Tag: Angela Madesani

23
Gen

Giulio Paolini. Teoria delle apparenze. Opere 1969-2015

Galleria Fumagalli presenta la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, una selezione di opere realizzate dal 1969 al 2015. Abbracciando l’intero arco di produzione dell’artista, iscritto in un ambito di ricerca di matrice concettuale, l’esposizione si propone di restituire una visione complessiva dell’operare di Giulio Paolini: dalle tele prospettiche degli anni ’70, alla dimensione teatrale e letteraria degli anni ’80 fino ai più recenti studi sull’identità dell’autore e la sua condizione di spettatore.L’atto di nascita della ricerca artistica di Giulio Paolini risale al “Disegno geometrico del 1960, una piccola tela (40×60 cm) sulla quale l’artista ha riportato la squadratura della superficie. Da questo momento, l’artista definisce come suo campo d’analisi la struttura base della visione e i metodi dell’operare artistico che, negli anni successivi, lo portano a sviluppare un processo di decodificazione lontano dall’elaborazione di immagini evicino al segno, alla geometria visiva, alla matematica.

Con la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, Galleria Fumagalli rende omaggio a una delle figure artistiche più rappresentative della ricerca italiana d’avanguardia. Attraverso installazione, disegno, collage, calco in gesso e fotografia, dagli anni ’60 a oggi, Giulio Paolini esplora la natura tautologica e metafisica dell’operare artistico mettendo in discussione le sue sovrastrutture di metodo e rigenerando il lavoro in prospettive sempre nuove. “Il mio modo di agire è in rapporto, staffetta continua, tra il quadro prima e quello dopo. Ogni mio quadro in definitiva è la replica del precedente (vorrei dire che nasce già come replica del precedente)”. (Giulio Paolini in “Dipingere la pittura”, intervista di Nico Orengo in “Fuoricampo”, Torino 1973).

Giulio Paolini è nato a Genova nel 1940, vive e lavora a Torino. Nel corso degli anni ha esposto in prestigiose istituzioni pubbliche internazionali, tra le recenti mostre personali: Center for Italian Modern Art, New York e Museo Poldi Pezzoli, Milano (2016), Macro, Roma (2013), Palazzo delle Esposizioni, Roma (2010), Kunstmuseum, Winterthur (2005), Mart, Rovereto (2004), Fondazione Prada, Milano (2003), CEAAC, Strasburgo e GAM, Torino (2001). Dal 1970 a oggi ha partecipato a rassegne internazionali come Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Biennale di Sydney, Sculpture Biennial Münster, Documenta, Biennale di San Paolo. Sue opere sono esposte in modo permanente in istituzioni pubbliche e private di tutto il mondo.

Galleria Fumagalli
Giulio Paolini
Teoria delle apparenze. Opere 1969-2015
A cura di Angela Madesani e Annamaria Maggi
fino al 14 aprile 2018

Durante la mostra sarà presentato un libro con un testo inedito tratto da un incontro con GIULIO PAOLINI a cura di Angela Madesani

18
Apr

Stefano Cerio. Night Games

Cosa succede in un parco dei divertimenti quando si spengono le luci? Cosa succede di notte nei parchi per bambini? Una quiete desolata pervade lo spazio in cui, quando brilla il sole, i bambini giocano e gli adulti si rilassano.

Alcune risposte a questi interrogativi – sicuramente suggestive testimonianze – saranno proposte dalle fotografie di Stefano Cerio nella mostra Night Games,

che aprirà al pubblico il 5 maggio presso la Galleria del Cembalo a Roma

Con la serie Night Games Stefano Cerio prosegue la sua ricerca, apparentemente oggettiva, sui luoghi, sulle macchine del consumo del divertimento di massa, avviata con lavori Aqua Park (2010) e sviluppatasi negli anni successivi con Night Ski (2012) e Chinese Fun (2015).

Al riguardo scrive Gabriel Bauret nel testo introduttivo del volume, edito da Hatie Cantz, che accompagna la mostra: “Oggettività non significa, però, che il fotografo si rinchiuda in un protocollo documentario. Stefano Cerio non realizza un inventario dei parchi divertimento e nemmeno cerca di declinare le fotografare al servizio di certe tematiche. Night Games riunisce luoghi e spazi differenti, come sono differenti i mondi a cui fanno riferimento gli scenari dei parchi: cinematografico, urbano, militare… Tutte le fasce di età sono in qualche modo coinvolte nella varietà dei parchi ai quali si interessa Cerio; compresa l’infanzia, perché Cerio fotografa anche nei giardini pubblici con giostre e scivoli, nel cuore di città come Parigi. La composizione dell’immagine è di grande sobrietà. Il soggetto è spesso posto al centro e l’angolatura è rigorosa, in genere frontale. In compenso, ai margini è sempre presente qualche punto di riferimento che dà un’indicazione di scala. La gigantesca giostra di Coney Island a forma di fiore e il piccolo cavallo a molla del giardino pubblico parigino differiscono per dimensioni, ma non per il modo, identico, in cui sono trattate, un modo che rappresenta l’elemento unificatore dell’opera.”

Ancora dal testo di Gabriel Bauret: “Artificio contro autenticità. Il progetto di Stefano Cerio potrebbe inscriversi all’interno di questa dialettica, poiché le sue immagini esprimono l’artificialità che invade il nostro mondo moderno. Potrebbe anche essere interpretato come una riflessione sul destino dell’America, soprattutto nel caso di Night Games e degli scenari del parco Mirabilandia a Ravenna, che rappresentano il crollo dei monumenti simbolici di Manhattan e danno l’immagine di un paesaggio urbano in preda alla decadenza. Ma a guidare il fotografo sembra più un approccio legato al vuoto, all’assenza di presenza umana, al silenzio che invade i luoghi quando cala la sera. Un’atmosfera già ravvisabile nella serie Night Ski, in cui compare la stessa proposta visiva: un nero estremamente denso è distribuito in modo uniforme nell’immagine e in questa oscurità emerge, o meglio appare improvvisamente, un oggetto o uno scenario illuminati dal potente bagliore di un fash che attraversa il buio della notte. L’equilibrio della composizione risiede così nella qualità di questa luce che l’operatore punta sul suo soggetto lasciando, tuttavia, sempre una parte in ombra.”

Angela Madesini, contestualizzando il lavoro di Cerio (sempre dal volume di Hatie Canz): “Alla fine degli anni Settanta Luigi Ghirri aveva dato vita a In scala (1977-78), scattando a Rimini presso l’Italia in Miniatura, un parco di divertimento. Ma l’effetto è completamente diverso rispetto a quello di Cerio. Se per Ghirri la tensione è nei confronti di una ricerca sullo spazio tra realtà e finzione, nel lavoro di Cerio il tentativo, riuscito, è quello di ritrarre delle situazioni, edifici, animali fantastici, personaggi, la Statua della Libertà caduta al suolo. La sua è una dimensione scenica che mi piace equiparare ai Dioramas di Hiroshi Sugimoto o a La nona ora (1999) di Maurizio Cattelan, in cui il papa è schiacciato da un meteorite. È una dimensione strettamente legata al nostro tempo, come per l’americano Gregory Crewdson. Tra i lavori dei due artisti ci sono delle vicinanze: le stesse atmosfere, un simile afflato poetico.”Continue Reading..

06
Dic

Roberto Rizzo. Meridiani e paralleli

La Nuova Galleria Morone è lieta di presentare Meridiani e paralleli, la prima mostra personale di Roberto Rizzo, in galleria, curata da Angela Madesani.
Roberto Rizzo (1967) è un pittore nel senso più articolato del termine, al di là delle facili e comode etichette di “figurativo” o “astratto”. La sua ricerca, che prende il via a metà degli anni Ottanta, si pone sin dall’inizio in relazione dialettica con quanto lo circonda, ma anche con la storia dell’arte. La sua è una riflessione profonda, una presa di posizione complessa nei confronti di un panorama artistico sempre più compiacente. Viviamo in una situazione di consumismo esasperato, non solo in senso economico. La nostra è un’epoca inflazionata dalle immagini, che perdono, il più delle volte, di significato.
Rizzo si pone sul cammino dei Fontana, dei Burri, dei Castellani, dei Lo Savio, artisti d’avanguardia consci della storia che li aveva preceduti. Come per loro, anche per lui, fare pittura significa porsi in maniera, appunto, cosciente all’interno di una prospettiva storica.
«La mia posizione non rimpiange i dogmatismi della forma moderna ma considera che qualunque tipo di pensiero, per sopravvivere e costruire cultura, debba necessariamente essere veicolato da una forma».
La volontà di Roberto Rizzo non è quella di proporre un punto di vista assoluto, ma, piuttosto, di rivendicare la legittima volontà da parte dell’arte di ricercare l’assoluto.
Le sue opere si pongono in relazione dialettica con lo spazio. Sono tavole con gli angoli arrotondati e i lati smussati. Hanno la stessa funzione della cornice nei quadri del passato, svolgono un ruolo di mediazione tra interno ed esterno con e nella pittura.
La mostra, che presenta opere realizzate negli ultimi due anni, sarà accompagnata da un catalogo che verrà pubblicato successivamente all’inaugurazione, con un testo della curatrice.

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25
Set

CAMERE IN PRESTITO. La fotografia concettuale in Italia negli anni Settanta

Vincenzo Agnetti, Giorgio Ciam, Cioni Carpi, Bruno Di Bello, Paolo Gioli, Ketty La Rocca, Maurizio Nannucci, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Aldo Tagliaferro, Mario Schifano, Franco Vaccari, Franco Vimercati, Michele Zaza, Gilberto Zorio

a cura di Angela Madesani

Inaugurazione giovedì 15 settembre dalle 18.00 alle 20.00
15 settembre – 30 novembre 2016

Marco Antonetto ha il piacere di presentare presso la propria galleria di Lugano, Photographica FineArt, uno spazio espositivo dedicato solo alla fotografia del 900 e contemporanea, l’esposizione Camere in prestito, a cura di Angela Madesani, aprendo così un nuovo capitolo della sua storia artistica.
Camere in prestito raccoglie 15 protagonisti di quella particolare stagione tra gli anni Sessanta e i Settanta, durante la quale nel mondo artistico occidentale si manifesta una crisi dell’oggetto pittorico e scultoreo. Molti sono quindi gli artisti che prendono a utilizzare media tecnologici quali la fotografia, il cinema e in un secondo tempo, il video.
L’esposizione Camere in prestito è il tentativo di scoprire un campo della storia dell’arte di vaste proporzioni, che a oltre quarant’anni di distanza rivela tutto il suo interesse e il suo fascino. I linguaggi tradizionali dell’arte giungono, appunto, in quel particolare periodo storico a una sorta di azzeramento. In molti sentono il bisogno di confrontarsi con la realtà attraverso uno strumento neutro di registrazione dei dati oggettivi.
La mostra propone lavori collocabili in ambiti distinti, di artisti italiani provenienti da storie profondamente diverse tra loro, che hanno, tuttavia, in comune l’utilizzo del linguaggio fotografico con diverse declinazioni. La fotografia come inclusione (collage), come documentazione o anche come impiego di tecniche fotografiche che va dall’uso della Polaroid alla carta o alla tela sensibilizzata ai sali d’argento.

Orari Galleria:
dal martedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00
Sabato su appuntamento

Photographica FineArt Gallery
mail@photographicafineart.com – Via Cantonale 9 – 6900 Lugano – Switzerland

Immagine: Franco Vimercati, Per Carla, 1991

11
Mag

SILVIA CELESTE CALCAGNO. Interno 8, La Fleur Coupée

Cinque opere realizzate negli ultimi due anni, tre delle quali inedite, accompagnate da un video originale. Evoluzione di un percorso creativo cross disciplinare che avvicina la ceramica alla fotografia e all’immagine in movimento, appropriandosi dello spazio espositivo con forza e delicatezza. Silvia Celeste Calcagno è in mostra alle Officine Saffi di Milano con INTERNO 8 La Fleur Coupée, a cura di Angela Madesani, dal 21 maggio al 15 settembre 2015.

Una pluralità di linguaggi quelli sperimentati dall’artista, ricondotti a unità secondo un processo di addizione costante. Silvia Celeste Calcagno è perfomer, protagonista unica del suo lavoro. Le performances vengono, quindi, documentate fotograficamente. Le fotografie così ottenute vengono trasferite dall’artista, secondo una particolare tecnica di cottura, su piccole tessere di ceramica, per comporre gruppi di esemplari unici, che possono essere letti come una sequenza, quasi si trattasse dei fotogrammi di un film, in cui le differenze tra un pezzo e l’altro sono minime.

Silvia Celeste Calcagno, che proprio alle Officine Saffi aveva esposto nel 2013 come finalista del Premio Faenza, trasforma il proprio vissuto in scintilla creativa, affrontando temi che mettono in contatto la sfera dell’intimità e quella dell’universalità. È così, ad esempio, che un semplice cambio di indirizzo innesca, in Interno 8, una riflessione sul concetto stesso di casa, sul rapporto osmotico con il luogo in cui si vive, sulle tensioni e contraddizioni della quotidianità.Continue Reading..