Category: scultura

19
Set

HUMA BHABHA – The Company

There is so much physical destruction happening in different parts of the world, to the extent that many functioning cities look like archeological digs. One of the ways I like to approach the past is in a cinematic way, reimagining the past and projecting towards the future just as movies often do.
—Huma Bhabha

Gagosian is pleased to present The Company, new sculptures and drawings by Huma Bhabha. This is her first exhibition in Rome.

In expressive drawings on photographs as well as figurative sculptures carved from cork and Styrofoam, assembled from refuse and clay, or cast in bronze, Bhabha probes the tensions between time, memory, and displacement. References to science-fiction, archeological ruins, Roman antiquities, and postwar abstraction combine as she transforms the human figure into grimacing totems that are both unsettling and darkly humorous.

The Company is inspired in part by “The Lottery in Babylon” (1941), a short story by Jorge Luis Borges in which a fictional society is taken over by a pervasive lottery system that doles out both rewards and punishments. The lottery is purportedly run by the Company, a secret, perhaps nonexistent body determining peoples’ fates. Bhabha’s procession of sculptures makes visible the power of this unseen Company. It comprises a pair of large, disembodied hands floating atop transparent plinths; a seated figure; and several standing figures of varying scale. Drawings on photographs echo these forms and characters, which could have come from a distant realm of the future just as easily as from a lost civilization. The standing figures are carved from stacks of dark cork—which emits an earthy, acrid odor—and its technical inverse, Styrofoam. These materials appear to be hard and dense, like eroded stone or freshly quarried marble, but they are lightweight and soft, allowing Bhabha to carve quickly and spontaneously without over-refining. The sculptural process thus becomes a sort of embodied stream of consciousness from which alien monsters, fertility goddesses, and Greek kouroi emerge.

The masklike visages of Bhabha’s sculptures are at once majestic and jarring. Painted in incongruous pastel tones—blue, mauve, pink, and green—they recall graffiti, where urban grime combines with interventions of glowing color. With their deranged, cartoonish features empowered by a foreboding bipedalism, Bhabha’s sculptures seem to both mock and warn as reflections of and witnesses to human pride and power, veneration and iconoclasm.

Pairing the scars of war, colonialism, and trauma with allusions to current events and popular media, Bhabha has long maintained that the world is an apocalypse, both man-made and natural; her ravaged sculptures appear to have witnessed some measure of catastrophe yet survived to tell the tale. Like an enthroned pharaoh or cyborg caught in a shower of shrapnel, a seated figure is assembled from sallow clay pressed into chicken wire, mottled fragments of Styrofoam, toy dog bones, and rusted chairs from Bhabha’s hometown of Karachi, caught in the crossfire of internecine and international conflict.

In Bhabha’s large drawings, human and nonhuman figures occupy the intersection of photography, collage, and painterly gesture—their composite faces and shadowy forms seeming to haunt landscapes, city streets, and architectural settings. In one, a blue and beige arch is imposed on Bhabha’s own photograph of an ancient dog statue in Rome’s Musei Capitolini, with two white kouroi looming in the background.

On the occasion of the exhibition, the Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea in Rome will host a conversation between Bhabha and Cristiana Perrella, director of the Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci in Prato, on September 18 at 6pm. The event will be held in English and open to the public.

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20
Ago

MARIA LAI. Tenendo per mano il sole

Giocavo con grande serietà e ad a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte – Maria Lai
www.maxxi.art#MariaLai

In occasione del centenario della nascita, il MAXXI dedica una grande mostra a Maria Lai. Esposti oltre 200 lavori che restituiscono una biografia complessa e affascinante e un approccio alla creatività libero e privo di pregiudizi. Si intitola Tenendo per mano il sole la grande mostra che il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo dedica a Maria Lai (1919 – 2013), una tra le voci più singolari dell’arte italiana contemporanea. Artista dalla straordinaria capacità generativa, in anticipo su ricerche artistiche che saranno sviluppate solo successivamente, Lai ha saputo creare un linguaggio differente e originale, pur consapevole del lungo processo di decantazione che la sua arte avrebbe dovuto attraversare per essere riconosciuta. Oggi quel processo sembra essersi compiuto. Negli ultimi anni molte sono state le iniziative a lei dedicate e i suoi lavori sono stati recentemente esposti a Documenta 14 e alla Biennale di Venezia 2017. “Nel 2019 – indica Giovanna Melandri, Presidente della Fondazione MAXXI – abbiamo scelto di rivolgere particolare attenzione alle visioni artistiche femminili e non poteva, dunque, mancare un progetto legato a Maria Lai. Con questa mostra, infatti, rendiamo un tributo alla figura ed all’opera di una donna che ha saputo interpretare nel corso della sua carriera artistica infiniti linguaggi, sempre però nel solco della sua ricerca: rappresentare e reinventare con delicatezza e poesia tradizioni e simboli di una cultura arcaica, eterna e rivolgersi con forza ed immediatezza ai contemporanei”. La retrospettiva al MAXXI si concentra su ciò che viene definito il suo secondo periodo, ovvero sulle opere che l’artista crea a partire dagli anni Sessanta e che ricomincia ad esporre, dopo una lunga assenza dalla scena pubblica e artistica, solo nel 1971. “Questo perché – sottolinea Bartolomeo Pietromarchi, Direttore MAXXI Arte – è proprio da quel momento, sino alla sua scomparsa nel 2013, che sono presenti nel lavoro di Maria Lai, in maniera più evidente, molte delle istanze che ne fanno oggi un’artista estremamente attuale e che permettono di restituire alla sua figura una posizione centrale nella storia dell’arterecente”.

La mostra, a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, è realizzata in collaborazione con Archivio Maria Lai eFondazione Stazione dell’Arte, con il patrocinio del Comune di Ulassai e il sostegno di Fondazione di Sardegna. Esposti oltre 200 lavori, tra cui Libri cuciti, sculture, Geografie, opere pubbliche e i suoi celebri Telai, per raccontare nel modo più completo possibile la personalità di Maria Lai e i diversi aspetti del suo lavoro. In mostra anche alcune opere recentemente entrate a far parte della Collezione del MAXXI: Terra, 1984; Il viaggiatore astrale, 1989; Bisbigli, 1996; Pagina cucita, 1978 e Senza titolo, 2009, una rara Geografia su acetato in corso didonazione.

La mostra
Tenendo per mano il sole è il titolo della mostra e della prima Fiaba cucita realizzata. Sia nel titolo che nell’opera sono presenti molti degli elementi tipici della ricerca di Lai: il suo interesse per la poesia, il linguaggio e la parola; la cosmogonia delle sue geografie evocata dal sole; la vocazione pedagogica del “tenere per mano”. Non una classica retrospettiva, ma piuttosto un racconto che non si attiene a vincoli puramente cronologici e asseconda un percorso biografico e artistico peculiare, caratterizzato da discorsi e intuizioni apparentemente lasciati in sospeso per poi essere ripresi molti anni più tardi.

Attraverso un’ampia selezione di opere, in buona parte inedite, la mostra presenta il poliedrico mondo di Maria Lai e la fitta stratificazione di idee e suggestioni che ha caratterizzato il suo immaginario. Il percorso si snoda attraverso cinque sezioni, che prendono il nome da citazioni o titoli di opere di Lai, mentre nel sottotitolo vengono descritte modalità tipiche della sua ricerca; ogni sezione è accompagnata dalla voce di Maria Lai attraverso un montaggio di materiali inediti realizzati dal regista Francesco Casu. C’è anche un’ultima, ideale, sezione, che documenta le opere di arte ambientale realizzate nel territorio e in particolare in Ogliastra. La sezione Essere è tessere. Cucire e ricucire documenta le prime prove realizzate negli anni Sessanta, un decennio in cui decide di abbandonare la tecnica grafica e pittorica per dedicarsi alla sperimentazione con i materiali. Nascono così i primi Telai e le Tele cucite: oggetti funzionali del quotidiano, legati all’artigianato sardo, vengono privati della loro funzione pratica per essere trasformati in opere che dimostrano una fervida ricerca espressiva. Il filo rappresenta anche un’idea di trasmissione e comunicazione, Lai vede l’arte come strumento e linguaggio capace di modificare la nostra lettura del mondo, un’attitudine che le deriva dalla sua storia personale di insegnante e che si manifesterà in seguito nei Libri e nelle Fiabe cucite. L’arte è il gioco degli adulti. Giocare e Raccontare raccoglie i giochi dell’arte creati da Lai, riletture di giochi tradizionali con cui ribadisce il ruolo fondante della creazione nella società. Gioco come mezzo per conoscere se stessi e per imparare a relazionarsi con l’altro, un’attività da non relegare al mondo dell’infanzia, ma da continuare a coltivare in età adulta. La sezione Oggetto paesaggio. Disseminare e condividere, racconta l’aspetto relazionale della pratica di Lai attraverso un ampio corpus di oggetti legati a un suo universo affettivo, tra cui sculture che simulano l’aspetto di un libro o di singole pagine, forme che richiamano manufatti del quotidiano, rivendicando però una propria inedita individualità. Il viaggiatoreastrale.Continue Reading..

09
Mag

Jannis Kounellis

Jannis Kounellis, curated by Germano Celant, is the major retrospective dedicated to the artist following his death in 2017. Developed in collaboration with Archivio Kounellis, the project brings together more 70 works from 1958 to 2016, from both Italian and international museums, as well as from important private collections both in Italy and abroad. The show explores the artistic and exhibition history of Jannis Kounellis (Piraeus 1936–Rome 2017), establishing a dialogue between his works and the eighteenth-century spaces of Ca’ Corner della Regina.

The artist’s early works, originally exhibited between 1960 and 1966, deal with urban language. These paintings reproduce actual writings and signs from the streets of Rome. Later on, the artist transferred black letters, arrows and numbers onto white canvases, paper or other surfaces, in a language deconstruction that expresses a fragmentation of the real. From 1964 onward, Kounellis addressed subjects taken from nature, from sunsets to roses. In 1967 Kounellis’ investigation turned more radical, embracing concrete and natural elements including birds, soil, cacti, wool, coal, cotton, and fire.

Kounellis moved from a written and pictorial language to a physical and environmental one. Thus the use of organic and inorganic entities transformed his practice into corporeal experience, conceived as a sensorial transmission. In particular, the artist explored the sound dimension through which a painting is translated into sheet music to play or dance to. Already in 1960, Kounellis began chanting his letters on canvas, and in 1970 the artist included the presence of a musician or a dancer. An investigation into the olfactory, which began in 1969 with coffee, continued through the 1980s with elements like grappa, in order to escape the illusory limits of the painting and join with the virtual chaos of reality.In the installations realized toward the end of the 1960s, the artist sets up a dialectic battle between the lightness, instability and temporal nature connected with the fragility of the organic element and the heaviness, permanence, artificiality and rigidity of industrial structures, represented by modular surfaces in gray-painted metal. In the same period Kounellis participated in exhibitions that paved the way to Arte Povera, which in turn translated into an authentic form of visual expression. An approach that recalls ancient culture, interpreted according to a contemporary spirit, in contrast with the loss of historical and social identity that took place during the postwar period. Beginning in 1967, the year of the so-called “fire daisy,” the phenomenon of combustion began to appear frequently in the artist’s work: a “fire writing” that enlights the transformative and regenerative potential of flames. At the height of the mutation, according to alchemical tradition, we find gold, employed by the artist in multiple ways. In the installation Untitled (Tragedia civile) (1975), the contrast between the gold leaf that covers a bare wall and the black clothing hanging on a coat hanger underlines the dramatic nature of a scene that alludes to a personal and historical crisis. In Kounellis’ work smoke, naturally connected with fire, functions both as a residual of a pictorial process, and as proof of the passage of time. The traces of soot on stones, canvases and walls that characterize some of his works from 1979 and 1980 indicate a personal “return to painting,” in opposition to the anti-ideological and hedonistic approach employed in a large part of the painting production in the 1980s. Throughout his artistic research Kounellis develops a tragic and personal relationship with culture and history, avoiding a refined and reverential attitude. He would eventually represent the past with an incomplete collection of fragments of classical statues, as in the work from 1974. Meanwhile, in other works the Greco-Roman heritage is explored through the mask, as in the 1973 installation made up of a wooden frame on which plaster casts of faces are placed. The door is another symbol of the artist’s intolerance for the dynamics of his present. The passageways between rooms are closed up with stones, wood, sewing machines and iron reinforcing bars, making several spaces inaccessible in order to emphasize their unknown, metaphysical and surreal dimension.Continue Reading..

08
Apr

Jan Fabre. Oro Rosso

L’artista belga di fama mondiale Jan Fabre torna a Napoli con un nuovo progetto che coinvolge quattro luoghi di grande prestigio: il Museo e Real Bosco di Capodimonte, la chiesa del Pio Monte della Misericordia, il Museo Madre e la galleria Studio Trisorio.

Al Museo e Real Bosco di Capodimonte, l’artista esporrà un gruppo di lavori in dialogo con una selezione speciale di opere d’arte provenienti dalla collezione permanente del museo e da altre istituzioni museali napoletane.  La mostra, dal titolo Oro Rosso. Sculture d’oro e corallo, disegni di sangue, curata da Stefano Causa insieme a Blandine Gwizdala, inaugurerà il 30 marzo e vedrà sculture in oro e disegni di sangue creati dall’artista dagli anni Settanta ad oggi, oltre a una serie inedita e sorprendente di sculture in corallo rosso, realizzata appositamente per Capodimonte.

Le opere di Fabre si porranno in dialogo con alcuni capolavori pittorici e splendidi oggetti d’arte decorativa di epoca rinascimentale, manierista e barocca selezionati Stefano Causa; come dice lo stesso curatore: “Fabre racconta, in una lingua non troppo diversa, una vicenda di metamorfosi incessanti; di materiali che mutano destinazione e funzione; una storia di sangue e umori corporali, inganni e trappole del senso; pietre preziose, coralli e scarabei, usciti a pioggia dai residuati di una tomba egizia, frammenti di armature, sequenze di numeri e citazioni dalle Scritture, dentro un universo centrifugo di segni…che, talvolta, diventa un sottobosco nel quale calarsi con i pennellini di uno specialista fiammingo di nature morte”.
In mostra, le sculture dorate di Jan Fabre danno corpo prezioso alle idee dell’artista sulla creazione, sull’arte e sul suo rapporto con i grandi maestri del passato. Nei disegni di sangue si ritrovano invece le più profonde motivazioni dell’artista, le sue sperimentazioni, il suo manifesto poetico, fisico, intimo.
“Il sangue oggi è oro” – dice Jan Fabre – e nell’esposizione al Museo di Capodimonte l’artista mette in scena un intero universo di simboli che parlano d’arte e di bellezza, di forza e fragilità del genere umano, del ciclo continuo di vita-morte-rinascita.
Il corallo è stato chiamato “oro rosso”, per la sua preziosità e per la sua valenza apotropaica. Come scrive la critica d’arte Melania Rossi sul catalogo della mostra edito da Electa: “Le dieci nuove sculture di corallo rosso che il maestro belga ha creato per la sua mostra personale al museo di Capodimonte sembrano un tesoro proveniente dagli abissi della mente dell’artista. Concrezioni che fanno pensare a fantasiose barriere coralline assumono alcune tra le forme più care a Fabre: teschi, cuori anatomici, croci, spade e pugnali. A loro volta, poi, costellati d’immagini e segni che alludono ad altri significati e ad altre storie, in un ciclo continuo di connessioni fino a creare antichi ibridi tra natura e simbolo, nuovi idoli tra passato e futuro”.
Sempre dal 30 marzo, a cura di Melania Rossi, la scultura di Jan Fabre The man who bears the cross (L’uomo che sorregge la croce)(2015), sarà visibile nella chiesa del Pio Monte della Misericordia, in dialogo diretto con il capolavoro di Caravaggio Sette opere di Misericordia (1606-1607).
La scultura, realizzata completamente in cera, è un autoritratto dell’artista, basato sui tratti somatici dello zio Jaak Fabre, che tiene in bilico una croce di oltre due metri sul palmo della mano. Nel rituale auto-rappresentativo l’artista esce da sé stesso e diviene qualunque uomo, lo specchio di ognuno di noi. Scrive la curatrice: “L’uomo che sorregge la croce (2015) è la rappresentazione dell’interrogarsi, è la celebrazione del dubbio, e con la sua collocazione all’interno del Pio Monte della Misericordia sembra aggiungere un’ottava Opera di Misericordia: confortare chi dubita. Nel dipinto di Caravaggio, il bello e il vero coincidono mirabilmente e la sua opera è un incredibile intreccio di luce e buio in cui la volontà di rappresentare la verità dell’essere umano del 1600 trova piena soddisfazione. Tutta la ricerca di Jan Fabre, artista del nostro tempo, va nella stessa direzione; il ciclo vita-morte-rinascita è centrale nel suo pensiero in cui religione e scienza, simbolo e corpo si compenetrano in un vortice geniale di immagini e azioni”. Il confronto tra il linguaggio seicentesco di Caravaggio e quello contemporaneo fiammingo di Fabre accenderà nuove riflessioni, segnando un ideale e virtuoso passaggio di testimone tra passato e presente artistici.

Dal 30 marzo, inoltre, il Museo Madre, a cura di Andrea VilianiMelania Rossi e Laura Trisorio, ospiterà in anteprima l’iconica sculturaL’uomo che misura le nuvole (2018), in un’inedita versione in marmo di Carrara allestita nel Cortile d’onore del museo regionale d’arte contemporanea.
Dopo la presentazione nel 2008 e nel 2017 della versione in bronzo della stessa scultura in Piazza del Plebiscito e sul terrazzo del museo, Jan Fabre torna a celebrare al Madre la capacità di immaginare, sognare e conoscere, elevandosi oltre il nostro destino di esseri umani. L’uomo che misura le nuvole si ispira dall’affermazione che l’ornitologo Robert Stroud pronunciò nel momento della liberazione dalla prigione di Alcatraz, quando dichiarò che si sarebbe d’ora in poi dedicato appunto a “misurare le nuvole”. Come artista e ricercatore, Fabre tenta costantemente, in effetti, di misurare le nuvole, ovvero di dichiarare con la sua opera che se la tensione verso il sapere ha limiti invalicabili è però possibile esprimere l’inesprimibile attraverso la ricerca artistica, e dare quindi rappresentazione all’intrinseca e fondativa bellezza umana e universale.

Presso la storica galleria Studio Trisorio, sarà esposta una selezione di opere di Jan Fabre realizzate completamente con di gusci di scarabei iridescenti.
La mostra, dal titolo Tribute to Hieronymus Bosch in Congo (Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo), a cura di Melania Rossi e Laura Trisorio, inaugurerà il 29 marzo e vedrà dei grandi pannelli e delle sculture a mosaico di scarabei ispirati alla triste e violenta storia della colonizzazione del Congo belga. In queste opere, l’ispirazione storica si unisce alla simbologia medioevale tratta da uno dei più grandi maestri fiamminghi, uno dei maestri putativi di Jan Fabre, Hieronymus Bosch, e in particolare dal suo capolavoro Il Giardino delle Delizie (1480-1490).
L’inferno di Bosch, ammirato per la sua spiccata inventiva, per molti aspetti divenne una realtà raccapricciante nel Congo Belga. L’opera d’arte è proprio questa combinazione unica di forma e contenuto. L’artista ci porta in una zona indefinita, tra il Paradiso e il Congo Belga, in un’illusione di libertà, in un luogo lontano, sia mitico che concreto, attraverso una polisemia di immagini dell’esistenza umana.

Jan Fabre. Oro Rosso
Sculture d’oro e corallo, disegni di sangue.
Museo e Real Bosco di Capodimonte
Via Miano 2, Napoli
30 marzo – 15 settembre 2019

Jan Fabre. L’uomo che sorregge la croce.
Pio Monte della Misericordia
Via dei Tribunali 253, Napoli
30 marzo – 30 settembre 2019

Jan Fabre. Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo.

Studio Trisorio
Riviera di Chiaia 215, Napoli
29 marzo – 30 settembre 2019

Jan Fabre. L’uomo che misura le nuvole
Museo Madre
Via Luigi Settembrini 79, Napoli
30 marzo – 30 settembre 2019

NAPOLI: Museo e Real Bosco di Capodimonte e altre sedi
Dal 29 Marzo 2019 al 30 Settembre 2019
Ente promotore: MiBAC – Museo e Real Bosco di Capodimonte
T.+39 081 7499111
mu-cap@beniculturali.it

Immagine: Jan Fabre, Golden Human Brain with Angel Wings, 2011. Nero Assoluto / bronzo silicato, oro 24 carati, granito Nero Assoluto, 28×30,5×26 cm

26
Mar

La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina

Alberto Burri, chiamato a realizzare un intervento per la ricostruzione del paese distrutto dal terremoto nella Valle del Belice del 1968, decide di intervenire sulle macerie della città di Gibellina, creando l’opera di Land Art più grande al mondo. Le ricopre di un sudario bianco, di un’enorme gettata di cemento che ingloba i resti e riveste, in parte ricalcandola, la planimetria della vecchia Gibellina. Culmine del percorso interpretativo sono le fotografie in bianco e nero di Aurelio Amendola sul Grande Cretto. Fotografo che per eccellenza ha raccolto le immagini di Burri, dei suoi lavori e dei processi creativi, Amendola ha realizzato gli scatti in due riprese, nel 2011 e nel 2018, a completamento avvenuto dell’opera (2015).

Nel percorso inoltre, il video di Petra Noordkamp – prodotto e presentato nel 2015 dal Guggenheim Museum di New York, in occasione della grande retrospettiva The Trauma of Painting –  filma in un racconto poetico e di grande sapienza tecnica l’opera di Burri e il paesaggio circostante.

Alcune opere uniche dell’artista, veri e propri capolavori, inoltre, estendono non solo ai Cretti ma anche ai Sacchi, ai Legni, ai Catrami, alle Plastiche e a una selezione di opere grafiche la lettura proposta dal celebre psicanalista.
È una ferita che è dappertutto, che trema ovunque. Una scossa, un tormento, un precipitare di fessurazioni infinite ed ingovernabili.

Come scrive Recalcati in Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina, nei Legni la ferita è generata dal fuoco e dalla carbonizzazione del materiale ma, soprattutto, dal resto che sopravvive alla bruciatura. Nelle Combustioni, lo sgretolamento della materia, la manifestazione della sua umanissima friabilità, della sua più radicale vulnerabilità, viene restituita con grande equilibrio poetico e formale. È ciò che avviene anche con le Plastiche dove, ancora una volta, è sempre l’uso del fuoco a infliggere su di una materia debole ed inconsistente come la plastica, l’ustione della vita e della morte.

In occasione della mostra, realizzato dalla casa editrice Magonza un importante volume stampato su carta di pregio e di grande formato con testimonianze e ricerche inedite su Alberto Burri, la sua opera e Il Grande Cretto di Gibellina. Un nuovo testo di Massimo Recalcati raccoglie gli sviluppi ulteriori della sua ricerca, insieme a interventi di storici dell’arte quali Gianfranco Maraniello e Aldo Iori.

Organizzata una conferenza ad hoc tenuta da Massimo Recalcati, un’occasione di una riflessione ampia sull’opera di Alberto Burri e sulla mostra.

La ferita della bellezza. Alberto Burri e il Grande Cretto di Gibellina
Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese
dal 23 marzo al 9 giugno 2019

nei seguenti orari: dal 23 marzo al 31 maggio 2019
da martedì a venerdì e festivi (lunedì di Pasqua) ore 10.00 – 16.00 (ingresso consentito fino alle 15.30)
sabato e domenica ore 10.00 – 19.00 (ingresso consentito fino alle 18.30).
Giorni di chiusura: lunedì e 1 maggio

dal 1 al 9 giugno 2019
da martedì a venerdì e festivi ore 13.00 – 19.00 (ingresso consentito fino alle 18.30)
sabato e domenica ore 10.00 – 19.00 (ingresso consentito fino alle 18.30)
Giorni di chiusura: lunedì

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Progetto espositivo itinerante. Dopo la tappa romana l’esposizione riallestita da giugno 2019 ad ottobre 2019 al MAG Museo Alto Garda a Riva del Garda in collaborazione con il MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Ingresso gratuito

Tel 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
con un prestito della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma
A cura di Massimo Recalcati con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi
Servizi museali Zètema Progetto Cultura
Prodotta da Magonza editore (www.magonzaeditore.it)
Con il patrocinio di Regione Lazio, Regione Sicilia, Comune di Gibellina, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Fondazione Orestiadi con un  prestito della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma
Con il sostegno di Broker ufficiale; PL Ferrari; A Member of the Lockton Group of Companies
20
Mar

Miart 2019

A Milano dal 5 al 7 aprile 2019 torna miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano e diretta per il terzo anno da Alessandro Rabottini. 186 gallerie provenienti da 19 paesi esporranno opere di maestri moderni, artisti contemporanei affermati ed emergenti e designer storicizzati e sperimentali. In occasione di miart 2019, fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano, una nuova edizione della Milano Art Week coinvolgerà visitatori, collezionisti e professionisti.

Concepita da miart in collaborazione con il Comune di Milano, la Milano Art Week conferma lo status di capitale culturale e creativa di Milano mettendo in scena una gamma incredibilmente diversificata di posizioni artistiche – sia storiche sia contemporanee – attraverso nuove commissioni artistiche, mostre monografiche e collettive tematiche. A partire dal 1 aprile, ogni giornata della Milano Art Week ospiterà opening e visite straordinarie presso mostre e progetti artistici tra cui, fra gli altri:

– Sheela Gowda, a cura di Nuria Enguita e Lucia Aspesi; Giorgio Andreotta Calò, a cura di Roberta Tenconi presso Pirelli HangarBicocca
– Lizzie Fitch / Ryan Trecartin presso Fondazione Prada
– Ibrahim Mahama alla Fondazione Nicola Trussardi, a cura di Massimiliano Gioni
– Anna Maria Maiolino presso PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, a cura di Diego Sileo
– XXII Triennale di Milano. Broken Nature: Design Takes on Human Survival a cura di Paola Antonelli presso La Triennale di Milano
– Lygia Pape alla Fondazione Carriero, a cura di Francesco Stocchi
The Unexpected Subject. 1978 Art and Feminism in Italy presso FM – Centro per l’Arte Contemporanea, a cura di Marco Scotini e Raffaella Perna
– Renata Boero, a cura di Anna Daneri e Iolanda Ratti; Marinella Pirelli, a cura di Lucia Aspesi e Iolanda Ratti al Museo del Novecento
– Antonello da Messina, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa; Jean-Auguste-Dominique Ingres, a cura di Florence Viguier a Palazzo Reale
– Carlos Amorales alla Fondazione Adolfo Pini, a cura di Gabi Scardi
– Sophia Al-Maria presso Fondazione Arnaldo Pomodoro, a cura di Cloé Perrone
– Jamie Diamond presso Osservatorio Fondazione Prada, a cura di Melissa Harris
– Morbelli (1853-1919) alla GAM – Galleria d’Arte Moderna, a cura di Paola Zatti
Hyper Visuality. Film & Video Art from the Wemhöner Collection a Palazzo Dugnani e curata da Philipp Bollmann
– Hans Josephsohn presso ICA, a cura di Alberto Salvadori
– Anj Smith presso il Museo Poldi Pezzoli
The Last Supper After Leonardo alla Fondazione Stelline e curata da Demetrio Paparoni

La Milano Art Week porterà in scena anche la performance attraverso alcune prestigiose commissioni, fra cui mk e Linda Fregni Nagler presso Triennale Teatro dell’Arte e Anna Maria Maiolino al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea.

La Milano Art Week 2019 culminerà con la Art Night di sabato 6 aprile – una serata di inaugurazioni e performance diffuse nei numerosi spazi non profit e di sperimentazione della città – e con l’ apertura straordinaria delle gallerie milanesi prevista per domenica 7.

miart vi aspetta a Milano dal 5 al 7 aprile 2019 (con anteprima VIP il 4 aprile)!

Main Partner : Intesa Sanpaolo – Intesa Sanpaolo Private Banking
Partner : Herno, Fidenza Village, Snaporazverein, LCA Studio Legale
miartalks powered by : In Between Art Film
Sponsor : Ruinart, Flos, Nava press
Media Partner : Elle Decor
International Media Partner: The New York Times
Official Guide : My Art Guides
Online exclusively on : Artsy

La campagna visiva Horizon è un racconto per immagini dal sapore cinematografico che celebra il tema dell’arte come luogo di esplorazione, scoperta e mutamento.

Horizon è stata realizzata da:
fotografo Jonathan Frantini
Art Direction di Francesco Valtolina per Mousse
Assistente Art Direction: Anita Poltronieri (Mousse)
Assistente fotografo: Francesca Gardini, Giacomo Lepori
Casting: Semina Casting
Modelli: Amelie, Lorenzo, Clara, Federico, Alessandro, Mohamed, Sara, Angela, Martina, Alessandro, Nicolo’, Davide, Loreley, Mehdi
18
Feb

Antony Gormley. ESSERE

THE GALLERIE DEGLI UFFIZI IS PLEASED TO ANNOUNCE

ESSERE

A FORTHCOMING EXHIBITION OF WORK BY ANTONYGORMLEY
TO RUN FROM 26 FEBRUARY TO 26 MAY 2019

‘Can an object be the catalyst for new thoughts and behaviours?’ Antony Gormley

This exhibition – which is to be held in the Aula Magliabechiana in Uffizi from 26 February to 26 May 2019 – brings together works of different materials and scales that explore the body in space and the body as space. There are 12 works in the expansive new ground floor gallery, where natural light will play into 12 discrete vaulted spaces defined by six stone columns and no internal walls. Two further works are placed in the context of the historic collection and another is installed on the terrace of the Uffizi. At the core of the show there is a dialogue between two sculptures, Passage and Room, made 35 years apart. Both deal with the space of the body. Passage (2016), a 12 metre-long Corten steel tunnel in human form – allows viewers to enter, while Room (1980), a set of the artist’s clothes cut into a continuous 8 millimetre-wide ribbon expanded into an enclosure 6 metres square, keeps them out. The show is predicated on these two works and the dialogue between stasis and movement: imaginative and actual space. The artist states: “I use the indexical impression of my own living body rather than mimesis to make work that both displaces and encloses, to engage and activate attention.” There are a number of specially made new works in the exhibition, including Veer II (2018), a three-dimensional life-size cast iron evocation of a tense nervous system at the core of the body, and Breathe (2018), a large lead- covered expansion work that applies the cosmic principles of the Big Bang to the singularity of a subjective body. Interaction with the city’s precious cultural heritage, and with the Uffizi in particular, is the prerogative of to two examples of the bodyform Another Time: one is placed amongst the classical sculptures on the piano nobile and the other is installed outdoors on the terrace of the Uffizi, looking out over Piazza della Signoria. A third instance of interaction with the Uffizi’s historic collection takes the shape of a room devoted to dialogue with the Sleeping Hermaphrodite, a Roman copy from the imperial age of a 2nd century BC Hellenistic original resting on a plinth, and the floor-hugging blockwork, Settlement(2005).

Departing from ideas about an exhibition as a space for aesthetic contemplation or the enjoyment of narrative or representation, Essere invites our active participation as connectors between defined objects and open space in which mass and void, dark and light, hard and soft engage the viewer’s presence in space.Continue Reading..

11
Feb

Surrealismo Svizzera

Il MASI, in collaborazione con l’Aargauer Kunsthaus di Aarau, si confronta per la prima volta in modo approfondito con il tema del Surrealismo, indagando sia l’influenza che questa corrente fondamentale del XX secolo ha avuto sulla produzione artistica in Svizzera, sia il contributo degli artisti elvetici nel definire la stessa. Il percorso espositivo proposto al MASI si compone di un centinaio di opere e si apre con uno sguardo generale al contesto e allo sviluppo del movimento surrealista attraverso una significativa scelta di documenti e disegni. L’esposizione presenta al pubblico i più importanti rappresentanti svizzeri del Surrealismo, cominciando dai due imprescindibili precursori, Hans Arp e Paul Klee; ospita poi tutti i principali artisti svizzeri che hanno influenzato il Surrealismo, sia come membri effettivi del movimento parigino – Alberto Giacometti, Serge Brignoni, Gérard Vulliamy, Kurt Seligmann e Meret Oppenheim – sia come portavoce della nuova arte in Svizzera, come ad esempio Otto Abt, Max von Moos, Walter Johannes Moeschlin, Werner Schaad, Otto Tschumi, Walter Kurt Wiemken.

La pubblicazione scientifica
Una pubblicazione riccamente illustrata accompagna il progetto espositivo, oltre a fungere da catalogo, rivendica a ragione il diritto di essere considerato il manuale del Surrealismo svizzero per eccellenza. Il volume, edito da Snoeck in italiano e in tedesco, comprende infatti importanti contributi degli storici dell’arte Peter Fischer, Stephan E. Hauser, Julia Schallberger e Hans-Peter Wittwer e raccoglie le biografie di tutti gli artisti in mostra.

Artisti in mostra
Abt, Otto Hans (1903–1982)/ Arp, Hans (1886–1966)/ Ballmer, Karl (1891–1958)/ Bodmer, Walter (1903–1973)/ Brignoni, Serge (1903–2002)/ Erni, Hans (1909–2015)/ Giacometti, Alberto (1901–1966)/ Grindat, Henriette (1923–1986)/ Klee, Paul (1879–1940)/ Le Corbusier (1887–1965)/ Leuppi, Leo (1893–1972)/ Maass, Ernst (1904–1971)/ Moeschlin, Walter Johann (1902–1961)/ Moos, Max von (1903–1979)/ Oppenheim, Meret Elisabeth (1913–1985)/ Ricco (Erich Wassmer) (1915–1972)/ Schaad, Werner (1905–1979)/ Schiess, Hans Rudolf (1904–1978)/ Sekula, Sonja (1918–1963)/ Seligmann, Kurt (1900–1962)/ Spinelli, Anita (1908–2010)/ Thomkins, André (1930–1985)/ Tschumi, Otto (1904–1985)/ Viollier, Jean-Pierre (1896–1985)/ Vulliamy, Gérard (1909–2005)/ Wiemken, Walter Kurt (1907–1941).

Il Museo d’arte della Svizzera italiana
Il Museo d’arte della Svizzera italiana (MASI Lugano), diretto dal Dr. Tobia Bezzola, appartiene al ristretto gruppo di musei d’arte in Svizzera capaci di attrarre oltre 100’000 visitatori annui e si posiziona, fin dalla sua creazione, come crocevia culturale tra il Nord e il Sud delle Alpi.
Grazie ad una ricca offerta espositiva di mostre temporanee e allestimenti della Collezione, rinnovati ciclicamente, il Museo offre un vasto programma di attività dedicate ai visitatori di ogni età nelle sue due sedi espositive: quella più recente, cuore pulsante del centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura, e quella storica di Palazzo Reali, che riaprirà nell’autunno 2019 a seguito di un’importante ristrutturazione. Alle due sedi del MASI si aggiunge la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, aperta al pubblico gratuitamente in due periodi dell’anno.
Incluso tra i 13 musei svizzeri sostenuti dall’Ufficio federale della cultura per il quinquennio 2018-2022, il MASI è parte di “Art Museums of Switzerland”, il gruppo di musei d’arte selezionato da Svizzera Turismo come veicolo di promozione turistica nel mondo.

Surrealismo Svizzera
dal 10 febbraio al 16 giugno 2019

Curated by Tobia Bezzola, director and Francesca Benini, MASI, assistant curator

Exhibition project at Aargauer Kunsthaus curated by Peter Fischer, art historian and Julia Schallberger, Aargauer Kunsthaus, assistant curator

Image: Alberto Giacometti, Femme couchée qui rêve, 1929, bronzo dipinto di bianco. Kunsthaus Zürich, Alberto Giacometti-Stiftung © Succession Alberto Giacometti / 2019, ProLitteris, Zurich
31
Gen

Isabel Alonso Vega. Senza fuoco

Suspension, evanescence, abstraction: these are the first sensations the sculptures of Isabel Alonso Vega evoke. The artist will present her works in Italy for the first time during her next solo show, Senza Fuoco, opening on January 19th at White Noise Gallery, Rome. Her artworks are absolute and archetypical images, able to communicate on an unconscious level. The artist overlaps several plexiglass centrings painted with different techniques -sooth, gold leaf, acrylic- inside clear cases, giving the illusion of an ethereal suspension. The pieces on view focus on two specific shades: black and gold, evoking a sequential path towards enlightening through meditation. The black clouds, created burning with live fire the different layers, are in dialogue with large-scale drawings, their two-dimensional ideal projection. Smoke columns, black holes or mysterious shadows embody the concept of unknown, taking the viewer to a dimension of pure contemplation. Taking inspiration from the Late-Medieval text “The Cloude of Unknowyng”, Alonso Vega creates weightless structures that overtake language and comprehension, allowing the viewer to contemplate the ineffable. The works of Isabel are a hybrid form of abstraction, whose references to understandable forms such as cells or clouds, are immediately lost in favour of a completely subliminal interpretation. Suspension and obsessive formal simplicity create an immediate fracture between meaning and signifier, creating a completely irrational form of communication. One of the main needs driving her work is the will to create something universally recognizable as precious, so precious that it is able to generate what Kant defines “mathematical sublime” In 1910, Vasilij Kandinskij entered his studio and got struck by a work accidentally hung upside down. What he saw was a perfect painting, irradiating an internal light, where he could finally only see forms and colours, free from any other meaning. It took us centuries and several revolutions to recognize the importance of Abstract art, to understand its ability to communicate without using any clear term. The work of Isabel Alonso Vega seems to be moving in the same direction: monumental sculptures without any mass, able to give form to the evanescence.

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16
Gen

Bill Viola / Michelangelo. Life Death Rebirth

In January 2019, we’ll bring together two artists – born centuries apart – who explore the same universal themes with works of transcendent beauty and raw emotional power.

In contrast to the scale and grandeur of his frescoes and sculptures, Michelangelo’s exquisite drawings take us closer to the emotional core of his work. Finished works in their own right, they were created as gifts and expressions of love, or as private and meditative reflections on his own mortality.

In 2006, pioneering video artist Bill Viola saw the finest of a collection of these drawings at Windsor Castle, and was astonished by the Renaissance master’s expressive use of the body to convey emotional and spiritual states. Although created in a radically different medium, Viola’s own works also grapple with life’s fundamental questions, asking us to consider the thresholds between birth, life and death. Both artists harness the symbolic power of sacred art, and both show us physical extremes and moments of transcendence.

This exhibition explores the affinities between Bill Viola and Michelangelo, and is conceived as an immersive journey through the cycle of life. You’ll see a selection of Michelangelo’s most poignant works, including those from Windsor such as his drawings of the Crucifixion, as well as Michelangelo’s only marble sculpture in the UK, the Virgin and Child with the Infant St John (the ‘Taddei Tondo’). From Viola, we feature 12 major installations spanning his entire career, including the extraordinary Tristan’s Ascension (The Sound of a Mountain Under a Waterfall), a five-metre-high projection depicting the ascent of the soul after death.

Royal Academy of Arts
Bill Viola / Michelangelo
Life Death Rebirth
26 January — 31 March 2019

Daily 10am – 6pm
Friday 10am – 10pm

Extended opening hours: open until 9pm on 29 – 30 January and 2 February.

Main Galleries, Burlington House, Piccadilly