Category: fotografia

20
Feb

INTROSPECTIVE WINDOW

“Il potere creativo della mente si sveglia vivace mentre forma il finito dall’indefinito”
Goethe – Howards Ehrengedächtnis

L’arte è la finestra introspettiva sulla nostra interiorità.
Da questa immagine visiva e mentale nasce l’idea della mostra che inaugura sabato 23 febbraio alla Galleria Emmeotto a Palazzo Taverna.
Una finestra da cui ognuno di noi può e deve guardare per perdersi e ritrovarsi, per comprendere non il significato a tutti i costi, ma per conoscere ed entrare in sinergia con una sensibilità altra, per compiere un percorso a ritroso fino all’essenza di un’opera d’arte, mezzo che amplifica il sentire nostro e degli artisti, i quali restituiscono alla realtà più di quello che prendono da essa. Una finestra come luogo di frontiera e, allo stesso tempo, di contatto e fusione tra verità e immaginazione, tra passato e futuro, tra mente e corpo, dove le dinamiche emozionali personali esplorano e cercano un riscontro nella rappresentazione, in un continuo movimento interno che non si ferma mai. Il raccontarsi degli artisti è il viaggio emotivo tra ricerca interiore ed evoluzione materica, all’interno del sé, il percorso di nascita, scoperta, crescita, decomposizione e ri-creazione sotto altre forme, una palingenesi che scrive e riscrive un diario personale, elemento dopo elemento, pagina dopo pagina e si arricchisce di esperienze come una pièce teatrale si infittisce di dialoghi.
Ogni artista in mostra vive il processo creativo in maniera totalizzante, una sorta di catarsi necessaria, che scopre e rivela, con la singolarità del modus operandi, una prospettiva differente, che ci permette di guardare al di là dell’apparenza e di instaurare quell’empatia dalle molteplici sfaccettature che solo la nostra interiorità può generare, ancora di più se ci troviamo ad interagire con gli stimoli dettati da diverse espressioni e linguaggi.
Renzo Bellanca, attraverso una selezione di opere della serie Satellite Map, realizzate con tecnica mista su carta e tela nel 2018, ci accompagna in un percorso stratigrafico tra mappe e paesaggi, ma senza corrispondenze precise. Il sovrapporsi di elementi fisici, interiori e mentali diventa un tragitto di contaminazione tra presente e memoria, in una dimensione astratta e macrocosmica, ma nonostante questo, riconoscibile e intima, che va a occupare gli spazi tra la realtà e l’inconscio, l’immaginazione e il pensiero razionale. Il trattamento e l’interpretazione del colore diventano la bussola del cammino che si dispiega tra confini, limiti, insenature e isole fuori e dentro di noi. Una carta geografica che, ogni volta, si arricchisce di nuovi segni e simboli.
Micaela Lattanzio parte da un’indagine fotografica, rielabora l’immagine da lei realizzata e la rende elemento “pittorico”. Da un minuzioso e attento lavoro che si basa sulla ripetizione del multiplo circolare, arriva alla creazione di un insieme, una nuova prospettiva composta da architetture complesse che avvolgono lo spettatore in suggestioni emotive. Che siano elementi presenti in Natura, come l’inedito dittico Nucleo (2018) o corpi, in essi è proposta una visione introspettiva, uno scenario surreale “fragmentato”, un mosaico che crea una terza dimensione materica e narrativa che va oltre l’estetica e fa riflettere sull’essenza e sull’esplorazione dell’uomo e del suo sentire le forme naturali da cui trae benessere psicofisico .
Nei lavori inediti realizzati per la mostra da Barbara Salvucci, il segno ripetuto e continuo della produzione precedente si fa più intenso, fitto, totale. Il tratto mandalico, in un gioco continuo di pieni e di vuoti, da una meditata e controllata concentrazione dà vita ad una forte irrazionalità emozionale come in un sogno o in una visione onirica, dove tutto sembra ignoto, ma riconoscibile. Il movimento coinvolge, inevitabilmente, chi guarda, a volte in vortici astratti, altre in ondulazioni mantriche fino a spostarlo in uno spazio fisico e interno differente, in particolar modo quando la luce viene meno e l’opera al buio diventa altro al di fuori di sé e di noi, e tutto cambia, la percezione, la vibrazione del corpo e della cognizione.
Bankeri utilizza come medium la carta e la tecnica del collage, in binomio con un’abile capacità di mixare le scelte cromatiche, ed è in questo processo di rigenerazione materica che avviene la trasformazione del messaggio personale. La spontanea meticolosità del gesto artistico ripetuto esalta la potenza visiva. Lo smembramento e il riassemblaggio di un’immagine precedente, un pensiero, un’idea o uno stato d’animo ci permettono di librare in un’inedita cosmogonia di stelle. Seppur la trattazione dello spazio sembra dirompere in maniera casuale e caotica, in realtà, tutto è dettato da una continuità, da una regia dalla voce distinta che va oltre la bidimensionalità della tela, in equilibrio perfetto tra inquietudine e la sensazione inebriante che stia per succedere qualcosa di inaspettato, soprattutto dopo che le opere sono state al buio, senza la luce diretta, e assorbono un’energia diversa che rivela una nuova lettura.
L’apice dell’interazione, nel percorso espositivo della mostra, avviene con lo Star Gate di Penelope, nome d’arte di Chiara Cocchi, una “finestra” di stelle che mette in comunicazione la Natura, la mente, il corpo, ma anche scienza, filosofia e sociologia. Realizzata con vetri, specchi e LED, la sua opera, crea un passaggio verso un’altra dimensione. Partendo da una rappresentazione scientifica dell’Universo, in questo caso una mappa stellare, supportata da un’accurata ricerca non solo tecnico-estetica, ma anche culturale, si arriva ad una comunicazione artistica intensa ed emozionale. Le sue esperienze e storie sono interiorizzate e raccontate attraverso lo spazio-tempo della sua sensibilità in uno scambio continuo tra macro e microcosmo, ed ognuno di noi può affacciarsi al “portale”, infinito” come lo definisce l’artista e guardar(si)e dentro.

NeI processo di creazione, il trasporto interiore plasma la materia, trattata dagli artisti con una sapienza manuale rintracciabile distintamente nelle opere realizzate. Tutti ne affrontano la scomposizione per poi darle nuova vita e significato e dialogano con il nostro sguardo più intimo. Il racconto metaforico scopre l’invisibile per trovare, mediante il gesto, una nuova scala diatonica tra sentimenti e pensieri, realtà e rappresentazione, andata e ritorno. Ed ecco che, dalla finestra introspettiva si diffonde un vortice di affinità elettive che si instaura tra noi, gli artisti, le opere, le vite…quello che vediamo, quello che sentiamo.

INTROSPECTIVE WINDOW
Bankeri | Renzo Bellanca
Penelope Chiara Cocchi
Micaela Lattanzio | Barbara Salvucci
A cura di Valentina Luzi

Palazzo Taverna – Via di Monte Giordano, 36 – 00186 Roma
Opening Sabato 23 Febbraio 2019 ore 18.30
25 Febbraio – 31 Maggio 2019

15
Feb

Ryoichi Kurokawa. Al-jabr (algebra)

FONDAZIONE MODENA ARTI VISIVE è lieta di presentare al-jabr (algebra), prima mostra personale in un’istituzione Italiana dell’artista giapponese Ryoichi Kurokawa, che inaugura venerdì 14 settembre 2018 alle ore 18 alla Galleria Civica di Modena, nella sede di Palazzo Santa Margherita, in occasione del festivalfilosofia 2018 dedicato quest’anno al tema della Verità. A cura di NODE – festival internazionale di musica elettronica e live media che si svolgerà a Modena dal 14 al 17 novembre 2018, l’esposizione raccoglie alcune tra le produzioni recenti più significative di Kurokawa, in un percorso multisensoriale caratterizzato da imponenti opere audiovisive, installazioni, sculture e stampe digitali.

Originario di Osaka ma residente a Berlino, Kurokawa descrive i suoi lavori come sculture “time-based”, ovvero un’arte fondata sullo scorrimento temporale, dove suono e immagine si uniscono in un legame indivisibile. Il suo linguaggio audiovisivo alterna complessità e semplicità combinandole in una sintesi affascinante. Sinfonie di suoni che, in combinazione con paesaggi digitali generati al computer, cambiano il modo in cui lo spettatore percepisce il reale.

Tema chiave della mostra è il concetto di unione, a cui si rimanda il titolo al-jabr, termine arabo da cui deriva la parola “algebra”, che indica appunto la ricomposizione delle parti di un insieme. Le opere in mostra presentano concetti e metodologie quali la decostruzione e la conseguente ricostruzione di elementi naturali (elementum, lttrans, renature), la riconciliazione di strutture divise (oscillating continuum), la rielaborazione di leggi e dati scientifici (ad/ab Atom, unfold.alt, unfold.mod). Tali metolologie ricordano una versione moderna e tecnologicamente avanzata della tecnica del kintsugi, ideata alla fine del XV secolo da ceramisti giapponesi per riparare tazze e vasi: le linee di rottura dei manufatti vengono saldate ed evidenziate dalla polvere d’oro, per rendere la fragilità il loro punto di forza. Il kintsugi non è solo un concetto artistico ma ha profonde radici nell’estetica del wabi-sabi, la visione del mondo tipica della cultura giapponese fondata sull’accettazione della transitorietà delle cose che echeggia anche nella poetica di Kurokawa.

Ne costituisce un esempio la serie elementum (2018): fiori essiccati e pressati che hanno perso la loro bellezza originale sono riassemblati dall’artista e arricchiti da un intervento su vetro creato attraverso un processo di elaborazione digitale dell’immagine che sembra collegare i vari frammenti e dare al fiore nuova vita valorizzandone il processo di decadenza. In maniera analoga le grafiche astratte della serie lttrans (2018), e le sculture appartenenti alla serie renature::bc-class (2015) possono essere percepite come immagini di fiori e insetti ma, avvicinandosi gradualmente, si rivelano un insieme di filamenti e particelle: si tratta quindi di una rappresentazione digitale del vero in cui viene reso visibile il processo di ricostruzione, esattamente come avviene nel Kintsugi.

Kurokawa considera l’osservazione della natura un’analisi scientifica, e negli anni l’interesse per questo tema lo ha portato a coinvolgere sempre più spesso membri di istituti di ricerca nel processo creativo, come nel caso dell’installazione audiovisiva unfold.alt (2016): posta in apertura del percorso espositivo, trae ispirazione dalle ultime scoperte nel campo dell’astrofisica e cerca di tradurre i fenomeni che caratterizzano la formazione e l’evoluzione di stelle e galassie. Per realizzarla, Kurokawa si è avvalso della collaborazione di Vincent Minier, astrofisico dell’Istituto di ricerca sulle leggi fondamentali dell’Universo che fa parte della Fundamental Research Division del CEA-Irfu, Paris-Saclay di Parigi.

In ad/ab Atom (2017) cambia l’ottica dello strumento: dal telescopio si passa al microscopio elettronico a scansione utilizzato per le ricerche sulle nanotecnologie. Realizzata durante una residenza presso l’INL, il Laboratorio internazionale di nanotecnologia iberica di Braga (Portogallo), l’opera è composta da sette schermi ad alta definizione posizionati in maniera elicoidale. Attraverso fenomeni audiovisivi generati dall’elaborazione di materiali quantistici, Kurokawa crea un viaggio nella scala nanoscopica in cui è possibile osservare l’estrema deformazione e astrazione del mondo atomico. Analogamente, la scultura audiovisiva oscillating continuum (2013) unisce l’infinitamente grande dell’universo e l’infinitamente piccolo,  nel tentativo di rappresentare la costante ricerca di equilibrio intrinseca in ogni forza e materia presente nel nostro universo.

Quella di Ryoichi Kurokawa è un’arte che mira dunque a rendere accessibile al pubblico livelli di osservazione del vero altrimenti impossibili da decifrare, suggerendo affascinanti parallelismi con il mondo interiore.Continue Reading..

09
Feb

MKUltra, il nuovo progetto di Mustafa Sabbagh

Wrong Weather Gallery è orgogliosa di accogliere il ritorno di Mustafa Sabbagh all’interno del proprio spazio espositivo, con la presentazione dell’installazione multimediale site-specific MKUltra. L’artista di fama internazionale, che ha fatto della sperimentazione una delle sue cifre più potenti, si appropria della sigla di uno dei progetti più sperimentali – e meno etici – della storia dell’umanità, per sovvertirne concettualmente l’esito attraverso un’arma altrettanto detonante: il gesto artistico. In mostra da Wrong Weather la cristallizzazione di un brainwashing, innescata in un esorcismo muto e serrato tra fotografia e scultura, sclerotizza età e identità incenerendo lineamenti, chiudendo occhi, obnubilando volti. Tutto per un solo scopo: quello di non disinnescare mai il pensiero.

EN below_

Wrong Weather Gallery is proud to welcome the return of Mustafa Sabbagh within its exhibition space, with the presentation of the site-specific multimedia installation MKUltra. The internationally renowned artist, who has made experimentation one of his most powerful features, appropriates the title of one of the most experimental – and less ethical – projects in the history of mankind, to conceptually subvert its outcome through an equally detonating weapon: the artistic gesture. On show in Wrong Weather a brainwashing’s crystallization, triggered in a silent and tight exorcism between photography and sculpture, scleroticizes age and identity incinerating features, closing eyes, obscuring faces. All for one purpose: that of never defusing thought.

MKUltra. Mustafa Sabbagh
vernissage: sat february 9th, h. 17:00:00, in the artist’s presence

#exhibition 9th February – 28th February 2019

WWG opening hours: monday to saturday, 10:30 – 19.30

wrong weather gallery
avenida da boavista, 754
4100-111 porto, portugal

25
Gen

ICA Milano. Apologia della storia – The historian’s craft

Fondazione ICA Milano, a non profit space dedicated to the arts, contemporary culture, research and experimentation, opens its doors in Milan in the name of inclusion, under the direction of Alberto Salvadori.

The Institution inaugurates its program with the collective exhibition Apologia della storia – The historian’s craft, curated by Alberto Salvadori and Luigi Fassi.

ICA Milano has arisen from the passion, the need for discovery and the will for sharing of five people with a great dream: to build an ideal ecosystem for arts and contemporary cultures in which artists are able to find a free space of action where to stage the main urgencies of the intellectual research. The city of Milan, with its natural inclination toward hybrid projects between public and private, has offered the ideal framework to shape this new organism, which opens its space to the public Friday, January 25, 2019. Directed by Alberto Salvadori, ICA Milano is a private foundation merging different energies and protagonists of the art world: artist, collectors, art lovers and professionals. The exhibition and the Institute’s activities represent a dedication to offering the city and general public an opportunity to understand, share and participate in the attitudes and nature of the Institute.

Exhibitions, art publishing, ceramics, cinema, performance, music, literature, seminar activity, education and much more will create a path toward interdisciplinary and transmedial activities. ICA Milano is the expression of a precise “Milanese” identity which historically connects private initiatives with the institutional dimension and finds its inspiration within the “give back” culture, that is to say, through giving back in order to share. Following the model of the pioneering experience held by the first Institute for Contemporary Arts, born in London in 1946 by a collective of artists, intellectuals and philanthropists, ICA Milano will be an active and propositional presence, supporting the most stimulating artistic production of our times and likewise being a breeding ground of ideas.

ICA Milano is pleased to present its first project: the collective exhibition Apologia della storia – The historian’s craft, curated by Alberto Salvadori and Luigi Fassi opening on January 24, 2019. The title of the show is inspired by the foundational book Apologie pour l’histoire ou Métier d’historien written in 1944 (and published posthumous in 1949) by one of the main intellectuals of the modern culture, French historian Marc Bloch. Bloch’s reflection on historiography has led the author to analyse the practical use of history and the historian’s craft. Bloch introduces history as the discipline for knowing the human being in society, which fulfils an interpretative function through a methodology that promotes an approach committed to an equal and respectable representation of all the histories. Stepping away from a typical syndrome of our time, the “judgment mania,” the exhibition unveils hidden stories and provides methodological suggestions in which the recovery of collective memory and its role becomes the central element for each contemporary society. The parallelism between history and art is thus necessary in order to read the two disciplines as complementary elements in human’s knowledge, as a continuous practice of change against immobility that pushes the human being to constantly question him/herself. Through the works and the practices of the invited artists, the exhibition reveals and deepens stratifications, ambiguities and dissonances in history. Such a strategy represents a fundamental moment within the development of the institution and a field of research that will be further investigated in the future activities of ICA Milano’s cultural program.

The exhibition gathers together works by: Yto Barrada (FR-MA), Lothar Baumgarten (DE), James Lee Byars (USA), Nanna Debois Buhl (DK), Ryan Gander (UK), Haroon Gunn-Salie (ZA), Arjan Martins (BR), Santu Mofokeng(ZA), Antonio Ottomanelli (IT), Paul Pfeiffer (USA), Javier Téllez (VN-USA), Mona Vatamanu & Florin Tudor(RO).

Apologia della storia – The historian’s craft
January 25–March 15, 2019

ICA Milano
Via Orobia 26
20139 Milan
Italy

image: ph. Dario Lasagni

16
Gen

Bill Viola / Michelangelo. Life Death Rebirth

In January 2019, we’ll bring together two artists – born centuries apart – who explore the same universal themes with works of transcendent beauty and raw emotional power.

In contrast to the scale and grandeur of his frescoes and sculptures, Michelangelo’s exquisite drawings take us closer to the emotional core of his work. Finished works in their own right, they were created as gifts and expressions of love, or as private and meditative reflections on his own mortality.

In 2006, pioneering video artist Bill Viola saw the finest of a collection of these drawings at Windsor Castle, and was astonished by the Renaissance master’s expressive use of the body to convey emotional and spiritual states. Although created in a radically different medium, Viola’s own works also grapple with life’s fundamental questions, asking us to consider the thresholds between birth, life and death. Both artists harness the symbolic power of sacred art, and both show us physical extremes and moments of transcendence.

This exhibition explores the affinities between Bill Viola and Michelangelo, and is conceived as an immersive journey through the cycle of life. You’ll see a selection of Michelangelo’s most poignant works, including those from Windsor such as his drawings of the Crucifixion, as well as Michelangelo’s only marble sculpture in the UK, the Virgin and Child with the Infant St John (the ‘Taddei Tondo’). From Viola, we feature 12 major installations spanning his entire career, including the extraordinary Tristan’s Ascension (The Sound of a Mountain Under a Waterfall), a five-metre-high projection depicting the ascent of the soul after death.

Royal Academy of Arts
Bill Viola / Michelangelo
Life Death Rebirth
26 January — 31 March 2019

Daily 10am – 6pm
Friday 10am – 10pm

Extended opening hours: open until 9pm on 29 – 30 January and 2 February.

Main Galleries, Burlington House, Piccadilly

 

19
Dic

VICINANZE. Studi per un’idea di attraversamento

Venerdì 20 dicembre alle 18.30, presso il neo-nato spazio Off Gallery in via Raimondo De Sangro, inaugura la mostra “VICINANZE. Studi per un’idea di attraversamento” a cura di Marcello De Masi. In questa occasione di presentazione di un nuovo spazio per l’arte, Chiara Arturo e Cristina Cusani propongono di aprire il dialogo sul concetto di confine e di attraversamento per un’idea di Mediterraneo come luogo di condivisione. Il percorso inizia con un estratto della mostra “Attraverso il Giardino. Due ri flessioni naturali”, presentata lo scorso agosto ai Giardini Ravino di Ischia. “Attraverso il Giardino” rappresentava il prologo di un’idea per l’attraversamento, in cui le due autrici si interrogavano sul concetto di confine come soglia, mostrandone la complessità e partendo dal giardino come primo luogo di ri flessione. Come spiegava il curatore nel suo testo: “Se è vero che il giardino, ovunque nel mondo, signi fica al contempo il recinto e il paradiso, è proprio attraverso le sue soglie che inizia la ricerca delle due autrici. Che sia confine, limite, divisione o frontiera, il  passaggio viene rimesso in discussione: mostra le sue fragilità, le sue ambiguità, viene spezzato, oltrepassato, eppure c’è, resta quasi necessario, anzi chiama l’attenzione, interroga per chiedere una reazione, un intervento, nel tempo: a volte anche lui cerca la sua pace, il suo silenzio. Necessita di una cura. Mostra la complessità attraverso lo scambio delle materie che si incontrano, si toccano, mercanteggiano scambiandosi vita e morte. D’altronde è coerente, perché qui interviene l’eccellenza dell’artista: egli esercita la sua arte nel trattamento dei limiti.” Nella prima fase le due autrici rivolgevano il loro sguardo sul giardino e -selezionando le fotografie dal loro archivio, scavando in una visione già presente nel loro percorso- ponevano le basi per iniziare una ricerca sul riconoscimento e la comprensione del confine-soglia. Adesso proseguono con una fase di confronto, aprendo uno spazio di condivisione e lavorando sulle vicinanze. La mostra, che inaugura giovedì 20 dicembre alla Off Gallery, rappresenta lo stato di passaggio tra due momenti di uno stesso progetto. Le autrici partono dalla necessità di confrontarsi per avviare uno spazio di dialogo. Le fotografie sono piccoli studi e diventano dunque degli spunti per iniziare un discorso, sono immagini che fungono da punteggiatura, da congiunzione e servono ad unire e a tenere insieme. Gli studi si porgono allo sguardo del fruitore in forma di dittico, si osservano in coppia, si pongono come sussurri, bisbigli, in cui è evidente l’inizio di un’analisi del Mediterraneo come spazio di attraversamento.

Chiara Arturo (Ischia, 1984)
Durante gli anni dell’università, in parallelo con gli studi in Architettura alla Federico II di Napoli, si concentra sulla fotografia come mezzo espressivo, con un particolare interesse per il paesaggio. Integra la sua formazione nel campo delle arti visive e inizia a partecipare ad alcune esposizioni collettive. Si laurea con lode con una tesi sperimentale in Landscape Urbanism sulla contaminazione ambientale in Campania. Nel 2012 entra in LAB, il Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci, una masterclass in ricerca personale che cambierà radicalmente il suo approccio alla fotogra fia. Tra il 2014/15 espone con LAB al Festival Internazionale FotoGrafia di Roma e al SIFest di Savignano sul Rubicone. Alla fine del 2014 inizia a collaborare con Antonio Biasiucci come sua assistente. Nel 2015 la prima personale alla Galleria Eloart (Ischia, NA). Nel 2016 entra nella collezione Imago Mundi Campania e partecipa come artista visiva al Live Artena. Nel 2017 espone con Imago Mundi allo Spazio ZAC di Palermo e al Museo MADRE di Napoli; viene selezionata tra gli autori del Festival di fotogra fia contemporanea di Gonzaga ed è invitata a partecipare alla sua prima residenza artistica (BOCs Art di Cosenza). Dal 2017 è rappresentata dalla Galleria Heillandi di Lugano. Nel 2018 entra a far parte della collezione Dimensione Fragile della Biblioteca Vallicelliana di Roma. Attualmente lavora ai suoi progetti personali e su commissione. La sua ricerca personale è incentrata sull’elemento acqua e un’idea di isola, sulla percezione del paesaggio e degli spazi, sull’archiviazione del ricordo, sul modo in cui percezione e archiviazione in fluiscono sulla costruzione dell’immaginario; partendo da un’indagine introspettiva, con metodo cartografico, si focalizza sulle geogra fie del pensiero, le tracce, il viaggio, la visione, le ferite, i paesaggi interiori. Attraverso fotografia, mixed media, video e installazione, esplora temi e condizioni dell’esistenza come il transito e la sosta, l’imponenza dei paesaggi materiali e la loro fragilità, analizza poeticamente ciò che la circonda, il territorio d’appartenenza e le mete raggiunte. Vive a Napoli.

Cristina Cusani (Napoli, 1984
Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione all’università La Sapienza di Roma si dedica allo studio della fotografia prima all’University of the Arts, London College of Communication a Londra, successivamente all’Outside School a Roma e all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Espone in alcune mostre collettive tra cui l’XI Premio Cairo a Milano. Nel 2012 segue il Laboratorio Irregolare con Antonio Biasiucci da cui è nata la mostra itinerante Epifanie, esposta anche durante la XIII edizione del Fotografia – Festival Internazionale di Roma e al SIFest di Savignano sul Rubicone. Nel 2015 viene selezionata per la residenza d’artista BoCs Art dove realizza due opere per il Bocs Art Museo di Cosenza. E’ finalista di importanti premi come il premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee e Un’opera per il Castello ed entra a far parte di alcune Collezioni di Arte Contemporanea come Imago Mundi Art e Dimensione Fragile della Biblioteca Vallicelliana di Roma. Nel 2017 vince il Premio Sidicini per l’Arte Contemporanea e nel 2018 vince il Premio Residenza alla Fondazione Bevilacqua la Masa. Nella sua indagine fotografica utilizza le esperienze quotidiane come punto di partenza per analizzare il signi ficato dell’essere umani partendo da un’analisi personale che si traduce nell’espressione di temi universali. Nelle sue opere la finzione e la realtà s’incontrano, i signi ficati cambiano, il passato e il presente diventano una cosa sola. Utilizzando un linguaggio poetico e talvolta metaforico, realizza fotografie che sono leggibili su più livelli e portano lo spettatore ad interrogarsi, creando in chi guarda una reazione in equilibrio tra il riconoscimento e l’alienazione. Il suo percorso artistico è caratterizzato da una grande sperimentazione di tecniche fotografiche, ma la sua ricerca vuole andare oltre il mezzo utilizzato e per questo comincia ad ampliare i suoi orizzonti artistici progettando opere/installazioni site-speci fic. Attualmente vive e lavora tra Napoli e Roma.

Marcello De Masi (Napoli, 1987)
Fotografo, docente e curatore. Nel 2011 si è laureato in Cinema presso l’Università IULM di Milano; città dove, tra studio e lavoro, ha vissuto per diversi anni. Lavora con Giovanni Chiaramonte da Marzo 2011. È stato Docente di Teoria e Storia della Fotografia – Drammaturgia dell’immagine presso l’Università IULM, la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano e l’Università d’Architettura di Bologna. È cofondatore e socio dell’Associazione Culturale Presente Infinito insieme ad altri cinque amici fotografi (www.presenteinfinito.it). Ha pubblicato i propri scritti e le proprie immagini principalmente tra l’Italia, gli Stati Uniti e la Francia, in riviste, libri e mostre. Porta avanti progetti personali e collettivi principalmente nel campo della fotografia e del cinema, ma che coinvolgono altre forme espressive ed artistiche: tra questi progetti Presente Infinito e Napoli – Nuova Luce. Dopo essere tornato nella sua città natale per alcuni anni tra il 2014 ed il 2017, attualmente vive a Parigi.

“VICINANZE. Studi per un’idea di attraversamento”
fotografie di Chiara Arturo e Cristina Cusani
a cura di Marcello De Masi
Off Gallery – via Raimondo De Sangro, 20 (NA)
Inaugurazione 20 dicembre ore 18:30
Su appuntamento, fino al 14 febbraio 2019

21
Nov

Alessandra Spranzi. Mani che imbrogliano

Mani che imbrogliano è la seconda mostra personale di Alessandra Spranzi alla galleria P420, dopo Maraviglia (2015) e la collettiva Lumpenfotografie (2012, con Hans-Peter Feldmann, Peter Piller, Joachim Schmid e Franco Vaccari). La nuova mostra presenta lavori recenti e altri che risalgono fino al 1995, in una specie di punteggiatura del pensiero, o della visione, che è sempre nel presente, ma che si sviluppa in un ampio arco temporale. Alessandra Spranzi lavora con l’immagine fotografica in modi e forme diverse: fotografando, rifotogrando, raccogliendo, tagliando, indicando, cancellando. Interviene quando le immagini e le cose si allontanano dal loro uso e diventano, per così dire, inconsapevoli di sé, delle proprie possibilità e della propria bellezza. Per Mani che imbrogliano l’artista ha preparato un grande spettacolo di magia fatto di poco, molto poco. Immagini da manuali, di oggetti trovati o raccolti per strada insieme ad altri che animano da sempre le quinte della nostra casa, gesti che mostrano, che provano a spiegare qualcosa. Come Harry Houdini, che proponeva, per 50 centesimi, di insegnare “Come leggere al buio biglietti piegati”. Carte piegate al buio con dentro, forse, un’immagine.

Alessandra Spranzi, è nata a Milano nel 1962 dove vive. Ha studiato alla Scuola Politecnica di Design e all’Accademia di Belle Arti di Brera.
E’ docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Dal 1992 ha partecipato a diverse mostre, sia personali che collettive alla galleria P420, Bologna, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, al Centre National de la Photographie, Ile de France, alla galleria Arcade, Londra, al MAMbo, Bologna, alla Galleria Martano, al Maga, Gallarate, alla, galleria Nicoletta Rusconi, Milano, al Festival di Fotografia Europea, Reggio Emilia, al Museo di fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo, alla Galleria Fotografia Italiana, Milano, al Man, Nuoro, alla Gamec, Bergamo, al Museo Marino Marini, Firenze, alla Galleria Emi Fontana, Milano, al Museo Pecci, Prato, a Le Magasin, Grenoble, al Careof, Cusano Milanino. Dal 1997 ha realizzato numerose pubblicazioni e libri d’artista.
L’ultimo libro, Uova, posate e altri oggetti, è stato pubblicato in occasione di Mani che imbrogliano.

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07
Nov

Hito Steyerl. The City of Broken Windows

Hito Steyerl (Monaco, 1966) è una tra gli artisti e teorici più attivi del nostro tempo e le sue riflessioni sulla possibilità di pensiero critico nell’era digitale hanno influenzato il lavoro di numerosi artisti. Ha rappresentato la Germania alla 56. Biennale di Venezia nel 2015. La sua opera si concentra sul ruolo dei media, della tecnologia e della circolazione delle immagini nell’era della globalizzazione. Sconfinando dal cinema all’arte visiva e viceversa, l’artista realizza installazioni in cui la produzione filmica viene associata alla costruzione di ambienti immersivi ed estranianti. In occasione della mostra nella Manica Lunga del Castello di Rivoli, Steyerl crea una nuova installazione multimediale basata sul suono, sul video e sull’intervento architettonico. Steyerl presenta in anteprima The City of Broken Windows (La città delle finestre rotte, 2018), nata dalla sua ricerca attorno alle industrie di AI (artificial intelligence), sulle tecnologie di sorveglianza e attorno al ruolo che i musei d’arte contemporanea svolgono nella società oggi. L’artista indaga il modo in cui l’intelligenza artificiale influenza il nostro ambiente urbano e come possano emergere atti pittorici alternativi in spazi pubblici. Schermi, finestre, cristalli liquidi e non liquidi si legano tutti insieme in questa nuova installazione, la prima realizzata dall’artista dopo Hell Yeah We Fuck Die (Eh già cazzo moriamo, 2016), nella quale Steyerl esaminava la performatività e la precarietà dei robot. Creata per la Biennale di San Paolo, l’installazione Hell Yeah We Fuck Die è stata recentemente esposta a Skulptur Projekte a Münster (2017), è attualmente in mostra al Kunstmuseum di Basilea ed è stata acquisita per le Collezioni del Castello di Rivoli.

The City of Broken Windows ruota attorno a registrazioni alterate di suoni; come in una sinfonia atonale e disturbante, esse documentano il processo d’apprendimento dell’intelligenza artificiale alla quale viene insegnato come riconoscere il rumore di finestre che si rompono, una pratica comune all’industria e alla tecnologia della sicurezza nella nostra società. Il progetto di Steyerl offre un contributo cruciale e una prospettiva intrigante su come l’immaginario contemporaneo digitale plasmi le emozioni e l’esperienza del reale. Fra l’altro, Chris Toepfer, protagonista della nuova opera, occluderà il Castello di Rivoli con un dipinto trompe l’oeil. Le riflessioni di Steyerl sono contenute nei suoi numerosi scritti. Tra i suoi testi più importanti, ha pubblicato In Defense of the Poor Image (In difesa dell’immagine povera) nella rivista online e-flux nel 2009. Recentemente, i suoi scritti sono stati raccolti in volumi come The Wretched of the Screen (I dannati dello schermo), e-flux e Sternberg Press, 2012 e Duty Free Art. Art In the Age of Planetary Civil War, Verso Press, Londra e New York, 2017, pubblicato in Italia con il titolo Duty Free Art. L’arte nell’epoca della guerra civile planetaria, Johan & Levi, 2018.

La mostra sarà accompagnata da una nuova pubblicazione a cura del Castello di Rivoli per i tipi di Skira e da un simposio sull’intelligenza artificiale che si terrà il 12 dicembre 2018 al quale parteciperà tra gli altri Esther Leslie, Professore di Estetica Politica presso Birkbeck, University of London.

La mostra è realizzata con l’ulteriore sostegno di Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts, Andrew Kreps Gallery, Collezione E. Righi, Marco Rossi, Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

Hito Steyerl. The City of Broken Windows / La città delle finestre rotte
A cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio
1 novembre 2018 – 30 giugno 2019
Inaugurazione: 31 ottobre 2018, ore 19

Castello di Rivoli. MUSEO D ’ A R T E CONTEMPORANEA
Piazza Mafalda di Savoia – 10098 Rivoli (Torino) – Italia
tel. +39/011.9565222 – 9565280 fax +39/011.9565231
e-mail: info@castellodirivoli.org

Ufficio Stampa Castello di Rivoli
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Consulenza Stampa
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06
Nov

Alberto Giacometti. A retrospective

This exhibition surveys four decades of production by Alberto Giacometti (b. 1901; d. 1966), one of the most influential artists of the 20th century. More than 200 sculptures, paintings, and drawings make up a show that offers a unique perspective on the artist’s work, highlighting the extraordinary holdings of artworks and archive material gathered by Giacometti’s wife, Annette, now in the Fondation Giacometti in Paris.  Giacometti was born in Switzerland to a family of artists. He was introduced to painting and sculpture by his father, the renowned Neo-Impressionist painter Giovanni Giacometti. Three heads done of him by the young Giacometti are seen on display here. In 1922 Alberto Giacometti moved to Paris to continue his artistic training, and four years later he set up what was to remain his studio until the end of his life, a rented space of just 23 square meters on the Rue Hippolyte-Maindron, close to Montparnasse. In that tiny narrow room, Giacometti created a very personal vision of the world about him. The human figure is a fundamental theme in this artist’s oeuvre. Over the years, he produced works inspired by the people around him, especially his brother Diego, his wife Annette, and his friends and lovers. The artist said: “For me, sculpture, painting, and drawing have always been means of understanding my own vision of the outside world, and above all the face and the whole of the human being. Or to put it more simply, of my fellow creatures, and especially of those who for one reason or another are closest to me.” Giacometti’s ideas on how to approach the human figure were to become crucial questions of contemporary art for the following generations of artists.

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30
Ott

Jan Fabre: The Castles in the Hour Blue

I Castelli nell’Ora Blu , è la prima mostra personale a Milano dell’artista, creatore teatrale e autore Jan Fabre, curata da Melania Rossi.
In mostra una selezione di lavori – in gran parte in anteprima assoluta perché provenienti dalla collezione dell’artista, e messi ora a disposizione del pubblico- realizzati da Jan Fabre dalla fine degli anni Ottanta, incentrati su due temi particolarmente significativi per l’artista: i castelli e l’Ora Blu. Disegni, collage, film e opere fotografiche compongono un percorso nell’immaginario più “romantico” e poetico, ma sempre radicale e simbolico, di uno degli artisti più interessanti della scena contemporanea.
Se il castello è il luogo della favola romantica per eccellenza, i castelli di Jan Fabre hanno qualcosa di diverso, sono infusi del personale romanticismo dell’artista, che si definisce “cavaliere della disperazione e guerriero della bellezza”.
La tonalità dell’inchiostro Bic ricorda all’artista l’atmosfera di quell’ora speciale tra la notte e il giorno, tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte. L’Ora Blu, teorizzata da Jean Henri Fabre, considerato il padre dell’entomologia, è un momento di totale silenzio e perfetta simmetria in natura, quando gli animali notturni si stanno per addormentare e quelli diurni si stanno svegliando, in cui i processi di metamorfosi hanno atto.
Anche nei grandi formati in mostra, l’attenzione si concentra naturalmente su piccole porzioni di disegno per seguirne le linee ora più lievi, ora più marcate, oppure trova un immaginario punto di fuga negli insetti-foglia applicati sulla carta, che formano profili di torri castellane. Come di fronte al grande telo in seta di quasi diciassette metri (Un Castello nel Cielo per René, 1987) che è esposto all’interno della Basilica di Sant’Eustorgio, al cospetto della scultura nella Cappella Portinari o nell’opera site specific che l’artista ha realizzato sul lucernario di BUILDING, siamo dentro il disegno, che diviene spazio, casa, castello.

Jan Fabre: The Castles in the Hour Blue
a cura di Melania Rossi
22 Sep 201822 Dec 2018

BUILDING
Via Monte di Pietà 23, Milano
Mar – Sab, 10:00 – 19:00

Basilica di Sant’Eustorgio e Cappella Portinari
P.zza Sant’Eustorgio 1, 20122 Milano
Lun – Dom, 10:00 – 17:30
Ingresso Capella Portinari: €6

English below

BUILDING is pleased to present The Castles in the Hour Blue, the first solo exhibition ever held in Milan of the visual artist and theatrical author Jan Fabre. The exhibition, curated by Melania Rossi, will open to the public on 22 September, with site specific installations at BUILDING; it will also feature ad hoc installations in two institutional places of the city of Milan, such as the Basilica of Sant’Eustorgio and the Portinari Chapel.

On view will be a “world premiere” selection of artworks – for the main part, never seen before since part of the artist’s collection, now available to the public for the very first time – made by Jan Fabre since the late Eighties, focused on two themes which are particularly important to the master: castles and the Hour Blue. Drawings, collages, videos and photographic works bring together a journey in the most “romantic” and poetic – but always radical and symbolic – imagery of one of the most important artists on the contemporary scene. The aesthetic and ethical fusion of the two themes in the conception of Jan Fabre, declared in the title of the show, is evident in the exhibited artworks, starting from Tivoli(1990), one of the works that consecrated the artistic career of Jan Fabre at an international level. In this case, Fabre had completely covered the Tivoli castle (Mechelen) in sheets all drawn in blue Bic, which had been left transforming under the sun light and bad weather. A real architectural performance that the artist had been recording during day and night, releasing a 35 mm short movie that will be on view at the gallery. “Sometimes the castle has a purple reflection, sometimes more towards the red, then a silvery glow, to then turn into intense blue bic again. (The sculpture-drawing trembles and lives with its enigmas)”, Fabre writes in his nocturnal diary during the realization of the work.
The tone of the Bic ink reminds the artist of the atmosphere of that special hour between night and day, between sleep and awakening, between life and death. The Hour Blue, a sublime moment of complete silence and perfect symmetry in nature, when nocturnal animals are about to fall asleep and the diurnal ones are waking up, in which the processes of metamorphosis take place. Theorized by Jean-Henri Fabre, considered the father of entomology, the Hour Blue has inspired Jan Fabre a production of Bic pen drawings of different sizes, but it is mostly in the large works that the eye is completely immersed in the dense blue lines, where it is difficult – if not impossible – to embrace the work in its entirety. The drawing, in this production by Fabre, acquires a dignity which is not only autonomous but also three- dimensional, becoming sculpture, architecture; it is not a mere preparation for a painting or a draft sketch for a sculpture, it is an immersive artwork that reveals the most intimate, true and instinctive feeling of the artist’s thought. On this idea Jan Fabre has been working since his beginnings, since the birth of his “bic art”. “I want my viewers to be able to abandon themselves to the physical experience of drowning in the apparently calm sea of my blue bic drawings”, the artist writes in 1988. Even in the large formats on display, the attention is naturally captured by small portions of drawing in order to follow the lines, now subtler, now more marked, or it finds an imaginary point of escape in the leaf-insects applied on the paper, which form profiles of castle towers. As in front of the large silk installation displayed inside the Basilica of Sant’Eustorgio, in presence of the sculptures in the Portinari Chapel or in front of the site specific work that the artist will make at BUILDING, we are inside the drawing, which becomes space, house, castle. If the castle is the place of the romantic fairytale par excellence, Jan Fabre’s castles have something different, they are infused with the personal romanticism of the artist, who defines himself “a knight of despair and a warrior of beauty”. The first aim, the only creed of the artist, is to defend the beauty and fragility of art. Jan Fabre is a contemporary knight who makes castles in the air, castles of cards, rests in his castle and dreams. Tivoli, Wolfskerke, Monopoli, are the castles on which the artist has taken action with his blue sign and which are represented in the artworks on display, covered in the typical light of that special moment in which we can dream of owning a castle, still being in a chivalrous era made of values for which to fight strenuously. The “way of the sword” is “the way of the art”, the true avant-garde of the artist who, while dreaming, draws, writes and invents a personal universe starting from the great tradition that precedes him. Fabre fights to the point of exhaustion in defense of the most authentic, tragic, mad and heroic spirit of the artist and of the man.

Basilica of Sant’Eustorgio and Portinari Chapel
Mon – Sun, 10:00 AM – 5:30 PM
Entrance to Portinari Chapel: €6
P.zza Sant’Eustorgio 1, 20122 Milan

Jan Fabre: The Castles in the Hour Blue
Curated by Melania Rossi

Tue – Sat, 10 AM – 7 PM

Additional venues:
Basilica of Sant’Eustorgio
Portinari Chapel