Tag: prometeo galley

12
Apr

Gabriella Ciancimino. La Stanza dello Scirocco

a cura di Daniela Bigi
dal 17 marzo al 12 maggio 2016

Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare la prima mostra personale di Gabriella Ciancimino, dal titolo LA STANZA DELLO SCIROCCO (THE ROOM OF SIROCCO).

“I wish I could’ve been a bird, so I could have flown back and forth between here and there to be with everyone”*. Lo scriveva intorno al 1920 una donna del Sud Italia che frequentava i più radicali ambiti politici newyorkesi. Gabriella Ciancimino, siciliana, prende in prestito queste righe anonime per introdurci alla sua Stanza dello Scirocco.

L’architettura settecentesca annoverava in Sicilia, nelle dimore aristocratiche di campagna, dei confortevoli ambienti sotterranei, spesso decorati, che nei periodi estivi costituivano il più accogliente rifugio per sfuggire al caldo torrido portato dai venti di sud-est. Erano dette “camere dello scirocco”, ove la temperatura si abbassava grazie alle correnti di aria fresca che si generavano con lo scorrere dell’acqua, reso possibile dal sistema idraulico arabo dei qanat. Erano stanze che offrivano un refrigerio e che Ciancimino richiama oggi come metafora di una condizione di libertà. L’artista conduce da tempo un’indagine intorno alle dinamiche di adattamento, di interazione e di auto-organizzazione dei flussi migratori di esseri umani e piante che legge come fenomeni di modificazione del paesaggio in virtù del loro oltrepassare i confini territoriali dei luoghi. Il paesaggio al quale pensa è essenzialmente un “luogo” di riflessione, ma anche di salvaguardia della memoria storica e insieme di azione collettiva. Il suo lavoro ha avuto luogo in paesaggi differenti, il Marocco, la Sicilia, la Turchia e racconta di “coloro che vengono da lontano” e arrivano in quelle città portuali che lungo i secoli hanno mantenuto la funzione di gate d’ingresso per i flussi migratori. Ad affascinarla è l’atteggiamento libertario di uomini, donne e organismi vegetali, dei quali cerca di rintracciare quelle micro-storie che, nel passato come nel presente, si possano ricollegare alla grande storia della resistenza, storica per gli uni, biologica per gli altri. A guidare questo nuovo progetto intervengono in particolare due input, il concetto di “ecologia sociale” formulato da Murray Bookchin nei primi anni settanta e perfezionato nei decenni successivi con progressivi sviluppi, e lo specifico concetto di “furor” che Giordano Bruno teorizza nei suoi Eroici Furori. È in queste pagine che Ciancimino incontra la spiegazione di quella concezione dell’amore “eroico”, dell’amore dell’uomo per la natura, che più si avvicina alla sua idea di “amore furioso”, quello che permette ai liberty flowers di resistere. I fiori resistenti, i Liberty Flowers, sono da anni al centro del suo operare, in termini sia di concentrazione figurale che di rimando simbolico. Sono i fiori delle piante endemiche, i fiori delle erbacce, che migrano, attecchiscono e crescono rigogliosi in terre sconosciute, lontani dai terreni di origine, in condizioni per lo più inospitali. Sono gli stessi fiori del terzo paesaggio, portatori di istanze di libertà e di resistenza. Un banner di seta con su scritto “The Liberty Flowers love to resist, the Resistant Flowers resist for love” accoglie lo spettatore all’ingresso della mostra e fornisce la chiave di lettura dei wall drawings, delle tele, dei disegni, della proiezione e delle sculture de La Stanza dello Scirocco (The room of Sirocco). L’artista l’ha pensata come una sintesi di pensiero ecologico, antropologico e libertario e l’ha realizzata attraverso un linguaggio che si muove contemporaneamente su più livelli, frutto a sua volta della contaminazione tra disegno, graffiti, graphic design, video e gli stilemi architettonici e decorativi che hanno intriso la cultura visiva siciliana dalla tradizione arabo-normanna fino al Liberty – uno stile, quest’ultimo, che nel suo ispirarsi alla natura e agli elementi strutturali che la intessono, viene assunto quasi con il valore dello slogan, viene scelto come angolazione privilegiata dalla quale guardare all’uomo. Le contaminazioni, le stratificazioni, le coesistenze si ritrovano innanzitutto nei disegni, The Flow of Flowers, in cui la sovrapposizione di differenti livelli grafici – ottenuti con matite, acquarelli, con texture derivate da inchiostro su bottoni di metallo come fossero timbri su carta – restituisce la ricchezza dei segni e degli immaginari delle tante culture che più o meno pacificamente si sono sedimentate in terra siciliana, ma anche, e su altri piani, nel bagaglio biografico dell’artista. Ma The Flow of Flowers non si può considerare soltanto un insieme di disegni, dobbiamo leggerlo come unpaesaggio storico, costruito accostando alcuni tra i più famosi poster delle rivolte susseguitesi tra il 1968 e la rivoluzione in Egitto. L’artista modifica l’iconografia del pugno chiuso che è presente nella maggior parte dei poster ruotandola in un gesto di offerta dell’adonis annua l., un fiore rosso proveniente dall’area mediterranea comunemente conosciuto come “Red Morocco”, un’erbaccia dissidente, che l’uomo ha combattuto fin quasi a portarla all’estinzione.

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21
Gen

Sandra Vásquez de la Horra. El Canto del Desierto

Sandra Vásquez de la Horra
El Canto del Desierto

Inaugurazione 20 Gennaio 2016, ore 19
Opening January 20, 2016 at 7pm
20 Gennaio – 10 Marzo, 2016 / January 20 – March 10, 2016
Via Ventura, 3 Milan 20134 Italy

Prometeogallery è lieta di presentare la prima mostra personale in Italia di Sandra Vasquez de la Horra: El canto del desierto.
Le opere, disegni e sculture rievocano miti e leggende popolari che provengono dalla tradizione afro-latinoamericana della mitologia Yoruba e attingono al repertorio personale delle memorie e del vissuto dell’artista, in un alternarsi continuo di citazioni ed elementi che richiamano alla cultura europea da una parte e a quella latinoamericana dall’altra.
Nonostante abbia scelto l’Europa come sua patria elettiva l’ opera di Sandra Vasquez de la Horra è profondamente legata alla cultura e all’iconografia della sua terra di origine, il Cile.
Con la sua opera l’ artista intende superare il concetto di testimonianza storica e antropologica: esprime graficamente la complessità del proprio intimo, il senso di ambiguità, disegnando figure la cui identità resta intrappolata in una sorta di incompiutezza ; esseri morfologicamente e intimamente destabilizzanti all’occhio dello spettatore, situati tra il sogno e la visione, il sacro e il profano, a volte grotteschi e caricaturali, altre volte leggiadri e delicati.
Il processo di produzione dei suoi disegni è esso stesso molto suggestivo. L’artista immerge infatti i fogli di carta nella cera d’api, come fosse un rituale magico che rafforza il potere evocativo di ciò che è rappresentato, e conferisce all’immagine la sostanza materiale e il valore simbolico della reliquia e allo stesso tempo cristallizza il sentimento da cui scaturisce l’opera stessa.
La proiezione di un’immagine mentale, di un luogo dello spirito, diviene icona, capace di trascendere il sentimento individuale della sua indefinitezza sostanziale.Continue Reading..

09
Giu

Michelangelo Consani. Le Cose Potrebbero Cambiare

Michelangelo Consani
Le Cose Potrebbero Cambiare

curated by Matteo Lucchetti

Inaugurazione 11 Giugno, 2015 / Opening June 11, 2015
11 Giugno – 31 Luglio, 2015 / June 11 – July 31, 2015

La Prometeogallery di Ida Pisani è lieta di presentare “Le cose potrebbero cambiare”, la prima personale di Michelangelo Consani presso i suoi spazi di Via Ventura, a cura di Matteo Lucchetti. La mostra si sviluppa sull’intreccio di una serie di ricerche recenti dell’artista, il quale, a partire dalla ricontestualizzazione di alcune opere esistenti, presenta una serie di nuove produzioni che portano i temi della decrescita e del nucleare in un dialogo fatto di rimandi continui all’immaginario collettivo e alle molte contro-narrazioni che lo contraddicono.

Il Giappone si rivela ancora una volta un caso studio preferenziale nella costruzione di scenari futuri, frutto della comprensione di tutte le tragiche cadute della modernità e della critica serrata ad una cieca visione ottimista sul concetto di progresso. Dalla grande locandina cinematografica fatta eseguire a Saigon raffigurante Godzilla, il mostro icona del post Hiroshima e Nagasaki, al video dei maiali abbandonati a Fukushima, passando per i monocromi fatti di alghe nori contaminate su tavola, il Paese del Sol Levante è tanto un tramonto dell’umanità dal quale apprendere, quanto un moto perpetuo di resilienza che sposta continuamente i limiti dell’accettabile. Sullo sfondo emerge la questione ambientale come territorio politico, nel quale i percorsi di sostenibilità diventano pratiche di resistenza quotidiana, mentre i modelli esistenti rimangono ancorati ad insostenibili equilibri figli della guerra fredda e delle sue logiche.Continue Reading..