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Feb

Mythographie. Polaroid by Maurizio Galimberti

A cura di Alessia Carlino

Opening 10 marzo 2016 ore 19
11 marzo › 10 aprile 2016

SPAZIOMR arte e architettura presenta Mythographie Polaroid by Maurizio Galimberti il primo progetto espositivo che apre i battenti della nuova galleria ideata dall’architetto Marco Riccardi e dedicata al contemporaneo sotto la curatela di Alessia Carlino.
Mythographie è il racconto in polaroid di tre importanti città mondiali: Roma, Parigi, New York che divengono nella fotografia di Galimberti non solo la rappresentazione di un immaginario collettivo, bensì la visione creativa di un artista che con la sua particolare tecnica compositiva ha saputo coniugare la ricerca del movimento, tipico dell’avanguardia futurista, al racconto narrativo di matrice sperimentale. La fotografia di Galimberti registra l’istantaneità dello sguardo, i suoi mosaici costruiti attraverso l’utilizzo di polaroid rispecchiano la volontà di voler narrare allo spettatore una storia: la verità di un incontro, l’interiorità di una persona, le prospettive ardimentose di un paesaggio. In questo procedimento tecnico ed estetico l’artista mantiene in vita la poeticità del mondo circostante attraverso la testimonianza di chi è stato soggetto delle sue opere, un lirismo che lascia spazio al sentimento di indefinito, a una sorta di sospensione che accompagna le immagini e che investe l’osservatore di un piacere latente, di un tessuto emozionale che si basa anche sulla ricerca di brandelli di assenza. Un maestro della fotografia contemporanea, un artista che ha costruito il proprio linguaggio attraverso la sperimentazione visiva ed estetica.

Scrive Roland Barthes nel suo celebre saggio intitolato La Camera chiara: “Un dettaglio viene a sconvolgere tutta la mia lettura; è un mutamento vivo del mio interesse, una folgorazione. A causa dell’impronta di qualcosa, la foto non è più una foto qualunque. Questo qualcosa ha fatto tilt, mi ha trasmesso una leggera vibrazione, il passaggio d’un vuoto. Malizia del vocabolario: si dice ‘sviluppare una foto’, ma ciò che l’azione chimica sviluppa è l’insviluppabile, è un’essenza di ferita, è ciò che non può trasformarsi, ma solo ripetersi in forma di insistenza”.

Si potrebbe parlare del lavoro di Galimberti come la narrazione di un’immobilità viva, le sue immagini, frutto di molteplici contaminazioni e della personale volontà di donare ad ogni scatto l’immortalità di un tempo futuribile, si appropriano di un contesto familiare, noto ai più, ma che inevitabilmente allude a una nuova prospettiva, ad un’inedita declinazione dello sguardo.Continue Reading..