Category: fotografia

07
Feb

L’IMPRONTA DELL’ACQUA. Il Trasimeno tra arte e scienza nell’opera di Roberto Ghezzi

L’impronta dell’acqua, mostra personale dell’artista Roberto Ghezzi, a cura di Mara Predicatori, diffusa in sei diversi spazi di altrettanti comuni umbri, dal 18 febbraio al 16 aprile 2023.

L’impronta dell’acqua è un progetto culturale promosso da Arpa Umbria in collaborazione con Roberto Ghezzi e Mara Predicatori, con il sostegno della Fondazione Perugia, in partnership con l’Unione dei Comuni del Trasimeno, i Comuni di Castiglione del Lago, Corciano, Magione, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Tuoro sul Trasimeno e le associazioni Laboratorio del Cittadino e Faro Trasimeno e che ha visto, ai fini della disseminazione, anche la partecipazione di alcune classi delle scuole del territorio e la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.

L’impronta dell’acqua ha l’obiettivo di introdurre nuove forme di progettazione, nuove modalità di produzione scientifica e artistica, nuovi linguaggi liberi e innovativi per parlare del lago Trasimeno. Una mostra e un progetto complesso che intendono restituire una riflessione sulla rappresentazione paesaggistica e delle sue componenti biologiche e naturali attraverso la sinergia tra la pratica dell’artista, lo studio scientifico-biologico dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – Arpa Umbria – e la rilettura dell’azione in chiave artistica delle pratiche di produzione e rappresentazioni di Roberto Ghezzi. 

Protagoniste del progetto sono le Naturografie© di Roberto Ghezzi, opere inedite che riescono a creare un ponte tra arte e scienza. Si tratta di tele create secondo un processo studiato dall’artista affinché sia la natura stessa a lasciare traccia di sé su supporti collocati nell’ambiente naturale per lunghi periodi. Grazie a questa prassi, Ghezzi è in grado di restituire al pubblico opere di grande fascinazione estetica, ma anche capaci di fungere da matrici di raccolta degli organismi tipici dell’ambiente naturale.
Roberto Ghezzi da anni mappa territori e paesaggi. In due decenni Ghezzi ha realizzato installazioni e ricerche in molti luoghi nazionali e internazionali, legando il suo lavoro a studi sull’ecosistema e sulla biologia in parchi e riserve naturali di tutti i continenti (Alaska, Islanda, Sud Africa, Tunisia, Norvegia, Patagonia, Croazia). In Italia ha realizzato numerosi progetti di ricerca in ogni regione e tipologia di ambiente (Toscana, Emilia Romagna, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Umbria).

Le fasi del progetto: Il progetto ha visto in prima battuta la realizzazione delle opere. Nei mesi di agosto/ottobre-dicembre, intrecciando istanze di ricerca di Arpa e di tipo artistico e pratico, secondo la propria metodologia di lavoro, Roberto Ghezzi ha installato tessuti pretrattati in 4 diversi habitat dell’isola Polvese e altre tele presso la costa di Castiglione del Lago. Una volta che la natura ha compiuto il suo corso e l’artista ha deciso che il processo di formazione delle tele era compiuto, sono state ritirate e si è avviata una fase di studio ecologico e biologico al microscopio da parte di Arpa e una fase di trasformazione dei tessuti in opere adatte per le 6 mostre che si apriranno nel mese di febbraio/aprile 2023.

Da un punto di vista scientifico, l’impronta che la natura ha lasciato su queste tele ha permesso una analisi ecologica da parte di Arpa Umbria, che restituisce una lettura delle peculiarità ambientali ed ecologiche del lago Trasimeno. L’analisi ecologica ha permesso di evidenziare le caratteristiche uniche e particolari del lago e dei suoi abitanti, di evidenziare come l’unicum sia formato da più ambienti ognuno contraddistinto da specifici segni distintivi: la presenza o l’assenza di una specie vegetale o animale, l’insistenza di una architettura o la duttilità di un corso d’acqua, il ruolo dell’essere umano nella tutela o nella distruzione di un ambiente protetto. Lo studio biologico ha esaminato più da vicino le componenti animali, vegetali e minerali che hanno accolto per diversi giorni le tele dell’artista, accettandole nel proprio evolversi, assumendole come parte integrante del proprio divenire. Sulle tele infatti gli insetti si sono riprodotti, le piante hanno trovato supporto per crescere, gli animali matrice per la propria alimentazione. La restituzione di questa integrazione è rappresentata dalle numerose sfumature di colore: ogni organismo ha dipinto la tela con colori brillanti o tenui, secondo il suo essere o il tempo del suo passaggio o del suo permanere. Acqua, aria e terra hanno poi dato il loro contributo spostando, trasportando, rimuovendo, permanendo. 

Da un punto di vista artistico, Ghezzi, pur ancorandosi da un punto di vista scientifico agli specifici habitat in cui interviene e dunque operando secondo una logica site-specific, di fatto porta avanti una ricerca sul linguaggio artistico in sé e più nello specifico una rilettura contemporanea del genere paesaggistico. Come spiega la storica dell’arte e curatrice Mara Predicatori, l’opera di Ghezzi si inquadra nella millenaria riflessione sulla rappresentazione del reale e sulla trasfigurazione che porta con sé. Le tele sono infatti mimetiche rispetto alla realtà che raffigurano (è la natura stessa che lascia la propria materia sulla tela) ma allo stesso tempo, l’immagine non è giammai realistica rispetto al reale ma ne è un rimando simbolico. Nella alchemica collaborazione tra artista e natura risiede il mistero di queste opere, più paesaggio dei paesaggi, eppure di matrice astratta-informale. Un ritorno alla pittura (la logica dei colori, delle trame, la ricerca sul limite tra visibile e non) che tuttavia si innesta sulla pratica performativa, il lavoro site-specific e che nel contrasto tra metodo applicato e arbitrio della scelta creativa sembra eludere il dualismo tra positivismo-romanticismo portando a una terza via di sconfinamento. Nuovi “paesaggi contemporanei” che, a distanza di circa 500-600 anni dalle raffigurazioni in bilico tra paesaggio reale e immaginario del Trasimeno compiute da Beato Angelico (si ricordi la prima raffigurazione del lago nel 1430 nell’Annunciazione presso il Museo Diocesano di Cortona), Perugino e Raffaello, portano a indagare il divenire dell’arte e le plurime matrici linguistiche per farlo. 

Nel mese di febbraio si apriranno le mostre che restituiranno al pubblico i risultati della sperimentazione. Nello specifico, il primo appuntamento è a Castiglione del Lago presso il Palazzo della Corgna di Castiglione del Lago, dove sarà possibile visionare le Naturografie© prodotte in ciascun habitat, installazioni frutto della combinazione di elementi di prelievo e una serie di disegni e rielaborazioni artistiche degli ingrandimenti delle immagini realizzate al microscopio prodotti da Arpa Umbria. 

La mostra, nata come restituzione artistico-poetica e non didascalica, conserverà l’impianto scientifico ed educativo nei rimandi esplicativi presenti tramite QR in mostra e dunque nel sito web dedicato. I risultati del progetto saranno restituiti attraverso una mostra diffusa. Presso Palazzo della Corgna di Castione Del Lago vi sarà una esposizione principale con una restituzione di tutte le Naturografie e opere riferite ai vari habitat campionati. In altri cinque comuni del comprensorio del Trasimeno (Corciano, Magione, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Tuoro sul Trasimeno), saranno visibili invece dei trittici dell’autore, appositamente pensati, che forniranno chiavi di lettura plurime al lavoro grazie alla natura eterogenea degli spazi ospitanti che offrono agganci diversi alla ricerca. 

La restituzione, infatti, pur affrontando l’ambiente lago che fa da legante, di fatto fornirà in modo latente un’esperienza estetico/conoscitiva che rifletterà input diversificati e impressioni di tipo multidisciplinare che nascono dal confronto con la storia e altre opere contemporanee (Centro Informazioni presso il Parco Campo del Sole, Tuoro), la ricerca stratigrafica e le testimonianze del territorio (Museo Antiquarium di Corciano), il rapporto con le pratiche del lavoro (Museo della Pesca di San Feliciano), con la rappresentazione della natura nell’opera storica di Perugino (Chiesa di San Sebastiano di Panicale), con la dimensione documentale anche del lavoro artistico (sala comunale di Passignano) a testimonianza ancora una volta del forte legame che unisce l’arte e la scienza

L’IMPRONTA DELL’ACQUA
mostra personale di Roberto Ghezzi
a cura di Mara Predicatori

progetto culturale promosso da Arpa Umbria
con il sostegno della Fondazione Perugia

Sedi Varie, Regione Umbria: Comuni di Castiglione del Lago, Corciano, Magione, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Tuoro sul Trasimeno.

dal 18 febbraio al 16 aprile 2023

Maggiori info https://limprontadellacqua.arpa.umbria.it e pagina FB L’impronta dell’acqua https://www.facebook.com/profile.php?id=100088579161889

Communication & media relations
Arpa Umbria – Sez. Comunicazione, Stampa e Relazioni istituzionali 0755156240-892 comunicazione@arpa.umbria.it  
Amalia Di Lanno Comunicazione e Relazioni Media Arte – info@amaliadilanno.com 

22
Ago

UNKNOWN UNKNOWS, quello che non sappiamo di non sapere

La mostra tematica, a cura di Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea, è il centro nevralgico della 23ª Esposizione Internazionale, concepita come uno spazio di dibattito e confronto aperto e plurale, dove possano convergere esperienze, culture e prospettive differenti. Unknown Unknowns cerca di rispondere ad una serie di domande su quello che ancora “non sappiamo di non sapere” in diversi ambiti: dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Un’esperienza profonda, che coinvolgendo designer, architetti, artisti, drammaturghi e musicisti, dà la possibilità di rovesciare la nostra idea di mondo. 

Un percorso dai contorni sfumati e permeabili che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali che si confrontano con l’ignoto.

Unknown Unknowns affronta una serie di tematiche tra cui la gravità, considerata “il più grande designer”, un artigiano che modella instancabilmente l’universo cui apparteniamo; le mappe, sistemi attraverso cui orientare traiettorie e percorsi; le nuove sfide della architettura, che si apre a prospettive inedite come quella di abitare lo spazio extraterrestre; fino ai misteri legati allo spazio profondo.

La mostra tematica comprende quattro special commission che Triennale ha affidato all’artista giapponese Yuri Suzuki, alla designer italiana Irene Stracuzzi, al collettivo di architetti statunitensi SOM, e all’artista turco-americano Refik Anadol. Oltre alle opere commissionate, la mostra include una serie di installazioni site specific, tra cui quelle realizzate da Andrea Galvani, Tomás Saraceno, Bosco Sodi, Protey Temen, Julijonas Urbonas e Marie Velardi. 

Lungo il percorso espositivo sono inoltre presenti quattro Listening Chambers, spazi in cui il suono si fa parola e il visitatore può abbandonarsi alle narrazioni di grandi personalità del mondo scientifico. E così il neuroscienziato Antonio Damasio affronta il tema del sé e della coscienza, il fisico teorico Carlo Rovelli quello del tempo, il filosofo della biologia Telmo Pievani riflette sull’origine della vita, la fisica teorica Lisa Randall sul mistero di ciò che sta al di là dei nostri sensi.

Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica – progettato da Space Caviar e realizzato da WASP – è interamente creato attraverso la stampa 3D. È stato prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, sviluppate per questa specifica applicazione architettonica, utilizzando solo materiali di origine naturale, e in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare.

 

Antonio Fiorentino, Dominium Melancholiae, 2014
Courtesy of Antonio Fiorentino e Villa Arson, Nice (France)
Photo: Jean Brasille

Gaia’s stellar motion for the next 400-thousand years
Copyright: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO. Acknowledgement: A. Brown, S. Jordan, T. Roegiers, X. Luria, E. Masana, T. Prusti and A. Moitinho

 

Curatrice:
Ersilia Vaudo

Exhibition project:
Space Caviar, Wasp

Unknown Unknowns
15 luglio – 11 dicembre 2022
Triennale di Milano

Cover Image:The complex terrains of Saturn’s icy-moon Enceladus Credit; NASA/JPL-Caltech

28
Lug

Olafur Eliasson | Nel tuo tempo

Dal 22 settembre 2022 la Fondazione Palazzo Strozzi presenta la grande mostra dedicata a Olafur Eliasson, la cui poliedrica produzione mette al centro il visitatore in una riflessione sull’idea di esperienza condivisa e relazionale della realtà.

Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è il risultato del lavoro diretto di Olafur Eliasson sugli spazi di Palazzo Strozzi. L’artista lavora su tutti gli ambienti rinascimentali, dal cortile al Piano Nobile alla Strozzina, creando un percorso coinvolgente tra nuove installazioni e opere storiche che utilizzano elementi come il colore, l’acqua e la luce per creare un’interazione con nostri sensi e lo spazio rinascimentale. Il contesto architettonico, storico e simbolico del palazzo viene così ripensato esaltando il ruolo del pubblico come parte integrante delle opere.

L’esposizione è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea che il 3 novembre apre al pubblico una mostra dell’artista nei propri spazi.

La mostra è ideata da Olafur Eliasson e promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Studio Olafur Eliasson. Main Supporter: Fondazione CR Firenze. Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo. Con il sostegno di Fondazione Hillary Merkus Recordati, Maria Manetti Shrem, Città Metropolitana di Firenze.

Olafur Eliasson

Olafur Eliasson, 2020. Photo: Lars Borges

L’artista islandese-danese Olafur Eliasson (1967) lavora con la scultura, la pittura, la fotografia, i video, le installazioni e i media digitali. La sua arte è guidata dal suo interesse per la percezione, il movimento, l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità. La sua pratica non si limita ai confini dei musei e delle gallerie e coinvolge il pubblico attraverso progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale.

Dal 1997 le sue mostre personali di ampio respiro sono state ospitate nei principali musei di tutto il mondo. Ha rappresentato la Danimarca alla 50ª Biennale di Venezia nel 2003; nello stesso anno ha presentato The weather project, installazione site specific per la Turbine Hall della Tate Modern di Londra, visitata da più di due milioni di persone. Nel 2014 la mostra Contact ha inaugurato la Fondation Louis Vuitton a Parigi. La mostra del 2015 Verklighetsmaskiner (Reality machines) è divenuta l’esposizione di un artista vivente più visitata di sempre del Moderna Museet di Stoccolma. Nel 2016 Olafur Eliasson ha realizzato una serie di interventi per la reggia e i giardini di Versailles e ha allestito due grandi mostre al Long Museum di Shanghai e al Leeum, Samsung Museum of Art di Seul. Reality projector, installazione site-specific per la Marciano Foundation di Los Angeles, è stata inaugurata nel marzo 2018, lo stesso mese di The unspeakable openness of things, mostra personale al Red Brick Art Museum di Pechino. Nel 2019 si è tenuta presso la Tate Modern In ​​real life, ampia retrospettiva sulla pratica artistica di Eliasson negli ultimi venticinque anni, che nel 2020 ha viaggiato al Guggenheim di Bilbao. Nel 2020 si sono tenute Olafur Eliasson: Symbiotic Seeing alla Kunsthaus Zürich e Sometimes the river is the bridge al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo. Per la mostra Life del 2021, Olafur Eliasson ha rimosso la facciata in vetro della Fondation Beyeler a Basilea e ha creato un’installazione dove l’acqua verde brillante di uno stagno è stata deviata all’interno delle gallerie del museo, insieme a una miriade di piante, anatre e ragni.

Situato a Berlino, lo Studio Olafur Eliasson riunisce un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati.

In copertina: Olafur Eliasson, Firefly double-polyhedron sphere experiment, 2020. Photo: Jens Ziehe. Courtesy of the artist; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York. © 2020 Olafur Eliasson

10
Mag

Last Whispers di Lena Herzog

Last Whispers: Immersive Oratorio for Vanishing Voices, Collapsing Universes and a Falling Tree di Lena Herzog, fotografa e artista americana, è un progetto incentrato sulla tematica dell’estinzione di massa delle lingue.

L’iniziativa, promossa dall’UNESCO, è a cura di Silvia Burini, Maria Gatti Racah, Giulia Gelmi, Anastasia Kozachenko-Stravinsky (Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali – DFBC).

Ogni due settimane il mondo perde una lingua. A una velocità inedita, maggiore di quella dell’estinzione di alcune specie, la nostra diversità linguistica – forse il mezzo più importante della conoscenza di sé – si sta erodendo.

Ad oggi, delle 7.000 lingue superstiti sulla Terra, solo 30 sono usate dalla maggioranza della popolazione. Si stima che almeno la metà delle lingue attualmente parlate sarà estinta entro la fine del secolo. Altre fonti prevedono tempi di sparizione ancor più rapidi. 

Nel tentativo di sensibilizzare in ordine a questo problema, l’Assemblea Generale dell’ONU e l’UNESCO hanno dichiarato il 2022-2032 “Decennio Internazionale delle Lingue Indigene”.

Last Whispers è una composizione sonora spazializzata che unisce discorsi, canzoni, incantesimi e canti rituali con suoni e immagini della natura e frequenze provenienti dallo spazio. Il risultato è un lavoro corale, profondamente moderno e tradizionale al contempo, dedicato al tema dell’estinzione delle lingue su scala globale.

Quest’estinzione è, per definizione, silenziosa, perché è proprio il silenzio la forma che essa assume. Last Whispers dà voce a ciò che è stato ridotto al silenzio: mentre affoghiamo nel rumore delle nostre voci – espressione dei sistemi culturali e linguistici dominanti – siamo circondati da uno sconfinato oceano di silenzio.

Il panorama immersivo di Last Whispers è un’invocazione alle lingue estinte e un incantesimo per quelle a rischio.

Con il generoso sostegno della Jim & Marilyn Simons Foundation, Herzog ha selezionato registrazioni provenienti dall’Endangered Languages Documentation Programme della SOAS University di Londra (ora conservate alla Berlin-Brandenburg Academy of Sciences and Humanities), dalla Smithsonian Institution, dal progetto “Rosetta” e da oltre una dozzina tra i più grandi archivi linguistici del mondo. 

Lena Herzog è una fotografa e un’artista americana, multidisciplinare e concettuale, di origini russe che vive a Los Angeles. Il suo lavoro, riconosciuto a livello internazionale, affronta i temi della ritualità e del gesto, della perdita e della dislocazione. Il suo approccio nasce dall’intersezione tra arte e scienza, intese sia come oggetto di studio che come processo. Nei lavori a stampa Herzog utilizza tecniche fotografiche tradizionali, contemporanee e sperimentali, mentre per i progetti multimediali l’artista impiega tecnologie all’avanguardia nel suono, nell’installazione immersiva e nella realtà virtuale.

La sensibilità artistica di Herzog nell’affrontare le tematiche connesse alla sostenibilità globale, nonché la sua minuziosa e strutturata ricerca documentaria, rendono particolarmente significativa la presentazione del progetto Last Whispers al pubblico veneziano e internazionale.

Last Whispers sarà presentato all’Università Ca’ Foscari Venezia da aprile a settembre 2022, in tre momenti distinti:

  • Una versione immersiva in realtà virtuale potrà essere fruita individualmente, con visori e cuffie, dal 21 aprile al 30 luglio nella Tesa 1 di Ca’ Foscari Zattere – CFZ. Ogni visitatore sarà dotato di un set, che verrà sanificato dopo ogni uso.
  • Un’installazione site-specific di immagini tratte dal progetto sarà esposta nel cortile principale di Ca’ Foscari e aperta al pubblico dal 21 aprile al 30 settembre.
  • Una proiezione audiovisiva del lavoro, su grande schermo, sarà presentata nel cortile centrale di Ca’ Foscari come evento principale dell’edizione di Art Night 2022, che si terrà il 18 giugno.

 

ART NIGHT: LAST WHISPERS – PROIEZIONE AV
18 giugno 2022
apertura ore 18:00 / proiezione ore 21:00
Cortile centrale di Ca’ Foscari
Palazzo Ca’ Giustinian
Dorsoduro 3246

FG COMUNICAZIONE – Venezia 
Davide Federici 
——————————–
info@fg-comunicazione.it
+39 331 5265149
www.fg-comunicazione.it

Ufficio Comunicazione e Promozione di Ateneo
Area Comunicazione e Promozione Istituzionale e Culturale
Università Ca’ Foscari Venezia
T 041 234 8368
comunica@unive.it

15
Mar

ICONOPLAST, progetto transdisciplinare di Sara Bonaventura ed Elisa Muliere

È importante sapere quali storie creano mondi,
quali mondi creano storie”.
Donna Haraway

ICONOPLAST è un progetto transdisciplinare delle artiste Sara Bonaventura ed Elisa Muliere, in collaborazione con Madelon Vriesendorp, artista olandese e co-fondatrice dello studio OMA, a cura di Adiacenze e Anna Rosellini. ICONOPLAST è il racconto di un mondo e di un tempo altro, una speculazione sul futuro del materiale più iconico del nostro tempo: la plastica. A partire dall’ispirazione del lavoro di Vriesendorp, Bonaventura e Muliere si inoltrano nell’immaginazione di uno scenario post-umano, in cui la contaminazione e la mescolanza tra organico e artificiale sono i principi generativi di una nuova specie che si compone e si nutre di scarti di plastica. È un futuro senza esseri umani. Modalità alternative di collaborazione tra le specie e i rifiuti dell’Antropocene sono sorte in una naturale propensione a ripopolare il pianeta. È un futuro di plastica. Non più materia inerte, oggetto di scena dell’attività umana, ma presupposto creativo di nuova vita, soggetto attivo, corpo vivente e partecipe delle dinamiche terrestri.

Nello stadio germinale di questa nuova era, i batteri hanno riconvertito le microplastiche presenti nelle acque del pianeta in petrolio, per poi crescere, proliferare e svilupparsi in simbiosi con questo in organismi sintetici. La vita scaturisce quindi da un ambiente liquido, come l’originario “fluido cosmico nel cui seno tutto comunica, tutto si tocca e tutto si estende” (Emanuele Coccia). È lo scenario dell’opera di Sara Bonaventura, in cui l’artista narra la genesi di questa nuova specie attraverso un video che oscilla tra il documentario scientifico e il racconto mitico, archetipico, dell’evoluzione della vita sulla Terra a partire da una visione microscopica. È forse per quella “sensuale curiosità molecolare” o per quell’“appetito insaziabile” (Donna Haraway) proprio di tutti i viventi, che le comunità microbiche marine si sono unite in un intreccio simbiotico alle microplastiche, trovando del potenziale vitale là dove questo sembrava essersi esaurito. “Le creature si penetrano a vicenda”, scrive la Haraway, “si riavvolgono l’una attorno all’altra e l’una attraverso l’altra, si mangiano, fanno indigestione, si digeriscono in parte e in parte si assimilano a vicenda, e così definiscono degli ordini simpoietici altrimenti noti come cellule, organismi e assemblaggi ecologici”. Allo stesso modo, nell’ICONOPLAST di Bonaventura i microrganismi sono tutti tesi verso una ricerca di intimità e complicità con altre specie e oggetti: a guidarli è la loro attitudine all’interconnessione, a creare spazi di comunicazione e parentele (kin) impreviste.

Dalla dimensione cellulare e informe, le creature di ICONOPLAST emergono dal loro caldo ‘brodo primordiale’ per occupare il pianeta in un inarrestabile slancio vitale. Sono le sculture di Elisa Muliere, che nella sua personale narrazione schizza avanti in un tempo ancora più lontano, verso un nuovo stadio evolutivo. I suoi sono esseri sinuosi, soffici, colorati. Nella loro piacevolezza avvicinano, invitano all’incontro tattile con la loro pelle-pellicola sintetica. I loro corpi sono rigonfi di materia plastica di scarto che qui informa tessuti, muscoli, organi. Tra loro instaurano continui scambi e configurazioni sempre aperte. Si riproducono incessantemente. Si espandono in tutte le direzioni, come fanno le radici nel sottosuolo e le foglie nell’atmosfera per estrarre dal mondo il maggiore nutrimento possibile. Compongono una cosmogonia tentacolare e rizomatica, gioiosa e libera, che va oltre qualsiasi schema riproduttivo binario e chiuso generando una confusione quasi estatica.

Nello spazio espositivo, i due tempi di ICONOPLAST si abbracciano e si intrecciano a formare un ambiente sensuale, mutevole e pulsante, in pieno fermento vitale. Un habitat ancestrale e futuristico insieme che invita all’immersione come anche al gioco, allo stupore. È solo dopo vari passi al suo interno che lo spettatore percepisce il cortocircuito in atto tra la fascinazione e la curiosità iniziale della scoperta di una nuova specie e un certo disagio, uno spaesamento, di fronte alla presa di coscienza della sua assenza e impossibilità di azione in questo futuro che non gli appartiene più. Al tempo stesso, la storia di ICONOPLAST è il tentativo, per Bonaventura e Muliere, di ribaltare punto di vista, di suggerire una narrazione del futuro alternativa allo scenario oscuro, desolante e minaccioso dell’Antropocene. Infatti, la prospettiva qui non è tanto quella del genere umano, presunto regista della vita sulla Terra, quanto piuttosto di quel ‘microcosmo’ che ci precede in termini evolutivi e che, se ci estinguessimo, “sarebbe pronto a espandersi e a modificare se stesso e il resto del mondo senza di noi, come ha già fatto in passato”, come scrive Lynn Margulis. Le artiste ricorrono così alla parabola dell’evoluzione per riconoscere la superiorità creativa di organismi come batteri e vegetali che, nell’elaborare soluzioni evolutive collaborative, sono in grado di abitare e proliferare in ambienti ostili alla vita. ICONOPLAST è metafora di questi altri mondi e altri modi di generare vita e di sopravvivere nella mescolanza. Non è spazio di sovranità, esclusivo, ma luogo della coabitazione e del con-divenire in solidarietà tra organismi viventi e non.

ICONOPLAST è un esperimento di immaginazione in cui si fondono realtà, fatto scientifico, speculazione filosofica e fare artistico. Gli interventi di Bonaventura e Muliere sono solo il primo capitolo di un progetto in fieri che si apre all’ibridazione tra discipline, saperi e competenze eterogenee per farsi terreno fertile di relazione e di invenzione di inedite narrazioni sul futuro del pianeta e della plastica. Immaginare tempi e scenari possibili è la modalità con cui le artiste invitano a riconsiderare la posizione di privilegio dell’essere umano sulla Terra, forma di costruzione attiva di una nuova sensibilità nei confronti di altre specie e oggetti con cui condividiamo più o meno consapevoli lo spazio in cui viviamo.

Testo di Giorgia Tronconi

ICONOPLAST
Sara Bonaventura ed Elisa Muliere con la partecipazione di Madelon Vriesendorp
a cura di Adiacenze e Anna Rosellini
12 marzo – 24 aprile 2022
Sala Ronchini, Museo CAOS, Terni
Sponsor tecnici: Bazzica, Beaulieu Fibres International Terni, Enycs, Faroplast, Lucy Plast
Con il supporto di: Le Macchine Celibi
Partner: La Romita School of Art, HackLab Terni

 

30
Set

Rebecca Horn

The Kunstforum Wien celebrates Rebecca Horn with the first comprehensive retrospective of her works in Austria in almost thirty years.

Curated by Bettina M. Busse, the exhibition focuses on the interrelationships in various media between the diverse genres throughout Horn’s oeuvre and will present a wide-ranging and insightful view into her artistic practice. Rebecca Horn is regarded as one of the most extraordinary and versatile artists of her generation. Horn achieved fame in 1972 as the youngest participant in documenta 5, titled Individual Mythologies, which was curated by Harald Szeemann. Throughout her practice Horn has created a body of work which constitutes an ever-growing flow of performances, films, sculptures, spatial installations, drawings, and photographs. The essence of their imagery comes out of the tremendous precision of the physical and technical functionality she uses to stage her works within a particular space.

Throughout her over fifty-year career, Horn has created her own symbolically charged cosmos in which reality and fiction overlap, and dualisms such as material: spirit, subject: object, and male: female are transgressed. Her works make up an expanding web of objects, motifs, and themes that she revisits in new light. In doing so Horn interweaves numerous traditions of art, literature, and film, along with mythology and fairy tales.

On the occasion of the exhibition, a new catalogue will be published by Hatje Cantz, with texts by Bettina M. Busse, Emma Lavigne, Chus Martinez, and Marta Smolinska, edited by Ingried Brugger and Bettina M. Busse.

Kunstforum Wien, Vienna, Austria
Rebecca Horn

28.09.2021 – 23.01.2022

Cover Image: Ausstellungsansicht Rebecca Horn, Bank Austria Kunstforum Wien, 2021, Foto: Gregor Titze/ Bank Austria Kunstforum Wien © Rebecca Horn, Bildrecht Wien, 2021

 

 

16
Set

Mustafa Sabbagh. Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi

Dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022, La Galleria Estense di Modena e il Palazzo Ducale di Sassuolo ospitano il progetto Spazio disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi,a firma dell’artista contemporaneo Mustafa Sabbagh.

A cura di Federico Fischetti e Fabiola Triolo, il progetto nasce come reazione a una delle fasi più buie vissute dal settore dei musei e della cultura, costretto al silenzio nel pieno dell’emergenza Covid-19. Una cesura lunga e dolorosa, che ha indotto al ripensamento di alcuni specifici aspetti di educazione e di stimolo propri delle istituzioni museali di arte antica nei confronti della società contemporanea. Il desiderio di apertura, condivisione e circolazione di idee ha così abbracciato la strada del dialogo con un artista contemporaneo, alla ricerca di un comune approccio al patrimonio antico. Un approccio obliquo rispetto alle forme tradizionali, fondamentalmente basate sulla filologia, per riossigenare il rapporto tra il museo e il suo territorio – un percorso che le Gallerie Estensi hanno già avuto occasione di sperimentare con successo nel passato, con l’installazione corale Monochromatic Light (Lawrence Carroll, Phil Sims, Ettore Spalletti, David Simpson, Winston Roeth, Timothy Litzmann, Anne Appleby, 2004), divenuta permanente grazie alla donazione Panza di Biumo e oggi parte integrante degli apparati decorativi del Palazzo Ducale di Sassuolo.

Da fertili conversazioni con Mustafa Sabbagh ha dunque preso forma il presente progetto inedito, che si articolerà in due sedi: nel Palazzo Ducale di Sassuolo e nella Galleria Estense di Modena. La doppia sede riflette una duplice posizione, liberamente incoerente, con cui Mustafa Sabbagh intende sollecitarci sul tema del rapporto col nostro patrimonio. A Sassuolo il linguaggio sarà quello proprio dei prodotti di consumo, confezionati e offerti in vendita per un utilizzo indotto e non consapevole, esito difficilmente eliminabile dalla retorica della valorizzazione del turismo culturale. Tre interventi ubicati nel Cortile d’Onore, nell’Appartamento Stuccato e nella Camera dell’Amore riproporranno frammenti di opere d’arte e pitture murali già presenti nella Reggia Estense e risemantizzati dall’artista attraverso fotografia, video e installazioni, offrendosi come medicinali da assumere secondo una specifica posologia, descritta in un apposito bugiardino. A Modena l’approccio è completamente diverso, per riflettere sul valore estetico autonomo delle opere d’arte, rifiutando la passiva semplificazione delle formule di consumo che riconducono tutto a logo, a brand. Anche qui, tre interventi si articoleranno in altrettante sale del museo attraverso i linguaggi della fotografia, del video-mapping, della scultura e dell’installazione prendendo le mosse da alcuni dipinti scelti, da Garofalo a Guercino, e da una scultura barocca della Collezione Estense. Il filo conduttore sarà quello di un erotismo indefinito, vagamente voyeuristico, che attraverso particolari anatomici decontestualizzati dal soggetto e dal suo genere suggerirà di liberare l’istinto e lasciarsi andare a personali ricerche nel mondo figurativo e nelle qualità formali dell’arte antica.

Mustafa Sabbagh nasce ad Amman (Giordania, 1961, vive e lavora in Italia). Italo-palestinese, allevato tra l’Europa ed il Medio Oriente, l’imprinting è cosmopolita, l’attitudine è nomade. Già assistente di Richard Avedon e docente al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, dopo una brillante carriera come fotografo di moda riconosciuta dai magazines più prestigiosi del mondo, a partire dal 2012 Sabbagh concentra la sua ricerca nell’arte contemporanea per mezzo della fotografia e della video-arte, attraverso una sorta di contro-canone estetico dove il punctum è la pelle – diario dell’unicità individuale. Armonia dell’imperfezione, indagine psicologica e studio antropologico attraverso la costruzione dell’immagine e dell’installazione ambientale sono gli stilemi che Sabbagh trasferisce dalle pagine patinate, agli spazi dei musei e delle gallerie più famosi del mondo – tra cui il Musée de l’Élysée di Losanna, considerato tempio internazionale della fotografia.

Spesso protagonista di interviste e documentari che indagano nelle sue visioni, nel 2013 Sky Arte HD, attraverso la serie Fotografi, lo ha eletto tra gli 8 artisti più significativi del panorama nazionale contemporaneo, e nel 2017 Rai5l’ha indicato come il cantore privilegiato del lato oscuro della Bellezzaattraverso il documentario di produzione internazionale The Sense of Beauty. Ad oggi Mustafa Sabbagh è stato riconosciuto, da uno storico dell’arte e della fotografia quale Peter Weiermair, come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo, ed uno dei 40 ritrattisti di nudo – unico italiano – tra i più rilevanti su scala internazionale. Mustafa Sabbagh è stato chiamato a risemantizzare, a dimostrazione che l’arte è un continuum, l’Ebedi Canova (Musei San Domenico, Forlì, 2017), la Venere Pudicadi Botticelli (Palazzo dei Diamanti, Ferrara e Musei Reali, Torino, 2017), la Venere dei Portidi Sironi (Casa Museo Boschi Di Stefano, Milano, 2015) – opere tutte entrate a far parte della collezione d’arte delle suddette istituzioni museali. In seguito alla sua prima mostra antologica XI comandamento: non dimenticare, il Sindaco Leoluca Orlando ha conferito a Sabbagh la cittadinanza onoraria del Comune di Palermo.

Suoi lavori sono presenti in numerose monografie (tra cui About Skin, ed. Damiani, acquisita all’interno della biblioteca di libri d’arte della Tate Gallery, Londra, e XI comandamento: non dimenticare, nelle biblioteche dei più importanti poli museali italiani), in pubblicazioni accreditate internazionalmente (tra cui Faces – the 70 most beautiful photography portraits of all time, a cura di Peter Weiermair), e in molteplici collezioni permanenti, in Italia e all’estero – incluse le storiche Collezione Arte Farnesina, la collezione della Fondazione Orestiadi, la collezione di arte contemporanea del MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo.

Federico Fischetti (Roma, 1977) dopo il dottorato di ricerca in Storia dell’arte è entrato in servizio nel Ministero della Cultura e lavora come curatore alle Gallerie Estensi, dove si occupa delle collezioni d’arte del Sei e Settecento.

Fabiola Triolo (Firenze, 1977) è critica d’arte e cultura, curatrice e responsabile della comunicazione per selezionati artisti. Colonnista dal 2008 per testate di settore, dal 2017 è curatrice editoriale della pubblicazione culturale Ossigeno – Elements of Life.

Le Gallerie Estensi sono un museo diffuso che, seguendo il filo rosso della storia dinastica e collezionistica degli Este, racchiude al suo interno diversi istituti culturali tra le provincie di Modena e Ferrara. Questa caratteristica rende le Gallerie Estensi un modello museale innovativo: una rete di musei sempre in movimento ma allo stesso tempo un “luogo dell’incanto” che offre ai suoi visitatori un itinerario culturale unico.

La Galleria Estense espone la straordinaria collezione d’arte dei duchi d’Este, fra cui opere di pittura, scultura, arte applicata. La Biblioteca è un moderno istituto di rilievo nazionale che unisce la preziosa collezione libraria estense alla ricca Biblioteca Universitaria. Il Museo Lapidario racconta la storia di Modena dalla fondazione romana fino alla modernità, con una vasta collezione monumenti e reperti archeologici. La Pinacoteca Nazionale propone un percorso alla scoperta della pittura ferrarese, nella cornice di Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

Il Palazzo Ducale di Sassuolo è una delle più importanti residenze barocche dell’Italia settentrionale. Il suo aspetto attuale prende forma per volere del duca Francesco I d’Este, che nel 1634 incarica l’architetto Bartolomeo Avanzini di trasformare l’antico castello di famiglia in una moderna dimora extraurbana per la corte. Pitture murali, decorazioni a stucco, sculture e fontane ancora oggi trasmettono il senso dello splendore della corte estense.

Mustafa Sabbagh
Spazio Disponibile – areare il pensiero prima di soggiornarvi
a cura di Federico Fischetti, Fabiola Triolo
dal 17 settembre 2021 al 30 gennaio 2022
vernice: giovedì 16 settembre, h. 10:00, c/o Galleria Estense
Galleria Estense– Largo Porta Sant’Agostino 337, Modena
Palazzo Ducale– Piazzale della Rosa 10, Sassuolo
GIORNI E ORARI DI venerdì 17 settembre e sabato 18 settembre: ore 09.00 – 23.00
APERTURA PER IL domenica 19 settembre: ore 09.00 – 21.00
FESTIVAL FILOSOFIA: ingresso libero e contingentato
GIORNI E ORARI Galleria Estense: dal martedì al sabato, ore 08.30 – 19.30 |
DI APERTURA: domenica ore 10.00 – 18.00 | chiuso il lunedì
Palazzo Ducale: dal venerdì alla domenica, ore 10.00 – 19.00
CONTATTI: Gallerie Estensi tel. +39 059 4395711 – fax +39 059 230196
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09
Ago

straperetana 2021 | The New Abnormal

L’edizione 2021 di straperetana, la quinta, avrà luogo come sempre nel borgo di Pereto, in provincia de L’Aquila. Appuntamento consolidato del programma culturale estivo, il progetto vede la partecipazione di 24 artisti, le cui opere troveranno spazio in diversi luoghi di Pereto; gli interventi artistici creeranno un percorso che– attraversando edifici storici, strade, case dismesse – abbraccerà l’intero borgo, per un’esperienza atipica, legata sia alla fruizione delle opere sia all’esplorazione di Pereto.

The New Abnormal è il titolo scelto per questa quinta edizione. Direttamente ispirato all’ultimo disco della band statunitense The Strokes, uscito nei primi mesi del 2020 nel pieno della diffusione del virus, l’espressione trova una coincidenza con lo “strano” momento che stiamo attraversando, quasi a voler sancire l’avvento di qualcosa di inedito e insieme non conforme, diverso da ciò che conoscevamo. E proprio il concetto di “strano” è una delle categorie che la mostra intende toccare. Punto di partenza è il saggio di Mark Fisher The Weird and the Eerie(2016), nel quale il pensatore britannico cerca di delineare le nozioni di strano (“weird”) e inquietante (“eerie”) nel mondo contemporaneo attraverso una sterminata serie di esempi legati alla produzione culturale (dalla narrativa di H. P. Lovecraft al cinema di David Lynch, passando per autori come Stanley Kubrick, Philip K. Dick, Margaret Atwood).

Fisher identifica con il termine “weird” ciò che è fuori posto, inappropriato, che suscita insieme attrazione e respingimento; ma anche commistioni tra umano e animale, le soglie tra mondi diversi, l’accostamento di termini contrastanti e, in generale, il sorprendente e l’inatteso. L’“eerie” invece si manifesta “quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa”, per usare le parole di Fisher; è un’esperienza diretta di ciò che è ignoto, capace di generare interrogativi le cui risposte oltrepassano i limiti della conoscenza.

In generale, “weird” e “eerie” hanno a che fare con ciò che risulta non conforme alla realtà, irrompendo al suo interno sotto forma di qualcosa di sconosciuto e apparentemente inclassificabile. Fisher trova una forte corrispondenza tra queste manifestazioni e la realtà contemporanea: il perenne senso di crisi e le ombre di un collasso imminente hanno portato in particolar modo negli ultimi anni all’elaborazione di un immaginario grazie al quale tentare possibili via di fuga da un reale percepito sempre meno sostenibile e desiderabile – un sentimento latente, accelerato ma non certo generato dalla pandemia.

In linea con questa visione, l’edizione 2021 di straperetana intende volgere lo sguardo alle zone d’ombra, al perturbante, allo stupefacente. La mostra sarà popolata di opere legate alle idee di metamorfosi e ibridazione, immagini stranianti e misteriose, forme non immediatamente identificabili, soglie da attraversare. A fianco di autori già affermati la mostra vede la presenza di numerosi emergenti, con un focus particolare sulla scena abruzzese grazie anche al coinvolgimento di Matteo Fato, che ha collaborato con Saverio Verini alla ricerca di artisti attivi sul territorio.

“Siamo davvero felici di annunciare questa nuova puntata di straperetana, a margine di un anno complicato, incerto. E ci fa ancora più piacere che coincida con il traguardo delle cinque edizioni, una soglia simbolica e incoraggiante”, affermano gli ideatori del progetto, Paola Capata e Delfo Durante. “L’organizzazione di straperetanaè sempre estremamente impegnativa: al termine della scorsa edizione ci siamo quasi subito messi al lavoro per la mostra del 2021, che speriamo sia ricca di stimoli per il pubblico, ma anche per gli stessi artisti invitati. Il rapporto con un borgo come Pereto genera sempre cortocircuiti inattesi e“colpi di fulmine” negli artisti, che amano trascorrere del tempo in questo luogo; un sentimento ricambiato dal borgo stesso, visto che l’appuntamento è sempre più sentito nel territorio”.

I 24 artisti invitati di straperetana 2021: Giacomo Alberico (Chieti, 1994), Francesca Banchelli (Montevarchi, 1981), Giuditta Branconi (Teramo, 1998), Enzo Cucchi (Morro d’Alba, 1949), Luca De Angelis (San Benedetto del Tronto, 1980), Andrea Di Cesare (Pescara, 1977), Daniele Di Girolamo (Pescara, 1995), Floating BeautyLuca Francesconi (Mantova, 1979), Oscar Giaconia (Milano, 1978), Francesca Grilli (Bologna, 1978), Sacha Kanah (Milano, 1981), Claudia Losi (Piacenza, 1971), Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991), Edoardo Manzoni (Crema, 1993), Paride Petrei (Pescara, 1978), Giulia Poppi (Modena, 1992), Carol Rama (Torino, 1918 – 2015), Andrea Respino (Mondovì, 1976), Moira Ricci (Orbetello, 1977), Giuliano Sale (Cagliari, 1977), Andrea Salvino (Roma, 1969), Gabriele Silli (Roma, 1982), Giovanni Termini (Assoro, 1972).

Le visite alla mostra saranno organizzate per gruppi ristretti di persone, nel rispetto delle attuali norme di sicurezza, in diverse fasce orarie. È gradita la prenotazione all’indirizzo: info@straperetana.org

La mostra è prorogata al 22 agosto 2021. Nelle settimane di apertura, le opere saranno liberamente fruibili dal pubblico nel fine settimana (sabato e domenica), dalle 16.00 alle 20.00; negli altri giorni su appuntamento, che deve essere comunicato all’organizzazione con almeno 24 ore di anticipo.

straperetana  arte contemporanea nella porta d’Abruzzo

un progetto ideato da Paola Capata e Delfo Durante

PROROGATA al 22 agosto 2021

Orari di apertura: sabato e domenica dalle 16.00 alle 20.00
Negli altri giorni aperta solo su appuntamento. È richiesto un preavviso di 24 ore

Titolo: straperetana / The New Abnormal

Artisti: Giacomo Alberico, Francesca Banchelli, Giuditta Branconi, Enzo Cucchi, Luca De Angelis, Andrea Di Cesare, Daniele Di Girolamo, Floating Beauty, Luca Francesconi, Oscar Giaconia, Francesca Grilli, Sacha Kanah, Claudia Losi, Giulia Mangoni, Edoardo Manzoni, Paride Petrei, Giulia Poppi, Carol Rama, Andrea Respino, Moira Ricci, Giuliano Sale, Andrea Salvino, Gabriele Silli, Giovanni Termini

A cura di: Saverio Verini, con la collaborazione di Matteo Fato

Organizzazione: Paola Capata e Delfo Durante

Luogo: Pereto (AQ), sedi varie

Gradita prenotazione: info@straperetana.org- + 39 3351049685
Durata: dal 18 luglio al 15 agosto 2021 PROROGATA al 22 agosto 2021
Orari: sabato e domenica 16.00-20.00; gli altri giorni su appuntamento, prenotazione obbligatoria
Contatti: www.straperetana.org  – info@straperetana.org
STRAPERETANA socialFacebook @straperetana– Instagram straperetana

straperetana si avvale del Patrocinio del Comune di Pereto

Immagine in apertura: Enzo Cucchi, Lingue in bocca, 2017. Bronzo, ceramica, 45x45x27cm, esemplare unico. Courtesy l’artista e ZERO…Milano. Ph. Giorgio Benni

 

09
Giu

Laura Grisi – The Measuring of Time

The exhibition The Measuring of Time, conceived for Muzeum Susch, is the first, wide-reaching retrospective dedicated to the artist who died in 2017. The title of the show derives from a 16 mm film depicting the solitary artist on a sandy beach, amidst who is making a Sisyphean action that apparently has no end, beyond time. Over and above the display of important works from the 1960s through the 1980s and the presentation of documents that are fundamental to the artist’s research and travels, the exhibition will be the occasion for a reconstruction of several environments dedicated to natural phenomena (such as fog, rain, wind, etc.) that have not been on view since the turn of the 1960s and 1970s when they were presented by Laura Grisi.

Occupying a distinct position that is difficult to pinpoint within any single artistic trend of the 1960s-70s, Laura Grisi’s oeuvre now appears as one of the most original and personal cases of conceptual art and diagrammatic thought (both sensory and mental), in which reasoning is shown through icons and by means of visual representations.

In her diverse practice which could be subsumed as revolving around the topic of the ‘journey’ (be that with respect to remote locations she visited or the multiplicity of mediums used), Laura Grisi embodies the sort of stateless and nomadic female subject who defies the politics of identity, the notion of unambiguous representation as well as the unidirectionality of passing time.

Born in Rhodes, Greece, in 1939, educated in Paris and living between Rome and New York, Laura Grisi spent long periods of her life in Africa, South America and Polynesia. This involvement with cultures beyond those of the Western world would leave an indelible mark on her own practice increasingly focused on the search for a cosmic thought or the ‘science of the concrete’, as Levi-Strauss would have it. In the same way, despite choosing photography as the primary method of her research, she subsequently moved to ‘variable painting’ (with sliding panels and neon tubes), followed by dynamic, environmental installations in which she artificially reproduced natural phenomena, in order to ultimately arrive at a descriptive, verbal form and mathematical language as a conceptual tool, which she employed to explore the mechanisms of human perception and knowledge. Laura Grisi’s body of work is a titanic effort to account for the breadth, the multiplicity, the imperceptible nature, as well as the infinite proliferation, of all things possible, the starting point for which are the precise constraints, paradoxical gaps, linguistic and semiotic limitations, in accordance with an approach that is close to the Nouveau Roman, the Nouvelle Vague cinema, and the French Oulipo group.

The tension between the macro and micro scale, between data and the potentiality (the system and contingency, the universal and particular, the past and the future) is enacted each time with radical politics of attention: to the minimal, the marginal, to zero degrees, with four pebbles, the sound of water dripping, the color of mango leaves, the direction of the wind, the perceptive passage between sensations, the sounds made by the movement of ants on the ground. Such extreme attention is always the subject of a solitary anthropological ritual whose cultural coordinates elude us: counting grains of sand, measuring the strength of the wind, distilling sensory perceptions, re-photographing photographs, permuting things and objects, listening to the inaudible – as if the immeasurable was always the ultimate data of an unflagging measuring process, as if signs and languages would be an initial limit of the possible. “Her work – as Lucy Lippard wrote in 1979 – balances between choices and lack of choices. She chooses the usually permutational system and then takes what it gives her”.

Laura Grisi The Measuring of Time

5th June, 3 – 6 PM – December 2021

Curated by Marco Scotini

in collaboration with Krzysztof Kosciuczuk

Muzeum Susch
Surpunt 78
CH-7542 Susch
Switzerland
T. +41 (0)81 861 03 03
E. info@muzeumsusch.ch

http://www.muzeumsusch.ch/

04
Mag

Maurizio Cattelan – Breath Ghosts Blind

Pirelli HangarBicocca presents the solo show by Maurizio Cattelan Breath Ghosts Blind, a unique site-specific project, running from July 15, 2021 to February 20, 2022.

Curated by Roberta Tenconi and Vicente Todolí, the exhibition symbolically represents the cycle of life and gives the audience an insight into collective and personal history, always poised between hope and failure, matter and spirit, truth and fiction.

Over his 30-year-long career, Maurizio Cattelan(b. Padua, 1960), one of the most influential artists of his generation, has staged actions that are often considered provocative and irreverent. His works highlight the paradoxes of society and reflect on political and cultural scenarios with great depth and insight. By using iconic images and a caustic visual language, his works spark heated public debate, fostering a sense of collective participation. Conceiving artworks inspired by images that draw on historical events, figures or symbols of contemporary society—sometimes recalled even in its most disturbing and traumatizing sides—the artist invites the viewer to change perspective and to acknowledge the complexity and ambiguity of reality.

Specially conceived for the spaces of Pirelli HangarBicocca, Breath Ghosts Blind brings together a revised configuration of a historical piece with new artworks for the first time presented in the Navate area, transforming it into a monument beyond time. The solo show unfolds in a series of acts dealing with existential concepts such as the fragility of life, memory, the individual and collective sense of loss. Amongst symbolic references and images that belong to our collective imagery, the unique site-specific project challenges the current system of values.

Breath Ghosts Blind is the culmination of a project the artist has been working on for a long time and it celebrates his return to Milan after more than ten years. Taking place in the city that has already been home to several of his most significant interventions—from Untitled(2004), the debated installation in Piazza XXIV Maggio, to the monumental public sculpture L.O.V.E (2010)—the show pursues Cattelan’s visionary reflections towards the most disorienting aspects of everyday life.

The catalog
The exhibition will be accompanied by a monographic publication encompassing critical essays by Francesco Bonami and Nancy Spector on Cattelan’s practice, together with a conversation between the artist and the curators Roberta Tenconi and Vicente Todolí. Alongside a rich photographic documentation of the exhibited artworks, the volume will also include reflections on themes that emerge in the show through the gaze of philosophers, theologians and writers such as Arnon Grunberg, Andrea Pinotti and Timothy Verdon.

The exhibition program
The exhibition is part of the program devised by Artistic Director Vicente Todolí together with the curatorial department: Roberta Tenconi, Curator; Lucia Aspesi, Assistant Curator; and Fiammetta Griccioli, Assistant Curator. Concurrently, the exhibition Digital Mourning by Neïl Beloufa, on view in the Shed space, is now extended until January 9, 2022

Maurizio Cattelan
Breath Ghosts Blind
July 15, 2021–February 20, 2022

Pirelli HangarBicocca
Via Chiese, 2
20126 Milan
Italy
Hours: Thursday–Sunday 10:30am–8:30pm

T +39 02 6611 1573
info@hangarbicocca.org
pirellihangarbicocca.org

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