva, per cui il metodo operativo è parte fondante e significante, trasparente ed evidente nel suo farsi immagine.

Ciascuno di essi, in modo differente, realizza immagini che possiamo definire spazi sensibili, con i quali il visitatore è chiamato a mettere in gioco la propria fisicità: Decrauzat nelle sue distorsioni percettive di permeabilità dell’astrazione, De Marchi nelle sue traiettorie di buchi che materializzano il vuoto, Martina Klein nelle sue articolazioni plastico-cromatiche sospese, Sassolino nelle sue paradossali tensioni di materia. Sono opere pensate come modulazioni sensibili dello spazio, ma non in una chiave puramente visuale: non esauriscono infatti il loro significato nell’essere osservate, ma richiedono un altro tipo di coinvolgimento. Il visitatore è chiamato a decifrare la loro presenza sensibile attraverso la propria, in un tempo di relazione e assimilazione: non limitandosi allo sguardo, ma percorrendo con il corpo e con la mente le vibrazioni e i respiri di queste immagini, la cui essenzialità complessa diviene luogo di accadimenti sensoriali, in tempo reale.

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere esposte, un saggio introduttivo di Francesca Pola e un aggiornato apparato bio-bibliografico degli artisti esposti.

Note Biografiche
Philippe Decrauzat, nato a Losanna in Svizzera nel 1974, intende minare il campo dell’astrazione nell’intento di spingere la percezione oltre i confini dell’immagine. Attraverso una varietà di media che include murales, sculture, installazioni, opere site-specific e audiovisuali è interessato al rapporto diretto che l’Op art fornisce agli spettatori e al modo in cui influenza le loro menti. Con l’investigazione dello stato dell’immagine propone situazioni che mirano a stabilire un dialogo con il visitatore e a stimolare lo sguardo del pubblico. Vive e lavora a Losanna e Parigi.

Principali mostre in Musei: 2000 Musée cantonal des Beaux Arts, Lausanne 2006 Centre d’Art Contemporain, Genève 2008 Secession, Wien; Bonner Kunstverein, Bonn 2009 Haus Konstruktiv, Zürich 2010 Musée cantonal des Beaux-Arts de Lausanne, Lausanne 2014 Le Magasin, Grenoble 2015 FRAC Île de France, Paris 2019 Blueproject Foundation, Barcelona.

Riccardo De Marchi, nato a Mereto di Tomba nel 1964, realizza opere costituite da traiettorie di fori che attraversano superfici in alluminio, acciaio inox, plexiglass, muro, materializzando una diretta fisicità del gesto iterato, ripetuto, del bucare, che letteralmente trascrive, senza mediazioni e sovrastrutture convenzionali, il mondo come pensiero umano, in tracciati volutamente sospesi tra logica e sensibilità. Riccardo De Marchi rintraccia il mondo riscrivendolo in sequenze di buchi, spazi e volumi e, con lenta e inesorabile coerenza, da decenni fora superfici offrendoci diaframmi di realtà come dispositivi per cogliere il non coglibile. Vive e lavora a Udine.

Principali mostre in Musei: 1993 XLV Esposizione Internazionale d’arte La Biennale di Venezia, Venezia 1994 Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 2005 MART, Rovereto 2009 Villa Pisani-Bonetti, Bagnolo di Lonigo; MACRO, Roma; Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 2011 Palazzo Fortuny, Venezia 2014 Casa Cavazzini Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Udine, Udine 2019 Neuer Kunstverein Aschaffenburg, Aschaffenburg.

Martina Klein, nata a Trier in Germania nel 1962, realizza tele monocrome che vengono appoggiate a muro o installate libere nello spazio. Le diverse monocromie creano piani di colori che definiscono lo spazio e il suo carattere. Martina Klein costruisce la sua opera con diversi strati di colore dove il pigmento a olio e l’uso specifico dei colori conferiscono maggiore luminosità al suo fare pittura. Vive e lavora a Düsseldorf.

Principali mostre in Musei: 1999 Projektraum Kunsthalle Bern, Bern 2000 Das Kabinet, Kunstverein Bremerhaven, Bremerhaven 2004 Rijksmuseum Twenthe, Enschede; Kunstverein Aichach, Aichach 2006 Neue Galerie, Staatlichen Mussen Kassel, Kassel 2008 Kunstraum Alexander Buerkle, Freiburg 2012 Lehmbruck Museum, Duisburg 2016 Museum Weserburg, Bremen 2017 Concept Space, Shibukawa, Japan.

Arcangelo Sassolino, nato a Vicenza nel 1967, parte da un’idea di compenetrazione tra arte e fisica, nel costante interesse per la meccanica e la tecnologia in quanto fonte di nuove possibilità di configurazione della scultura e di indagine sulle energie latenti della materia. Velocità, pressione, gravità, tensione costituiscono le basi di una ricerca rigorosa sempre protesa a sondare il limite ultimo di resistenza e di non ritorno.Vive e lavora a Vicenza.

Principali mostre in Musei: 2001 Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 2005 Kunsthalle Göppingen, Göppingen 2008 Palais de Tokyo, Paris 2009 Peggy Guggenheim Collection, Venezia 2010 Museum Tinguely, Basel 2011 Swiss Institute, New York; MACRO, Roma 2014 Villa Pisani-Bonetti, Bagnolo di Lonigo 2016 Frankfurter Kunstverein, Frankfurt; Contemporary Art Museum, St. Louis 2018 Grand Palais, Paris 2019 Villa Medici, Roma.

A Arte Invernizzi
Via Domenico Scarlatti, 12 20124 Milano Tel. Fax 02 29402855  info@aarteinvernizzi.it

Spazi sensibili – Philippe Decrauzat, Riccardo De Marchi, Martina Klein, Arcangelo Sassolino
a cura di Francesca Pola
Catalogo con saggio di Francesca Pola
15 settembre – 17 novembre 2021

Immagine in evidenza: Philippe Decrauzat, (No Pussyfooting II), 2017 Acrylic on canvas, 193×193 cm. Courtesy A arte Invernizzi, Milan. Ph. Bruno Bani, Milan

26
Lug

La forma dell’oro

BUILDINGBOX presenta dal 3 luglio al 30 luglio 2021 un’opera di Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972), settima artista de La forma dell’oro, progetto espositivo annuale a cura di Melania Rossi, che indaga l’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea attraverso le opere di dodici artisti invitati a misurarsi con il tema prescelto. Le installazioni sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dalla vetrina di via Monte di Pietà 23 a Milano.

Concepita dall’artista site specific, la scultura vuole innescare un gioco sottile tra ciò che è immediatamente visibile e ciò che è assente, tra materiale e immateriale, mandando in cortocircuito il meccanismo automatico con cui interpretiamo un oggetto in uno spazio. La pratica artistica di Delphine Valli ricerca da sempre le tensioni, i confini e le relazioni inaspettate tra l’opera e il luogo in cui si trova, mettendo in dialogo elementi architettonici, parti scultoree, geometrie dipinte e il vuoto come dimensione poetica di osservazione. L’artista crea forme ambigue e instabili, che seppur con un’estetica pulita e minimale, pongono l’osservatore nella “scomoda” posizione di ricercare punti di vista diversi, instaurando un rapporto inedito con la realtà conosciuta. Il concetto di “non definito” è centrale nei lavori di Delphine Valli, il potenziale insito nelle forme aperte favorisce letture e significati multipli che l’artista ricerca senza mai provocare o forzare, ma piuttosto minando, delicatamente, la solidità delle cose. Le installazioni sono spesso accompagnate da testi scritti dall’artista, che ci invitano ad uscire da interpretazioni prestabilite.

Nel caso di Cosmic Attraction, la geometria scultorea sospesa nello spazio della vetrina manca di alcune parti che l’occhio dell’osservatore tende a completare in maniera automatica. Nel notare questo meccanismo della visione, passiamo dall’attenzione al dettaglio alla visione d’insieme e viceversa, cercando strategie percettive per raggiungere un nuovo punto di equilibrio. Il colore oro emerge tra le ossidazioni dell’ottone, ottenute dall’artista usando acidi, fuoco e acqua piovana; le reazioni del metallo possono essere controllate solo in parte e proprio in questa casualità guidata sono sottese la poetica e l’estetica del lavoro. L’oro stesso, che riesce a raggiungere la superficie della Terra dalle regioni più profonde del pianeta, sarebbe stato originato da uno scontro cosmico non ancora del tutto spiegato. Interrogandoci sulla sua natura alchemica, siamo inevitabilmente portati a chiederci da dove veniamo, dove stiamo andando. Il testo Dark Matter – che accompagna l’opera fisica ed è leggibile di seguito e attraverso il QR code stampato sulla vetrina – descrive il nostro camminare nella realtà quotidiana e allo stesso tempo ci invita ad elevare la nostra visione dalla strada fino alle stelle.

Nel lavoro di Delphine Valli l’oro non è mai “vero”, che sia vernice spray, ottone o bronzo, è usato dall’artista per evocare il mistero del cosmo e dell’esistenza.

Niente è meno certo dell’improbabile, meno ovvio dell’imprevisto e a volte tutto è arido, camminiamo per le strade, sui marciapiedi, concepiamo muri, cartelli, semafori, negozi, taxi, ombrelli, ruote, fiori, agende, borse, occhiali, targhe, ecc. non concepiamo nient’altro al di là di questo orizzonte solido e fattuale, sta tutto lì, nel mondo comune – finito, definito, determinato, ineluttabile. Rimaniamo materialisti, per carità, ma per guadagnare un po’ di altezza, ci ricordiamo che siamo su un pianeta, in una galassia, che ci sono cento miliardi di pianeti nella nostra galassia, che ci sono forse due trilioni di galassie nell’universo, lune, comete e stelle a bizzeffe… ma non cambia nulla. Siamo tanto stupidi quanto un martello senza chiodi o un pozzo senza fondo. Delphine Valli

   

BUILDINGBOX dedica la stagione 2021 al progetto La forma dell’oro, un’esposizione in dodici appuntamenti con cadenza mensile, a cura di Melania Rossi. La mostra vuole dare una panoramica sull’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea, attraverso dodici installazioni di artisti che alludono al “re dei metalli” con modalità e pratiche diverse. Definito “carne degli dei” dagli antichi egizi, oggetto simbolo della discordia nel mito greco, l’oro diviene nell’interpretazione cristiana sia emblema della manifestazione divina, sia incarnazione della vanità terrena e dei vizi umani. Un fatto è certo: nel corso dei secoli, questo elemento naturale ha conservato un alto valore espressivo tanto nella sfera del sacro, quanto in quella del profano. Nella tradizione rappresentativa, l’oro è definito da una polifonia di metafore che vanno dal divino al demoniaco, dallo spirituale al materiale, dalla perfezione alla corruzione. Lo spettro della sua potenza simbolica è tale da arrivare persino ad alludere all’assenza, alla negazione dello spazio-tempo e della gravità. I pittori d’epoca medievale e del primo Rinascimento se ne servivano per rappresentare ciò che eccede la realtà materiale e supera l’uomo. L’aura mistica propria di tecniche antiche quali il fondo oro, il lustro e la doratura rappresentano l’imprescindibile punto di partenza per tutti gli artisti che ancora oggi scelgono di inserire quest’elemento nella loro prassi artistica. Che tipo di fascino esercita l’oro nel mondo odierno? A quali scopi se ne serve l’arte contemporanea? Tutti lucenti nella loro doratura, le opere e i lavori site specific degli artisti selezionati da Melania Rossi (in oro vero o falso, oppure in bronzo, ottone, plastica, ceramica, vetro, carta) richiamano inevitabilmente la tradizione storico-artistica, portando al contempo la personale ricerca di ogni autore. Ciascun artista offre infatti un punto di vista diverso sul metallo nobile, osservato con seduzione alchemica o volontà dissacratoria. Alcuni, considerandolo un colore, ne hanno studiato le proprietà pittoriche; altri, considerandolo un materiale plastico, ne hanno indagato le potenzialità scultoree. Altri artisti, invece, hanno operato dei ribaltamenti di senso rispetto ai significati mitici, filosofici e letterari assunti dall’oro lungo le epoche. La forma dell’oro è dunque una mostra fatta di eccezioni: qui, è tutto oro quel che luccica. La mostra si compone di un’installazione al mese per dodici mesi, visibile 7 giorni su 7, 24 ore su 24, nella vetrina BUILDINGBOX. Un confronto senza pause tra diversi ed eccellenti modi di intendere l’aurum, metallo nobile, eterno e incorruttibile nella sua natura più pura.

Cenni biografici
Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972) vive e lavora a Roma dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti in Scultura nel 2002.
La sua ricerca artistica ha origine dalla fascinazione provata nell’osservare l’ambiente circostante; sollecita l’apparente immutabilità delle cose. Esplora le tensioni che si creano tra l’intervento artistico e lo spazio, coinvolgendolo come elemento plastico. Ha esposto il suo lavoro in gallerie e spazi privati, pubblici e istituzionali tra i quali: MANIFESTA13, Maison R&C, Marsiglia; a Roma, AlbumArte, Institut Français, MAXXI, Accademia Nazionale di San Luca, Ex Elettrofonica; Seminaria Sogninterra, Festival Biennale di Arte Ambientale, Maranola (FM); Jade Carving Art Museum, Suzhou, Cina; Digital District, Paris; Ex Convento Domenicano, Muro Leccese; CIAC, Genazzano; Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia; Festival Euromediterraneo, Altomonte; Ninni Esposito arte contemporanea, Bari; MuseoLaboratorio, Città Sant’Angelo.
Insegna Tecniche Performative per le Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Roma.

BUILDING
via Monte di Pietà 23, Milano www.building-gallery.com

La forma dell’oro
a cura di Melania Rossi
da gennaio 2021, 12 artisti in 12 mesi

BUILDINGBOX
via Monte di Pietà 23, 20121 Milano

Visibile 24/7
3 luglio 2021 – 30 luglio 2021

Delphine Valli
Cosmic Attraction, 2021
ottone, argento, acido, fuoco, pioggia 299 x 35 x 35 cm

Ufficio stampa
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Immagine in apertura: Cosmic Attraction Delphine Valli 2021_credito foto Luis Do Rosario