Tag: Mauro Zanchi

02
Mag

Infrasottile. L’arte contemporanea ai limiti

“Oggi prendiamo immagini da qualsiasi parte, le copiamo, le ritagliamo, le montiamo con pezzi di altre, o le lasciamo tali e quali e le facciamo circolare perché ci piacciono, vi abbiamo visto qualcosa che vogliamo condividere. D’altro canto la società dello spettacolo è diventata così pervasiva che tutto si fa per immagine, alla televisione o sulla Rete, e distinguere il senso dal vacuo o la sincerità dalla finta o dalla falsità è diventata questione più che sottile. E ancora: droni e cloni, robot e avatar stanno diventando realtà diffusa. In arte: morte dell’autore, morte dell’arte, diuna determinata concezione dell’arte, fine delle avanguardie, creatività diffusa, contraffazione, dispersione, formattazione…”

Infrasottile è il più recente libro di Elio Grazioli, edito da Postmedia (Milano 2018), il quale tratta dell’arte come capacità dell’artista di vedere e di mostrare diversamente la realtà. Al centro sta la nozione duchampiana di inframince. Essa indica innanzitutto ciò che è all’estremo della percezione, del discernibile, della differenza, ma senza essere né l’invisibile, né l’indiscernibile, né il trascendente, ma invece una presenza al limite, un possibile ma reale, o una compresenza di due stati che «si sposano», dice Duchamp, dando vita a un terzo tutto da cogliere. Attraverso i suoi diversi caratteri si disegna un percorso particolare dell’arte degli ultimi decenni, trasversale, non rispondente a movimenti e tendenze, fatto invece di affinità, di atteggiamento, di sensibilità e di pensiero. Da Rauschenberg, Johns, Warhol, a Nauman, Asher, Barry, Huebler, agli artisti più recenti, Gonzalez-Torres, Dean, Huyghe, Jan Ader; dalla ripetizione alla tautologia, dalla copia al reenactment, dal concetto alla performance, alla fotografia, l’arte ai limiti di ogni aspetto dell’arte.

La mostra presentata da BACO è una prospettiva di lettura dell’Infrasottile, che si snoda su tre livelli: uno storico con un collage di estratti da video di artisti storici; il secondo con due invitati d’eccezione con un video ciascuno, Ange Leccia e Eric Baudelaire; il terzo con un panorama italiano più vasto, con opere e installazioni di Franco Vimercati, Davide Mosconi, Marina Ballo Charmet, Alessandra Spranzi, Luca Pancrazzi, Amedeo Martegani, Eva Marisaldi, Luca Vitone, Gianluca Codeghini, Aurelio Andrighetto, Giovanni Oberti.

In occasione dell’apertura della mostra, Elio Grazioli e Gianni Romano, editore di Postmedia, introdurranno il libro.

Elio Grazioli, critico d’arte contemporanea e fotografia, insegna Storia dell’arte contemporanea all’Università degliStudi e all’Accademia di Belle Arti di Bergamo. è stato direttore artistico della manifestazione “Fotografia Europea” a Reggio Emilia dal 2007 al 2017. Dirige con Marco Belpoliti il semestrale monografico Riga (Marcosy Marcos editore), di cui ha curato in particolare i volumi dedicati a Marcel Duchamp (1993), Alberto Giacometti (1996), PabloPicasso (1996), Constantin Brancusi (2001), Francis Picabia (2003), Kurt Schwitters (2009), AndyWarhol (2012), Le scarpe di VanGogh (2013), e con Riccardo Panattoni il semestrale di cultura visiva Imm’, di cui ha curato i volumi intitolati Not straight (2015), Sovrapposizioni (2016), Live (2017). Tra le sue pubblicazioni: Corpo e figura umana nella fotografia (B.Mondadori,1998), Arte e pubblicità (B.Mondadori, 2001)La polvere nell’arte (B.Mondadori, 2004), Piero Manzoni (B.Mondadori, 2007), Ugo Mulas (Bollati Boringhieri, 2010), La collezione come forma d’arte (Johan&Levi, 2012), Davide Mosconi (Tri.pli.co., 2015), Duchamp oltre la fotografia (Johan&Levi, 2017).

INFRASOTTILE. L’ARTE CONTEMPORANEA AI LIMITI
fino al 19 maggio 2018

Eric Baudelaire | Ange Leccia | Franco Vimercati | Davide Mosconi | Marina Ballo Charmet | Alessandra Spranzi | Luca Pancrazzi | Amedeo Martegani | Eva Marisaldi | Luca Vitone | Gianluca Codeghini | Aurelio Andrighetto | Giovanni Oberti |
A cura di Elio Grazioli, Mauro Zanchi e Sara Benaglia

BACO (Base Arte Contemporanea Odierna)
Palazzo della Misericordia, Via Arena 9, Bergamo
Apertura Sabato e domenica 10.30-12.30 e 14.30-17.00

Immagine: Alessandra Spranzi, Fogli sul tavolo #2 (da Selvatico o colui che si salva), fotografia a colori, formato 50×70 cm, edizione 5 + 2 p.d.A., 2008

27
Mag

Francesco Pedrini. Amplitude

Amplitude è un momento del percorso di ricerca di Francesco Pedrini, nato dall’esigenza di comprendere e contenere il cielo.
Dal 2009 l’artista bergamasco cerca di fermare il contemporaneo infinito ridisegnando tutte le stelle della volta celeste. L’incontro con specie di telescopi acustici apre a una ulteriore dimensione di confronto, mediata da poetici strumenti di ascolto del cielo. La cecità gestuale e ottica genera un cortocircuito assoluto. L’illustrazione del buio della contemporaneità del filosofo Giorgio Agamben guida come un faro la ricerca sulle dimensioni dello spazio di Pedrini: “Nell’universo in espansione, le galassie più remote si allontanano da noi a una velocità così forte che la loro luce non riesce a raggiungerci. Quel che percepiamo come il buio del cielo è questa luce che viaggia velocissima verso di noi e tuttavia non può raggiungerci, perché le galassie da cui proviene si allontanano a una velocità superiore a quella della luce. Percepire nel buio del presente questa luce che cerca di raggiungerci e non può farlo, questo significa essere contemporanei”. Lo spostamento verso la chiusura degli occhi, nel tentativo di ascoltare il cielo, è conseguenza dell’incontro fallimentare con un infinito che per essere approssimato dai nostri sensi obbliga alla ricerca di nuove aperture. Ma al contempo è un esercizio dell’ampiezza. In mostra si vedono disegni ottenuti con l’impalpabilità della polvere, che è materia di cui è composto l’universo e gli oggetti che va a disegnare: stelle, nebbie, tornado.
Pedrini crea protesi per un atto di puro ascolto del cielo, ispirandosi alle strumentazioni antiaeree della prima guerra mondiale, tramite le quali soldati e civili erano obbligati a decifrare i suoni che arrivavano dal cielo per proteggersi e sopravvivere. Feriti di guerra ciechi erano utilizzati come ascoltatori del cielo per intercettare aerei nemici, perché avevano acuito i sensi dell’udito. È partendo da queste considerazioni che l’artista ha costruito un proprio sound locator per captare i suoni della nebbia e dell’universo. Non ricercando la bellezza, né lo stile della forma, bensì un utilizzo plausibile di questi apparati. Pedrini ha fabbricato in modo artigianale questi strumenti paradossali per indirizzare l’ascolto verso ciò che si muove al di là del mondo, strumenti che devono evocare anche le forme delle trombe d’aria.

I disegni dei tornado – fatti di polveri, pigmenti e grafite su una base d’acqua – sono materia d’indagine formale di tutte le innumerevoli formazioni che i vortici d’aria possono avere. L’approssimazione di un cammino precede una forma tangibile, mentre continuo è il fallimento di bloccare la mutevolezza di elementi eterei.
L’idea di adottare un metodo di avvicinamento a manifestazioni di infinito è giunta a Pedrini durante un viaggio in Argentina. Nelle prime foto da lui realizzate nel campo di Pietra Pomez capisce che la sua ricerca vuole cogliere i caratteri universali del punto in cui nulla e infinito entrano in contatto. Il lavoro di Pedrini si sta spostando verso soggetti prossimi al nulla.
Che cosa significa sentire il vento e guardare le mutazioni del giorno nella notte? Che cosa si vede guardando dentro al buio del tempo?

FRANCESCO PEDRINI. AMPLITUDE
a cura di Sara Benaglia e Mauro Zanchi

BACO – Base Arte Contemporanea Odierna
Palazzo della Misericordia, via Arena, 9 – Città Alta, Bergamo

In occasione di Art Date 2017
Inaugurazione: domenica 28 maggio, alle ore 11
Dal 28 maggio al 25 giugno 2017

Apertura: sabato e domenica, dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,30. Da lunedì a venerdì apertura su appuntamento.

12
Ott

LO SPECCHIO CONCAVO

22.10.2016 – 27.11.2016

A cura di Sara Benaglia e Mauro Zanchi

Inaugurazione | sabato 22 ottobre 2016, ore 11.00
Palazzo della Misericordia, Via Arena 9, Bergamo

Sabato 22 ottobre, all’interno dell’antico Palazzo della Misericordia di via Arena 9, nel cuore di Città Alta, e nello Spazio ALT di Alzano Lombardo aprirà al pubblico Lo Specchio Concavo, una mostra collettiva costituita dalla ricerca di quaranta artiste internazionali, che hanno scritto la storia del contemporaneo privilegiando l’uso di fotografia e videoarte. La mostra accoglierà i lavori di Marina Abramović | Yael Bartana | Letizia Battaglia | Vanessa Beecroft | Elisabetta Benassi | Vanessa Billy | Barbara Bloom | Fatma Bucak | Angela Bulloch | Sophie Calle | Shannon Ebner |Tracey Emin | Haris Epaminonda | Stefania Galegati | Nan Goldin | Barbara Hammer | Dana Hoey | Emily Jacir | Joan Jonas | Kimsooja | Barbara Kruger | Ketty La Rocca | Zoe Leonard | Sarah Lucas | Anna Maria Maiolino | Joanna Malinowska | Eva Marisaldi | Zanele Muholi | Shirin Neshat | Rä di Martino | Catherine Opie | Marinella Pirelli | Cindy Sherman | Kiki Smith |  Alessandra Spranzi | Georgina Starr | Jemima Stehli | Rosemarie Trockel |Bettina von Zwelh | Francesca Woodman .

Se in ambito esoterico si tramanda che lo specchio concavo sia un mezzo per esercitare la capacità di osservazione più sottile della realtà e per focalizzare l’attenzione sul mondo astrale, studi di genere si concentrano sulle norme sociali stabilite che hanno fatto della donna lo specchio eterno dell’uomo. Pur desiderando rompere con un certo modo di specularizzazione decidono di non rinunciare a qualsiasi specchio. È Luce Irigary la prima a proporre di speculare convogliando la forza e il calore del sole nella concavità dello specchio, arma ustoria nell’antichità e mezzo per focalizzare l’attenzione sul mondo astrale e per esercitare la capacità di osservazione più sottile. Sibille, profetesse, streghe, vaticinanti e sciamani hanno utilizzato questo medium per migliorare le loro doti di chiaroveggenza. Fissavano nel cavo dello specchio attendendo immagini rivelatrici. Agivano telepaticamente, pensando per immagini.

Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento il femminismo conduce numerose artiste ad attaccare le gerarchie patriarcali, il linguaggio, il sistema educativo e la psicanalisi, che tendono ad associare le donne non solo alla passività ma anche alla mancanza. A partire dalle ricerche performative affermatosi in quegli anni, il medium fotografico diviene strumento di documentazione e testimonianza di una sperimentazione sul corpo femminile, che porta la dimensione privata dell’artista su un piano politico e sociale. La critica alle strutture di potere trasferisce negli anni Ottanta l’attenzione anche alla cultura di massa, sfidando la credibilità della fotografia come supporto veritiero di informazione autentica e facendo avanzare la nozione di postmodernismo critico in arte. Nonostante le battute d’arresto subite dal femminismo, in risposta al back-lash conservatore degli anni Ottanta, le ricerche radicali vengono continuate con declinazioni geografiche differenti e raccontano il modo in cui una intenzione politica di genere sia divenuta con il passare del tempo responsabilità personale.Continue Reading..